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Le tre soluzioni salva-Torino

TORINO – Se non una supposta, questo articolo ci pare una pillola del giorno dopo. E allora le avvertenze sono d’obbligo, come per tutti i medicinali. E siccome stiamo per pestare i piedi a Giampaolo e pure per tirarlo per la giacchetta, riteniamo doveroso sottolineare subito che: 1) da allenatore, lo scrivano qui presente non ha nemmeno un miliardesimo dell’esperienza che vanta, anche da giocatore, il tecnico granata; 2) nessuno come lui conosce lo stato di forma, le motivazioni, i pregi e i difetti dei giocatori che si allenano al Fila in regime pluriennale da Stasi. Infine la terza avvertenza: indispensabile, per quanto così scontata da annoiare persino monsieur de La Palice. Ovvero: viaggeremo per forza solo tra ipotesi e speranze. Perché «del doman non v’è certezza», diceva Lorenzo, non De Silvestri bensì il Magnifico, ma non c’è certezza manco del venerdì: quando il Torino (chissà quale Toro) andrà a bussare alle porte di un Sassuolo che già fa spavento, dati i risultati, gli annessi e i pregressi. Un volano dell’entusiasmo contro una spirale granata tendente a una fossa biologica, dopo la B sfiorata appena 3 mesi fa e ora le immediate botte di questo campionato.

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Serve una scossa

Molto umilmente, dunque, ci permettiamo di sostenere che: prima di tutto e sopra a tutto serve una scossa, uno spintone, una mossa a sorpresa, una chiave passepartout. Alludiamo all’anima e alla pancia. Ai muscoli e ai gangli. Dubitiamo che Giampaolo abbia Mourinho come punto di riferimento dal punto di vista comportamentale, degli atteggiamenti in pubblico e della comunicazione in privato (e viceversa): e possiamo anche facilmente comprenderlo, il tecnico granata, più incline a riflessioni ponderate e a profili bassi, che a sceneggiate orchestrate ad arte. La virtù starà anche nel mezzo, ma qui al Toro servirebbe un guru dell’elettrostimolazione. Mou s’inventa anche i nemici, per compattare il gruppo e scatenare una reazione caratteriale. Nemici esterni, ma talora anche interni. L’anima di questo Toro obbligato a giocare è invece ancora troppo terrapiattista. Lo ripeteva appena l’altro ieri lo stesso allenatore: alludendo alle scorie che ha trovato e che ingolfano l’emersione di spiriti liberi. La vittoria è la miglior medicina, certo. Ma per vincere bisogna cambiare l’atteggiamento di partenza, di durata e di arrivo. Per tutto il resto, poi, NON c’è Mastercard: giacché di mezzo c’è Cairo. Preghiamo sentitamente Giampaolo di partorire in fretta un elettroshock: i metodi li scelga lui. Ma dia una sveglia alle mammolette in letargo perenne, tranne il 27 del mese. […]

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