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Mané, un fenomeno anche nella vita. E Socrates sarà fiero di lui

C’è un’immagine che fa bella mostra di sé nella galleria di Sadio Mané e occupa un posto d’onore, accanto alle foto che lo ritraggono quando solleva la Coppa d’Africa vinta con il suo Senegal, la Champions League e il Mondiale per club del Liverpool. Lo scatto immortala il trentenne fuoriclasse del Bayern circondato dagli studenti del liceo della comunità di Bambali, 430 km a Sud di Dakar, dove Sadio è nato. A ognuno di questi ragazzi, Mané ha donato una borsa di studio di 400 euro quando, nel giugno scorso, è tornato a casa per inaugurare il nuovo centro sportivo la cui costruzione è stata finanziata da lui, che ha finanziato anche la realizzazione della moschea; dell’ospedale, punto di riferimento fondamentale per 34 villaggi della zona della Moyenne-Casamance; del liceo, che conta 17 classi; dell’ufficio postale; della stazione di servizio; del centro per anziani. Inoltre, ogni famiglia di Bambali riceve da Mané ogni mese un contributo di 100 euro: le famiglie beneficiate sono oltre mille, fate voi il conto. Si capisce perché, istituendo quest’anno il Premio Socrates, collaterale al Pallone d’Oro e riservato al campione distintosi per le sue attività solidali e umanitarie, France Football non abbia avuto esitazione, decidendo di assegnarlo al primo calciatore africano classificatosi secondo nel Ballon d’Or dopo il trionfo di George Weah nel 1995.

A ricordarlo è stato Macky Sall, presidente del Senegal, che ha twittato: «Migliore in campo e umanista nel cuore, Sadio Mané merita questo bel premio per il suo investimento personale a beneficio della comunità». La storia del campione è meravigliosamente vera. Un giorno si è chiesto: «Perché dovrei volere dieci Ferrari, venti orologi con diamanti e due aerei? Cosa faranno questi oggetti per me e per il mondo? Ho avuto fame, ho lavorato nei campi, sono sopravvissuto a tempi difficili, ho giocato a piedi nudi e non sono andato a scuola. Oggi con quello che guadagno, posso aiutare le persone che ne hanno bisogno». Un proverbio africano dice: «Se vuoi andare veloce, vai da solo; se vuoi andare lontano, vai insieme con gli altri». Sadio lo interpreta alla lettera e il Premio Socrates è l’inchino del mondo all’ex ragazzo che da Dakar arrivò a Metz in un freddissimo gennaio di molti anni fa, indossando una t-shirt e per molti mesi giocò con la pubalgia, ma non lo disse mai perché temeva lo rimandassero in Senegal.

Sui social, Mané conta oltre 30 milioni di follower. Mostrando loro il Socrates, su Facebook ha scritto: «Non ho parole per esprimere tutta la mia gioia per questo premio. Tale riconoscimento mi fa lottare più duramente dentro e fuori dal campo. Menzione speciale a tutti i senegalesi e a tutte quelle persone che non smettono mai di sostenermi». In calce al post, 816 mila like, 7.687 condivisioni, 56 mila 600 commenti, dei quali potete immaginare il tenore. Cogliendo fior da fiore, Les Ultras Sénégalais: «Il mondo del calcio è molto fiero di te, la tua modestia, la tua semplicità e la perseveranza ti ripagheranno sempre. Tu sei veramente un modello da seguire per tutti i giovani del mondo». Marty Danak: «Tu rendi fiero un continente e non solo. La tua aurea irradia il mondo intero». Il 4 dicembre si compiranno undici anni dalla morte di Socrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, semplicemente Socrates, scomparso all’età di 57 anni, capitano del Brasile ai Mondiali dell’82 quando segnò un gol all’Italia nel mitico 3-2 totalmente firmato da Paolo Rossi; giocatore del Botafogo, del Corinthians, della Fiorentina, del Flamengo e del Santos; medico, commentatore sportivo, filosofo; fiero oppositore della dittatura militare brasiliana al tempo del Corinthians quando promosse la Democrazia Corinthiana e sulle magliette da gioco lui e i compagni esibivano scritte inneggianti alla democrazia. Da qualche parte, lassù, anche il dottor Socrates dev’essere molto fiero di Sadio Mané.

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Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/calcio-estero


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