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    Sudtirol, un’altra favola è possibile

    TORINO – Quest’estate, durante il mercato, c’era chi, un po’ avventatamente, parlava di “smobilitazione al Sudtirol”, dopo la cessione di due capisaldi della difesa, Zaro e Curto, passati a Modena e Como. Poi però c’è il campo, il giudice supremo, l’unica cosa che conta, ben più delle speculazioni giornalistiche. E il campo dice che gli altoatesini di Bisoli, giocando tre partite su quattro, sono imbattuti, hanno messo insieme sette punti, con due vittorie di fila nelle ultime due uscite e si trovano a -3 dal due di testa Catanzaro-Parma che però ha giocato tutti i 4 turni, dunque il Sudtirol potrebbe essere potenzialmente in vetta con gli emiliani e i calabresi. Alla faccia della smobilitazione. La squadra di Bolzano è stata definita da Bisoli “un diamante grezzo” e sembra un’immagine azzeccata. In campo, rispetto alla squadra della scorsa stagione che chiuse al 6° posto e arrivò in semifinale playoff, il nuovo Sudtirol punge di più, tant’è che gli altoatesini hanno il secondo miglior attacco della B, 8 gol segnati contro i nove del Catanzaro. Bel risultato per Bisoli che da sempre deve convivere con l’ingenerosa nomea che le sue squadre non fanno gioco. E anche la classifica cannonieri è dominata da calciatori del Sudtirol: comanda Casiraghi con 4 segnature (tre si rigore) ma a due ci sono Odogwu e Merkaj. Su quest’ultimo, ad agosto ha scommesso ad occhi chiusi il ds Bravo che lo ha inseguito a lungo prima di riuscire a prelevarlo in C dall’Entella, dove aveva ottimi numeri. Acquisto azzeccassimo, non solo per i gol. Perché l’italo-albanese Silvio Merkaj è l’attaccante che ha più cambiato le partite del Sudtirol, finora. Nella gara d’esordio, subentra all’intervallo con gli altoatesini che sono sotto in casa con lo Spezia e finisce 3-3, anche grazie a un suo assist. Poi arriva la vittoria a Piacenza sulla Feralpisalò: Merkaj subentra nella ripresa e segna il gol del 2-0. Quindi il 3-1 all’Ascoli: i marchigiani segnano per primi e giocano un gran primo tempo. Poi entra Merkaj e cambia tutto: un gol e due assist e finisce 3-1. In sintesi, grazie a lui il Sudtirol ha acquistato quel peso offensivo che nella scorsa stagione un po’ mancava, quando di fatto l’attacco era quasi tutto sulle spalle (larghe) di Odogwu. Certo, gli altoatesini mantengono quella solidità e quadratura tipica delle squadre di Bisoli, anche se di fatto il Sudtirol sta incassando in media 1.33 gol a partita, dato sicuramente migliorabile. Ma più che di smobilitazione, per il Sudtirol bisognerebbe parlare di rilancio in grande stile. Anche perché, sul 6° posto finale della passata stagione, pesavano comunque i zero punti conquistati nelle prime tre giornate, quando Bisoli doveva ancora arrivare. Stavolta, dopo tre uscite gli altoatesini sono già nei quartieri alti, con tutta l’intenzione di restarci. Anche grazie, ovviamente, alle reti di Daniele Casiraghi, 30 anni, l’altro uomo in più del Sudtirol: non solo è capocannoniere della B ma, mettendoci l’uscita di Coppa Italia, il suo score stagionale dice 4 partite, 5 gol e 2 assist. E pensare che poco prima di Ferragosto, dalla C era giunta una maxi offerta per lui, dalla Triestina, che dopo tante annate difficili con la nuova proprietà punta a tornare al più presto in B. Il Sudtirol non ha fatto una piega, Bisoli in quei giorni lo impiegava nella sfida di Coppa Italia a Marassi contro la Samp (eliminati ai rigori) dove Casiraghi si è tolto anche lo sfizio di segnare al Ferraris, prima di diventare l’attuale capocannoniere della B. Alla ripresa dopo la sosta, sabato 15 alle 14, il Sudtirol sarà di scena a Cosenza, “casa” di Bisoli (memorabile la salvezza che ottenne ai playout nel 2022 coi calabresi). Tornare dal San Vito-Marulla con un altro risultato positivo, prolungando l’imbattibilità in campionato, farebbe dire a tutti che anche in questa stagione il Sudtirol può scrivere un’altra favola, come quella dell’anno scorso. E magari con un finale ancora più bello. LEGGI TUTTO

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    Alberto Bigon: “Napoli, Garcia ha le armi per puntare al bis scudetto”

    L’allenatore del tricolore del 1990 valuta il momento degli azzurri: “Il k.o. con la Lazio non può creare alcun allarme”

    Per trentatré anni è stato l’ultimo, da qualche mese è diventato “soltanto” il secondo. La conquista dello scudetto è stata pareggiata da Spalletti, ma ciò che Alberto Bigon è stato in grado di realizzare alla guida del Napoli nel 1990 resterà sempre uno dei capitoli più gloriosi della storia del club. Oggi, a 75 anni, il calcio se lo gode da un’altra prospettiva: più distaccata, meno intensa, sempre lucidamente critica. In pochi, meglio di lui, possono prevedere se Rudi Garcia si potrà aggiungere a quella cerchia ristretta che oltre ai protagonisti già citati vede anche Ottavio Bianchi. «Non c’è dubbio che possa farcela anche il francese, perché la squadra ha tutte le armi per poter concorrere fino alla fine». LEGGI TUTTO

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    Inter da scudetto per gli esperti. Da Sacchi a Capello: “Nerazzurri favoriti”

    Da allenatori come Lucescu e Prandelli, a ex come Bergomi e Grosso: la squadra di Inzaghi ha qualcosa in più delle altre nella corsa al titolo

    Cornacchia-D’Angelo-Schianchi
    7 settembre – MILANO

    Fare pronostici non è mai facile, il rischio di prendere un palo è sempre dietro l’angolo, ma quando dieci esperti concordano all’unanimità si può pensare che una base di verità ci sia. E la verità, secondo voci autorevoli del calcio, è che in Italia l’Inter ha qualcosa in più delle altre: chiamati a rispondere a tre domande (favorita per il titolo, cosa la rende superiore, chi sono le rivali più accreditate), dieci ex calciatori e allenatori hanno messo la squadra di Inzaghi davanti a tutti.  LEGGI TUTTO

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    Leao e Lautaro, modi moderni di essere “dieci”

    Le caratteristiche atipiche, rispetto a chi ha indossato questo numero nel passato, rendono i due giocatori al passo con i tempi in un calcio in continua evoluzione

    Non c’è dubbio che il calcio sia cambiato moltissimo. Una notte – per estremizzare e riderci un po’ – siamo andati a dormire e il giorno dopo non esisteva più il contropiede. Da quel momento chi non parlava di “ripartenze” era un sorpassato, legato a vecchi concetti. C’è stata anche un’epoca in cui si cercava il terzino migliore. Terzino? Macché, siamo matti, d’ora in poi bisogna argomentare di esterni per stare al passo coi tempi. Poi è stata la volta di giochisti e risultatisti, con un dibattito che ha addirittura portato a liti furiose. E pensare che fino a quel momento c’era anche chi, come il sottoscritto, era convinto che Sacchi avesse puntato sul gioco per vincere e Lippi – l’altra faccia di una medaglia splendente – non abbia collezionato cinque scudetti e un Mondiale senza porsi un problema di armonia ed equilibrio. Scegliendo semplicemente una strategia differente. Ecco perché non c’è da sorprenderci – e questo è il tema del discorso – se l’attesissimo derby di Milano sia annunciato come una sfida da 10 assolutamente originale. Già, perché il 10 – non solo inteso come voto che meritano ma come numero di maglia – è quello che contraddistingue Rafa Leao e Lautaro Martinez. Due 10 che più atipici, in controtendenza con il “vecchio” calcio, non potrebbero essere. Un’ala e una punta: solo proporli come “10”, qualche anno fa avrebbe scatenato un oceano di proteste. Perché, istituzionalmente, i numeri 10 sono altri: da Pelé a Maradona e Messi, da Platini a Zico, da Baggio a Totti e Del Piero e potremmo andare avanti all’infinito. Trequartisti e in qualche caso anche di più – fuoriclasse impossibili da imprigionare in un ruolo – che sono passati alla storia e in qualche caso hanno addirittura consigliato di prendere provvedimenti drastici: il ritiro di quel mitico numero 10. Certo è che né Leao e né Lautaro hanno usurpato l’onore, l’onere e comunque il privilegio di indossare una maglia che ha sempre contraddistinto il giocatore speciale: fuori dagli schemi, con un carico di responsabilità superiore. Certo, non sono – come stile di gioco e appunto come posizione in campo – gli eredi di Rivera o di Suarez, per restare alla storia impareggiabile di Milan e Inter. Non hanno il lancio o la bacchetta dei direttori d’orchestra. Però ci sta benissimo che – in quel famoso calcio moderno a cui accennavamo e che ha proposto nuovi concetti – il 10 possa andare elegantemente e legittimamente a spasso sulle loro spalle. Perché Leao e Lautaro non rappresentano il classico stile di gioco del numero 10, ma interpretano un ruolo carismatico e fondamentale di riferimento per tutto il gruppo. LEGGI TUTTO

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    Vittoria Juve: il processo Prisma si sposta da Torino a Roma

    Il procedimento è relativo all’indagine condotta dalla Procura piemontese che era partita da una serie di controlli di Consob e Covisoc su alcune operazioni di mercato

    Il processo Prisma, quello relativo all’indagine condotta dalla Procura di Torino partita da una serie di controlli di Consob e Covisoc su alcune operazioni di mercato, si sposta da Torino a Roma, come richiesto dalla Juventus. 

    La Corte di Cassazione, come si legge nella sentenza, ha dichiarato l’incompetenza del Tribunale di Torino sulla vicenda e ha ordinato l’immediata trasmissione degli atti relativi al procedimento presso il Tribunale di Roma. LEGGI TUTTO

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    Il sosia di Milinkovic incontra Sarri e lui…

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