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    luciano spalletti e il volante della panda—  Nel centro sportivo di Castel Volturno Luciano Spalletti ha incontrato un piccolo gruppo di ultras che, a volto coperto, sono stati protagonisti di un simpatico siparietto. Al tecnico toscano è stato recapitato un grosso pacco dono, una scatola tutta ricoperta di carta ovviamente azzurra come i colori della squadra. Luciano Spalletti, visivamente divertito, ha scartato il pacco dono e all’interno ha trovato il volante di una Panda e alcuni cd di Pino Daniele. Ma perché proprio il volante di una Panda? C’entra un furto avvenuto un paio di anni fa. Infatti nel 2021 venne rubata la Panda di Luciano Spalletti e in qualche modo gli ultras gliel’hanno restituita. In passato, quando i rapporti non erano idilliaci, esposero uno striscione dicendo all’allenatore “La Panda te la restituiamo basta che te ne vai!”. Evidentemente dopo due anni la situazione è cambiata.

    la lettera degli ultras—  La Panda di Spalletti venne rubata nell’ottobre del 2021. Oggi a giugno 2023, quando l’allenato dopo la conquista dello scudetto, sta per lasciare la squadra, i tifosi gliel’hanno simbolicamente restituita portando il volante. Gli ultras hanno accompagnato la consegna con lo striscione “mariuoli liberi!”. Inoltre hanno consegnato una targa con una lettera che è stata letta da Spalletti: “Questo è quel che rimane della Panda squagliata.” ha letto ridendo il tecnico. “Tutto fa brodo, la tua Panda ci siamo presi, con mille euro l’abbiamo squagliata. Ti dicemmo pure vattenn’, siamo noi quelli di quello striscione. Ora siamo qui per ringraziare. Forse hai capito che questa città non è come le altre. Grazie ai CD falsi di Pino Daniele forse riesci a capirla”. La lettera si conclude con “Sei nel nostro cuore Lucià, Napoli campione, i mariuoli”. Un regalo e un gesto di ringraziamento verso quanto ottenuto in stagione, che avrà sicuramente fatto piacere al tecnico, adesso pronto a godersi il suo anno sabbatico.  LEGGI TUTTO

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    Ventura, che doppia finale dobbiamo aspettarci?

    «Godibile, estremamente godibile. Il Cagliari per organico avrebbe dovuto accompagnare subito il Genoa in serie A quindi non mi stupisce che sia in questa finale. Il Bari è la sorpresa del campionato perché riuscire a chiudere terzo da neopromosso è un risultato clamoroso, avendo tra l’altro insidiato anche il Genoa per il secondo. Questo terzo posto consentirebbe ai pugliesi di essere promossi anche con due pareggi, eventualità da non trascurare in una sfida così equilibrata e considerando che il ritorno verrà giocato di fronte a oltre 50.000 spettatori».

    Il fattore campo può spostare gli equilibri?

    «Io ormai abito a Bari, ero allo stadio per la partita con il Sudtirol e mi ha procurato un piacere incredibile vivere da tifoso ciò che quando ero allenatore vivevo dal campo. Non mi vergogno a dire che ho anche esultato al gol di Benedetti. Non è però solo una questione di tifo, di spinta che arriva dagli spalti, ma di spirito che ho visto nei ragazzi di Mignani. Hanno lo spirito giusto per la serie B, il fuoco dentro, la determinazione feroce. Tutti dicono che questa finale verrà vinta dal Cagliari, io mi limito a dire che non sarà così scontato. Fare il doppio salto per il Bari vorrebbe dire rendere straordinaria una stagione che è stata già bella. E certi treni non passano spesso».

    Lei in un’intervista d’inizio stagione indicò in Caprile e Cheddira due sicuri protagonisti e così è stato. Ha acquisito doti di preveggenza?

    «Beh insomma, qualche partita di calcio l’ho vista (ride, nde) e mi è bastato dare un occhio alle prime gare di Caprile per accorgermi che siamo di fronte a un giocatore importante e quando dico importante intendo con la “i” maiuscola. Non so ancora se da Nazionale, ma è destinato a grandi palcoscenici, sicuramente alla Serie A. Oltre alla qualità sta dimostrando tanta personalità. Un conto è difendere i pali della Pro Patria, un altro quelli del Bari davanti a 50.000 persone. Per lui non fa differenza alcuna ed è la sua forza. Cheddira aveva dentro tanta fame e voglia di riscatto: nel girone di andata è stato il trascinatore del Bari, una leggera flessione ci stava dopo che ha fatto il Mondiale con il Marocco, ma in questo finale è tornato un terminale formidabile; per come attacca la profondità è di alto livello».

    Dall’altra parte però c’è Lapadula, che ha skills anche superiori e variegate rispetto a Cheddira, non crede?

    «Lapadula in serie B è un extralusso. Basti pensare che uno come Pavoletti deve stare in panchina. Ma penso anche a Nandez: l’estate scorsa lo volevano tutti, l’Inter lo insegue da due anni, lui è rimasto sull’isola e nel vedere l’altra sera Parma-Cagliari ho visto anche in lui lo spirito che serve in serie B abbinato a una qualità da serie A».

    Ranieri ha solo tre anni in meno di lei ed è ancora lì a combattere, a sporcarsi le mani in serie B, a cercare l’ennesimo trionfo di una carriera infinita. E’ la rivincita verso chi dice che la vostra generazione di allenatori non ha più nulla da dare?

    «Il mio mantra è che nel calcio le idee non hanno età. Se uno ha capacità può metterle in pratica in qualsiasi momento. Ci sono allenatori giovani che sono già anziani e anziani che sono ancora giovani. Claudio ha fatto un grande lavoro, prendendo il Cagliari fuori dai playoff e portandolo fino a questa finale».

    Lei è più legato a Cagliari o Bari?

    «I quattro anni di Cagliari sono stati straordinari. Con Cellino ci siamo divertiti. Mi spiace ora sia retrocesso in C con il Brescia. Il segreto per andarci d’accordo? Essere sempre sinceri, se gli vendi fumo se ne accorge subito. Sono arrivato che l’ambiente era depresso, abbiamo vinto e fatto plusvalenze: lanciando un giovane Zebina pagato 600 milioni e venduto alla Roma per 20 miliardi, mandando O’Neill alla Juve, rilanciando Muzzi. Ma sono amico anche di Giulini. Bari ormai è la mia città e posso dire di essere un tifoso di questa squadra. Mi ha adottato, naturalizzato, quel calcio offensivo che proposi con gli esterni di centrocampo sulla linea dei due attaccanti è un bellissimo ricordo, lo stadio era sempre pieno, la gente si spellava le mani». LEGGI TUTTO

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