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    Palladino e il suo Monza da Europa: maestri, stile e sincerità

    Il tecnico subentrato a Stroppa non ha pagato il fatto di essere esordiente. Il passato da calciatore, le stagioni con Gasperini e Juric e l’attacco a Mourinho La media punti del Monza di Raffaele Palladino lo proietterebbe a 62 punti in classifica a fine stagione: il totale sarà ovviamente più basso, zavorrato dal difficile inizio di campionato (un punto in sei partite con Stroppa, allenatore della promozione in Serie A). Per una volta cominciamo con i numeri, crudi ma non freddi: scaldano e raccontano di un fuoco che si è acceso in Brianza dove un giovane tecnico ha rappreso la gavetta in tre anni (collaboratore, under 15, Primavera e da settembre Prima squadra, tutto a Monza) fino a mettere insieme un passo che – se dilatato su tutto il torneo – avrebbe permesso di conficcare le unghie sui bordi della zona europea. LEGGI TUTTO

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    Ieri Scirea e Montero, oggi Carnesecchi: Juve-Dea, una storia di intrecci (inchiesta compresa)

    Cabrini e Prandelli, Vieri e Inzaghi e non solo: gli ultimi grandi affari sono stati quelli per Kulusevski, Romero e Demiral, accendendo i fari della procura. Ma l’Atalanta resta la miniera a cui la Signora guarda anche oggi per l’apertura di un nuovo ciclo Gli ultimi nomi sono quelli di Giorgio Scalvini, la cui quotazione di mercato è già esplosa a livelli che rendono la questione più complessa, e soprattutto di Marco Carnesecchi, uno dei pochi nomi nella ristretta lista del taccuino bianconero per guardare al futuro della propria porta. Quella tra Bergamo e Torino, e viceversa, è una strada battuta da decenni di affari, arricchendo di motivi ogni incrocio tra Juventus e Atalanta. Un asse che è stato ed è anche oggetto delle recenti attenzioni della giustizia, ordinaria e di conseguenza sportiva. Ma che, a prescindere dagli uomini del momento, da una parte e dall’altra, non perde mai di attualità, com’è normale che sia tra un club votato alla produzione dei giocatori e un altro abituato a pescare il meglio per costruire l’eccellenza. LEGGI TUTTO

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    Quanto è costato lo scudetto a De Laurentiis? Nulla, ha vinto senza rimetterci

    Di solito, chi vince nel calcio italiano ci rimette dei soldi. L’avventura del produttore cinematografico a Napoli è andata controcorrente. ADL, anzi, ci ha perfino guadagnato…Chi l’ha detto che per vincere in Italia ci si debba rimettere? Chiedete ad Aurelio De Laurentiis. Il produttore cinematografico è il primo nella storia, quantomeno ai tempi del calcio business, a confutare un teorema che sembrava incrollabile. Prima di lui lo scudetto era arrivato al prezzo di copiosi investimenti. LEGGI TUTTO

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    Porte girevoli con Next Gen e Under 19: perché coi giovani la Juve è avanti a tutti

    Mentre la riforma dei campionati trattiene i ragazzi a livello giovanile, nella strategia bianconera i giocatori della Primavera possono crescere a livello senior in Serie C: così il club è quello che più di tutti porta giovani in prima squadra Le storie del calcio passano soprattutto dai momenti in cui qualcuno riesce a cogliere, o meno, un’opportunità. Succede spesso nella ciclicità dello sport: l’esito non è sempre lo stesso e per questo non tutte le occasioni vengono riconosciute come tali. Le prime in carriera però non si scordano mai e ciò unisce con un filo comune tutti i giovani che son cresciuti alla Juventus negli ultimi anni: sette di loro da pochi giorni sono rientrati in Under 19, a disposizione di Montero, nella loro categoria, dopo aver fatto esperienza in Serie C grazie alla Next Gen. Sono dei classe 2004 e 2005: dato in netta controtendenza rispetto alla riforma del campionato Primavera, che li blinderebbe all’ultima categoria del settore giovanile chissà per quanti anni ancora. Altro che passaggio tra i professionisti. LEGGI TUTTO

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    La battaglia nel Carso e quella con l’Inter, poi il piroscafo. E il Cile impazzì per i fratelli Iacoponi

    Un avventuriero cileno, la Prima Guerra Mondiale, due calciatori funambolici, una finale scudetto, una squadra italiana dall’altra parte del mondo. Così in Sudamerica scoprirono… i guanti da portiere L’anima di un paese risiede in quello che ti offre quando hai fame: in Italia puoi sempre contare su una pizza, negli States su un hamburger, in Messico su un burrito, in Israele sui felafel. In Cile invece non c’è posto in cui non siano in grado di farti un completo italiano, sostanzialmente un hot dog ricoperto di avocado, maionese e pomodori, rigorosamente in quest’ordine per ricordare la nostra bandiera. Piccolo segnale di due culture enormemente affini, e di due popoli che hanno saputo intrecciarsi nel tempo. Santiago ha avuto presidenti, artisti, letterari e architetti di origine italiana, italiane sono le migliori scuole del paese, c’era la Democrazia Cristiana come da noi e nelle piazze del ‘68 si levava il coro “DC cilena, DC italiana, stessa mano americana”, esiste un paese nella giungla dell’Araucanìa che si chiama Capitan Pastene creato ex novo un secolo fa da emigranti modenesi dove ancora oggi preparano i tortellini e la coppa e parlano in dialetto stretto. Figuriamoci dunque se quando hanno iniziato ad amare il calcio non ci sono stati degli italiani di mezzo. LEGGI TUTTO