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    Juve, serve un direttore tecnico? La lezione del percorso di Fagioli

    Il centrocampista “imbastardito nel ruolo” durante la sua crescita, secondo Allegri: manca una figura di raccordo che guidi le scelte di avvicinamento dei giovani alla prima squadra Il calcio si evolve e la cura dei dettagli richiede sempre più attenzione e competenze verticali all’interno di una struttura societaria. La Juve da un po’ di anni a questa parte ha investito molto sulla valorizzazione dei giovani, tirando su una filiera che nel giro di qualche anno è diventata competitiva e non ha nulla da invidiare ai top club che hanno da sempre un certo appeal internazionale sui talenti in rampa di lancio. La seconda squadra ha dato una marcia in più e, col cambio di denominazione della scorsa estate, la Next Gen è da ritenere un modello consolidato che può diventare a tutti gli effetti un asset del piano strategico del club. Le ultime parole di Max Allegri su Nicolò Fagioli, uno dei giovani più promettenti che la società ha cresciuto in casa, richiedono però una riflessione e palesano probabilmente una nuova esigenza nei quadri dirigenziali. LEGGI TUTTO

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    La Champions ti fa ricco. Bayern record con 90 milioni, il Napoli già a quota 62,5

    Tedeschi mattatori nella classifica degli incassi della fase a gironi. Inter e Milan ne hanno già incassati oltre 57. E chi vince la Coppa supera quota 100 Vince il Napoli in tutti i sensi. In campo e nei bilanci. Primo nel gruppo, testa di serie al sorteggio e club italiano che fin qui ha incassato di più dalla campagna di Champions: la fase a gruppi, con la qualificazione agli ottavi, vale già 62,5 milioni. In questa speciale classifica seguono Inter e Milan (57,6), quindi Juve (53,6). LEGGI TUTTO

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    Scalvini: “Napoli, Klopp ha ragione, ma l'Atalanta vuole fermarti”

    Il difensore atalantino: “La nostra specialità è fermare i grandi. Il loro è un gran calcio. Ma noi ci proviamo: è prima contro seconda, no?”Dal nostro inviato Andrea Elefante3 novembre
    – ZINGONIA (Bg) Quel giorno, sette mesi fa esatti, fu uno dei pochissimi a salvarsi: 3 aprile, Atalanta-Napoli 1-3. Per Giorgio Scalvini era l’11a partita in Serie A, solo la quarta da titolare: stava sbocciando il ragazzo che era andato in panchina in una gara di Champions a 16 anni, aveva debuttato in campionato a 17 e a 18 avrebbe messo la prima maglia azzurra. Oggi le presenze sono 27, 15 dal primo minuto, le ultime sei consecutive. LEGGI TUTTO

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    Genoa, quando incanti a Marassi?

    TORINO – Il campionato del Genoa,  in zona Serie A a -2 dal Frosinone primo, è sostanzialmente in linea con le attese dell’estate, anche se la proprietà della 777 Partners, periodicamente, non manca di ricordare alla squadra e all’allenatore Blessin che l’organico è il più forte della B e che dunque la categoria va vinta e basta, non c’è neanche da discuterne. Tuttavia, c’è un dato sul cammino della squadra di Blessin che inizia a farsi preoccupante: il rendimento interno. Il Genoa è in alto soprattuto per quanto hanno ottenuto i rossoblù in trasferta dove hanno vinto 5 partite (a Venezia, a Pisa, a Ferrara in casa della Spal, a Cosenza e a Terni) e perso solo a Palermo. Ma a Marassi, il piatto piange. E la cosa fa ancora più notizia se si pensa a quanto le fortune del Genoa siano da sempre legate all’urlo del Ferraris e in particolare della mitica Gradinata Nord, una delle più belle d’Italia. Basti ricordare quella storica partita del Genoa, ai tempi della A, in casa con la Roma: primo tempo 0-3 per i giallorossi, secondo tempo, col Genoa che attaccava sotto la Nord, partita ribaltata sul 4-3 grazie alla spinta della tana del tifo rossoblù più caldo. Nonostante la B, il Ferraris è sempre quasi pieno, le presenze medie a Marassi superano i 25mila spettatori, numeri inferiori solo a quelli del Bari e l’apporto del popolo rossoblù resta unico. Eppure, finora, pur non perdendo mai, in casa il Genoa ha raccolto  la miseria di 7 punti. Perché in fatto di vittorie interne, la squadra di Blessin è ferma al successo per 1-0 sul Modena della 6ª giornata. In tutte le altre uscite, soltanto pareggi: 0-0 con Benevento e Cagliari, 3-3 col Parma, fino all’1-1 col Brescia di sabato scorso. Un dato che inizia a farsi preoccupante, non s’è mai vista una squadra salire in A con numeri casalinghi così bassi. E non è detto che si riesca sempre a compensarli con un formidabile rendimento esterno. In tal senso, il test di lunedì sera in casa della Reggina, in un Granillo che si annuncia infuocato, potrebbe essere uno dei più probanti dell’intera stagione. Comunque vada a Reggio Calabria, poi bisognerà dare una sistemata alle uscite genovesi. Che prevedono, da qui alla fine del girone d’andata, gare contro Como, Cittadella, Sudtirol, fino a quella col Frosinone del 18 dicembre, e chissà per quella data come sarà messa l’attuale capolista ciociara. Quello che più preoccupa, è una certa sterilità dell’attacco. Se la difesa, con soli 8 gol subiti, è seconda solo a quella del Frosinone (7), l’attacco, con 14 gol segnati, dice che il Genoa finora ne ha fatti meno di squadre come Modena, Pisa e Spal, non certo prime forze. Col Brescia, il pari dei lombardi è arrivato nel finale perché il Genoa, già prima di trovarsi in 10 per il rosso a Badelj, non riusciva a chiudere la partita. Più in generale, la squadra di Blessin soltanto a Ferrara con la Spal è stata capace di vincere con 2 reti di scarto. Perché il Genoa non basa le sue fortune sulla brillantezza offensiva ma su una quadratura di fondo della squadra, “tedesca” come Blessin, a cui è un’impresa fare gol. Però, il mezzo flop col Brescia, una buona notizia l’ha portata: in porta ha giocato il croato Semper perché lo spagnolo Martinez lamentava un problema alla spalla. Per alcuni è stato il migliore dei rossoblù, e non a torto: senza la sua paratona pochi attimi prima che il Genoa passasse in vantaggio con Jagiello, sarebbe stata tutta un’altra storia. Considerato che Martinez finora aveva fatto (a malapena) il suo, con diverse sbavature ma per fortuna del Genoa perlopiù ininfluenti, sarebbe il caso di formalizzare il cambio fra i pali perché Semper in B ha sempre fatto (col Chievo) fior di campionati, con tante parate che portavano punti. E farlo ammuffire in panchina, a 24 anni, che è anche l’età di Martinez, quella in cui si vede quanto vale un portiere, assomiglierebbe a un delitto. LEGGI TUTTO

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    Storia di un tifoso in trasferta morto due volte

    La triste fine di un supporter della Roma morto a 18 anni sul piazzale di San Siro dopo un pestaggio. Una morte senza giustizia Morire a diciotto anni, una domenica di giugno, sul piazzale di San Siro. Morire ammazzati di botte, morire di paura col cuore che si spezza. Morire due volte, perché dopo la morte giustizia non c’è. Il 4 giugno 1989 Antonio De Falchi arriva allo stadio di San Siro col 24, il tram che ferma al capolinea di Piazzale Axum. È insieme ad altri tre amici, tutti di Roma. LEGGI TUTTO

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    Mezzo secolo da Figo, l'uomo che ha reinventato il ruolo di ala destra. E che all'Inter ha fatto 4 su 4

    Il portoghese virtuoso del dribbling, fuoriclasse e simbolo del Portogallo, festeggia il mezzo secolo. Protagonista in patria e in Spagna, lampi di classe in Serie A in chiusura di carriera Virtuoso del dribbling, fuoriclasse assoluto della banda derecha, la fascia destra, il suo territorio di caccia, il piedistallo su cui ha costruito una carriera prestigiosissima. Tecnica di base sopraffina, velocità di esecuzione, colpo d’occhio, feeling col gol di un buon attaccante, resistenza fisica di un mediano: Figo ha reinventato il ruolo dell’ala destra, tanto che a relegarlo in quella definizione gli si fa un torto. LEGGI TUTTO

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    Brillano Giroud, Messias e Krunic: ma non era il Milan dei giovani?

    A decidere la sfida contro i ragazzini terribili del Salisburgo sono stati tre giocatori di 36 anni, 31 e 29. Ma tra i migliori dei rossoneri figurano anche anche Tatarusanu, 36, Kjaer, 33 e Rebic, quasi trentenne Olivier Giroud, 36 anni. Rade Krunic, 29. Junior Messias, 31. Ma non era il Milan dei giovani? A giudicare dal tabellino dei marcatori del match col Salisburgo, non si direbbe proprio. LEGGI TUTTO

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    Juve in crisi d’astinenza da Chiesa: il fuoriclasse che è mancato, cosa aspettarsi ora

    L’ex viola si era ritagliato un profilo internazionale senza cui sono arrivati due naufragi in Champions. Allegri ha iniziato un lavoro sulla sua evoluzione più vicino alla porta, che lo attende al rientro. Incrociandosi con il tema del modulo Un disperato bisogno di Chiesa. Il fatto che la Juventus si sia dovuta abituare a farne a meno per quasi mesi, prima del ritorno in campo col Psg, non toglie che senza di lui manchi un fuoriclasse, il giocatore che nel suo primo anno e mezzo in bianconero era stato trascinante, mascherando da solo col proprio rendimento tanti nodi poi venuti al pettine. Compresi i naufragi in Europa in sua assenza. LEGGI TUTTO