consigliato per te

  • in

    E se il campionato iniziasse oggi? Le venti formazioni di Serie A

    Le formazioni delle squadre di Serie A
    ATALANTA (3-4-2-1): Carnesecchi, Djimsiti, Hien, Kolasinac, Zappacosta, De Roon, Koopmeiners, Ruggeri, Lookman, ZANIOLO, Scamacca. All.Gasperini (confermato)
    BOLOGNA (4-2-3-1): Skorupski, Posch, Lucumi, Beukema, MIRANDA, Aebischer, Freuler, Orsolini, Ferguson, Ndoye, DALLINGA. All.Italiano (nuovo)
    CAGLIARI (3-1-4-2): Scuffet, Wieteska, Mina, LUPERTO, Prati, ZORTEA, Makoumbou, Deiola, Augello, Lapadula, Luvumbo. All. Nicola (nuovo)
    COMO (4-2-3-1): REINA, Iovine, DOSSENA, Goldaniga, MORENO, Braunoder, Bellemo, Strefezza, Cutrone, Da Cunha, BELOTTI. All. Fabregas (confermato)
    EMPOLI (4-2-3-1): Perisan, Stojanovic, Ismajili, Walukiewicz, Pezzella, Grassi, Fazzini, Gyasi, HENDERSON, Shpendi, Caputo. All. D’Aversa (nuovo)
    FIORENTINA (3-4-2-1): Terracciano, Martinez Quarta, PONGRACIC, Ranieri, Dodo, Mandragora, Bianco, Biraghi, Gonzalez, Beltran, KEAN. All. Palladino (nuovo)
    GENOA (3-1-4-2): Leali, De Winter, Vogliacco, Vasquez, Thorsby, ZANOLI, Frendrup, Malinovskyi, Martin, Gudmundsson, Retegui. All.Gilardino (confermato)
    INTER (3-1-4-2): Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Calhanoglu, Dumfries, Barella, Mkhitaryan, Dimarco, Lautaro, Turam. All.Inzaghi (confermato)
    JUVENTUS (4-3-2-1): DI GREGORIO, Gatti, Danilo, Bremer, Cambiaso, DOUGLAS LUIZ, Locatelli, THURAM, Miretti, Yildiz, Vlahovic. All.Thiago Motta (nuovo)
    LAZIO (4-2-3-1): Provedel, Marusic, Romagnoli, Gila, NUNO TAVARES, Guendozi, Rovella, TCHAOUNA, NOSLIN, Zaccagni, Castellanos. All.Baroni (nuovo)
    LECCE (4-3-3): Falcone, Gendrey, Baschirotto, GASPAR, Gallo, Kaba, Ramadani, Oudin, Pierotti, Krstovic, Dorgu. All.Gotti (confermato)
    MILAN (4-2-3-1): Maignan, Calabria, Tomori, Thiaw, Hernandez, Bennacer, Reijnders, Pulisic, Loftus-Cheek, Leao, MORATA. All.Fonseca (nuovo)
    MONZA (3-4-2-1): Sorrentino, Carboni, Izzo, Pablo Marì, Birindelli, Bondo, Gagliardini, Kyriakopoulos, Pessina, Caprari, Djuric. All.Nesta (nuovo)
    NAPOLI (3-4-2-1): Meret, RAFA MARIN, Rrahmani, BUONGIORNO, Di Lorenzo, Anguissa, Lobotka, SPINAZZOLA, Politano, Kvaratskhelia, Osimhen. All.Conte (nuovo)
    PARMA (4-2-3-1): SUZUKI, Del Prato, Circati, Osorio, VALERI, Estevez, Bernabè, Man, Hernani, Mihaila, Bonny. All.Pecchia (confermato)
    ROMA (4-3-3): Svilar, Celik, Mancini, Ndicka, Angelino, LE FÈE, Parede, Pellegrini, Dybala, Abraham, ElShaarawy. All.De Rossi (confermato)
    TORINO (3-5-2): Milinkovic-Savic, COCO, Schuurs, Masina, Bellanova, Vlasic, Ricci, Gineitis, Lazaro, ADAMS, Zapata. All. Vanoli (nuovo)
    UDINESE (4-2-3-1): Okoye, Perez, Bijol, Kristensen, Kamara, Zarraga, Lovric, Ebosele, Samardzic, Thauvin, Lucca. All. Runjiaic (nuovo)
    VENEZIA (3-4-3): Joronen, Altare, Sverko, Busio, Jajalo, Candela, Zampano, ORISTANIO, Pohjanpalo, Gytkjaer. All. Di Francesco (nuovo)
    VERONA (4-2-3-1): Montipò, Tchatchoua, Magnani, Dawidowicz, FRESE, Duda, Serdar, Suslov, HARROUI, Lazovic, MOSQUERA. All. Zanetti (nuovo)
    Gioca a FANTACUP! Parte il nuovo gioco di Tuttosport, in palio premi da urlo! LEGGI TUTTO

  • in

    Plusvalenze? Come da tradizione, se non sono Juve “non interessa”

    Nessuno, tranne alcuni tifosi rossoneri, ha la più pallida idea degli elementi rilevanti del caso: a volte capita di leggere un breve aggiornamento di qualche appassionato, solitamente garantista, ma nel dibattito pubblico il tema è totalmente assente sin dal terzo giorno. Inutile parlare delle vicende nerazzurre: dal caso passaporti ai diversi patteggiamenti per casi di plusvalenze (sì, avete letto bene), fino alle recenti vicende societarie, relativamente alle quali per i giornali di riferimento “il gol di Zhang” si è semplicemente modificato in pochi mesi nel “gol di Oaktree”, non vi è dibattito. Ne parlano i tifosi con sfottò e battute su Twitter, ma il dibattito non esiste, i media si limitano a osservare, il Paese non si appassiona. Niente da fare, “l’Inter non interessa”, come si sentì rispondere quel guardalinee quando andò a segnalare le pressioni esercitate dai dirigenti interisti ai tempi di Calciopoli. Respinto, ripassi se ha notizie sulla Juve.
    La Juve e quei riflettori sempre addosso
    Nei giorni in cui si è dimesso il CdA della Juventus, ospite a Tg2 Post – interessante approfondimento di politica e costume – la comunicazione negli studi era “è la prima volta che ci occupiamo di sport”. E facevano bene, sia chiaro, perché il caso Juve interessa tutti, tifosi e “nemici”. È lo stesso motivo per cui un titolone “Juve, non così” dopo un errore arbitrale tira molto di più di un qualunque commento su un’altra squadra. Così, nel 2006 la gente si è appassionata morbosamente a Calciopoli credendo a qualsiasi tipo di scemenza – tuttora mezza Italia è convinta che Paparesta sia stato rinchiuso a chiave in uno spogliatoio, in quei casi le sentenze non interessano -, qualche anno fa si è indignata per i rapporti tra società e ultrà (disinteressandosi poi totalmente di una inchiesta simile sulla curva interista) per ritrovarsi successivamente a studiare le procedure per ottenere la cittadinanza, citando divertita ogni parola dell’esame di Suarez.
    Non c’è riposo, perché negli ultimi mesi il popolo italiano ha dovuto studiare bilanci e plusvalenze, fatture e partnership, esultare per le penalizzazioni, rattristarsi per il patteggiamento, odiare la Juve come qualche pm e poi dispiacersi quando il caso – come da ormai assodata procedura – è stato spostato da Torino per incompetenza. Mesi di attesa e poi la sguaiata esultanza dei soliti ultrà col tesserino per la richiesta di rinvio a giudizio, la notizia data con grande rilievo ma senza spiegare che per ora a esprimersi è sempre l’accusa – attualmente quella di Roma -, non è neanche cominciato un processo, figuriamoci se c’è qualche sentenza. E ovviamente, come da copione di questi anni, spazio solo alle “buone” notizie, nessun riferimento alle posizioni stralciate, alle “vittorie” della difesa.
    Meglio soprassedere sul fatto che i PM abbiano ancora nel fascicolo la copia forense integrale dei computer e dei telefoni sequestrati a suo tempo e che, a fronte della insistita richiesta delle difese di selezionare ciò che è rilevante e di restituire ciò che non è pertinente ai fatti di indagine, la GIP abbia finalmente dato loro ragione, ordinando ai PM di selezionare e poi restituire. Si poteva immaginare che i PM adempiessero a tale ordine prima di firmare la richiesta di rinvio a giudizio, ma evidentemente hanno deciso di tenerseli ancora un po’, in attesa dell’udienza preliminare… E non importa se i fascicoli relativi alla Juve viaggiano sempre a una velocità doppia rispetto a quelli di altre società con accuse analoghe: lì siamo sempre fermi, al popolo sta bene così, alle nostre istituzioni sportive pure, perché scriverne o farsi domande? L’importante, nel mediocre contesto del calcio italiano, è che vadano avanti le inchieste solo su quella squadra lì o al più che il proprio nuovo allenatore salti ai cori contro i bianconeri, anche se a volte i tentativi vanno a vuoto perche non tutti hanno voglia di prestarsi a questa atavica e inguaribile ossessione contro la Juventus. Sempre e solo la Juventus. Il resto, come da tradizione, “non interessa”. LEGGI TUTTO

  • in

    Quel Sud senza più calcio

    È sparito il pallone dal Sud. Qualcuno l’ha portato via in una notte di mezza estate, avvolta da un silenzio colpevolmente complice, mentre le strade si svuotavano della sana passione dei bambini e le società iniziavano a mettere i lucchetti ai centri sportivi perché tramortite dalla crisi. Dicono che il calcio sia diventato un passatempo per anziani un po’ ovunque in questa nostra penisola che invecchia; e che i giovani preferiscano gli highlights perché in un giro di lancette possono farsi riassumere da YouTube le emozioni dilatate altrimenti in 90 o in 120 minuti di partita. Nord, Centro e Sud condividono le stesse sfide generazionali, eppure è nel Mezzogiorno che la siccità da calcio sembra annidarsi fin dentro le viscere di una terra sempre più arida di campioni. 
    C’ERA UNA VOLTA IL SUD. Dimenticate i Selvaggi, gli Schillaci, i Gattuso, i Cannavaro, i Miccoli, i Cozza e i Causio che in varie epoche hanno rappresentato il Meridione sui palcoscenici più prestigiosi, ma anche le favole di Cavese, Foggia, Catanzaro, Bari, Avellino, Catania, Palermo e Reggina, solo per citarne alcune, dimostrazioni concrete di come non servano per forza dei titoli per entrare nel cuore della gente. Il Lecce di Sticchi Damiani è attualmente il Polo Sud di una Serie A che ha perso anche la Salernitana, incrementando viceversa il contingente nordico con Parma, Como e Venezia. Il Via del Mare è la “linea Maginot” di popoli che non producono più talento anche perché i costi degli affitti, delle utenze, delle trasferte e del personale stanno decimando le associazioni a corto di risorse. La riforma del lavoro sportivo, con tutti gli oneri che ne sono seguiti, per molti è stata la pietra tombale sull’attività.   SICCITÀ. Tra Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia vivono oggi 12 milioni di persone, un quinto della popolazione italiana. Questo bacino non ha prodotto un solo calciatore per la Nazionale che ha partecipato agli Europei in Germania. Da queste terre provengono soltanto 12 atleti iscritti alla Serie A 2023-24: di fatto, ce la fa uno su un milione. Tra questi, quattro hanno collezionato minutaggi irrisori: il molisano Borrelli e il calabrese Canotto rispettivamente 20 e 14 minuti con il Frosinone retrocesso, il pugliese Castrovilli 400’ dopo l’infortunio e il siciliano Corona appena 4’ nell’Empoli. Si sono fatti valere Gallo (Lecce) per la Sicilia, Viola (Cagliari), Berardi prima del ko fisico (Sassuolo) e Garritano (Frosinone) per la Calabria e poi Vogliacco (Genoa), Monterisi (Frosinone), Luperto e Caputo (Empoli) per una Puglia che avrebbe i numeri per essere un’eccellenza con le sue 303 società pur essendo fuori dalla top 5 delle regioni con più club giovanili. La Sardegna tiene duro con 128 realtà e continua a seguire la via dell’appartenenza come i Paesi Baschi in Spagna, mentre la Campania è scesa a quota 81 società e continua a ridurre sensibilmente di anno in anno pure la sua presenza nel massimo campionato (19 calciatori nell’ultima stagione). Donnarumma e Insigne sono già lontani dalla Patria, Immobile è appena emigrato in Turchia e tutti loro, insieme a Berardi, Barella, Verratti, Spinazzola e Bonucci, rappresentavano l’ossatura della squadra campione d’Europa a Wembley tre anni fa. Semplificando storie e percorsi li abbiamo chiamati “scugnizzi”, in ritiro convinsero tutti i colleghi a scatenarsi sulle note del tormentone “Ma qual’ diet’? Me piacene e purpett, m’ piac’ a cotolett!”, la colonna sonora del trionfo.  DIVARIO. Il calcio, un tempo democratico, ha seguito la tendenza demografica e socio-economica di un Paese che viaggia a due velocità. Prendiamo come esempio il Pil pro capite: è pari a 33,4 mila euro nel Centro-Nord e a 18,5 mila euro nel Mezziogiorno, con gli estremi rappresentati dai 40 mila del Trentino Alto Adige e dai 16 mila della Calabria. Nella Serie A 2024-25 Cristo si fermerà a Empoli: soltanto Roma, Lazio, Cagliari, Napoli e Lecce giocano a Sud dal Castellani. La sola Lombardia ospiterà un quarto delle società (Inter, Milan, Atalanta, Monza e Como) mentre continua a rappresentare, parallelamente, quasi un quarto (22%) del Pil italiano. Il divario è enorme anche sul lavoro: il tasso di occupazione nel Nord (69,4%) è di 21 punti superiore a quello del Mezzogiorno (48,2%), viceversa il tasso di disoccupazione nelle regioni meridionali è circa tre volte superiore (14% contro 4,6%).   CRISI. I dati della Figc sulle scuole calcio élite di primo, secondo e terzo livello ci permettono di fare un confronto tra zone con lo stesso numero di abitanti. Nelle province di Palermo e Brescia ci sono 1,3 milioni di abitanti, eppure nel capoluogo siciliano le scuole calcio sono 29 mentre nell’hinterland della città lombarda se ne contano 66. Stesso discorso per Bergamo e Salerno: 139 strutture da una parte, 17 dall’altra. A Venezia e provincia una famiglia può decidere dove portare il proprio figlio tra 72 diverse asd e ssd, mentre a Lecce tra 64, e a Caserta e Cosenza a malapena tra 7 e 17. Lotta impari anche tra Cuneo e due perle del Sud come Taranto e Reggio Calabria: qui vivono tra le 550 e le 600 mila persone, però nella città piemontese le società sono 45, in quella pugliese si fermano a 23 e in quella calabrese il conto non va oltre quota 4.  

    Siccome però tutto il mondo è Paese, i dati sul mancato utilizzo dei giovani sono allarmanti a tutte le latitudini e fotografano la crisi azzurra. Nella classifica dei primi 20 calciatori U20 più impiegati nei diversi campionati non c’è neppure un italiano; il primo è Kayode della Fiorentina, nato a Borgomanero in provincia di Novara, in posizione numero 100. La Nazionale va male anche perché pesca nel campionato con il maggior numero di stranieri rispetto agli altri tornei “big 5” (61,7%), agli ultimi posti in Europa per minuti giocati dai calciatori cresciuti in casa (5,5% contro il 19,6% della Spagna campione d’Europa). Il numero dei selezionabili per Spalletti era tra i più bassi in assoluto e gli Under 21 azzurri, in media, avevano un minutaggio sotto al 3%. Senza il contributo del Sud, un movimento che annaspa rischia di andare letteralmente alla deriva. LEGGI TUTTO

  • in

    Ricci, Torino e rinnovo: come (non) farlo diventare il Buongiorno del 2025

    TORINO – Chi sarà il Buongiorno del 2025, se ci sarà un altro Buongiorno nel 2025?La buttiamo lì, ma neanche troppo, mettendo assieme una serie di circostanze e, guarda un po’, anche di coincidenze. La buttiamo lì e diciamo che, osservando oggi come oggi la rosa granata rimasta a disposizione di Vanoli, ad alto sono rischio sono innanzi tutto due giocatori, partendo ovviamente dal rendimento fin qui palesato sul prato: Samuele Ricci e Raoul Bellanova, ovviamente. Il primo è il gioiello del Torino formalmente più aggredibile sotto il profilo contrattuale, il secondo quello che più e meglio si è stagliato nella stagione appena conclusa. E proprio dall’esterno destro di spinta cominciamo, visto che ancora pochi giorni fa Vagnati negava il rischio di partenze anticipate: «Siamo felicissimi di lui, abbiamo creduto fortemente nel giocatore, è cresciuto tanto. Ci hanno chiamato soprattutto dall’estero per Raoul, ma posso dire con grande serenità che è giusto che rimanga a Torino perché abbiamo l’ambizione di fare una squadra di un certo livello». Questa è insomma la strategia delineata pubblicamente, a conferma di quanto già si scriveva su queste colonne ancora abbastanza di recente. Ovvero: tra Buongiorno, Ricci e Bellanova, ovvero i tre gioielli più ambiti sul mercato, il piano di Cairo è cederne uno solo nel corso di quest’estate. Detto, fatto: ciao, Alessandro, simbolo vivente ormai di una favola (granata) che fu.
    I contratti di Ricci e Bellanova
    Bellanova, arrivato un anno fa, ha un contratto sino al 2027, dunque ancora abbastanza lungo, con uno stipendio netto già significativo all’interno delle medie salariali del Torino: 1,15 milioni netti a stagione più bonus. La situazione di Ricci, reduce da un campionato meno appariscente rispetto all’esplosione dell’esterno destro 24enne, ma pur sempre globalmente positivo, è diversa. Il contratto del play 22enne scadrà già nel 2026: di conseguenza, per le banalissime leggi del mercato, un prolungamento dovrà materializzarsi quest’etate, o al massimo tra l’autunno e l’inizio dell’inverno. Arrivare a gennaio con ancora il vecchio contratto, dunque a 18 mesi dalla scadenza, sarebbe pericolosissimo per il Torino: Ricci comincerebbe a fare sempre più gola e ovviamente il suo valore verrebbe gambizzato dalla scadenza sempre meno lontana.
    Da ‘capitan futuro’ granata al Napoli di Conte
    E adesso parliamo di soldi, ma non solo di soldi. L’annuncio del rinnovo di Buongiorno fino al 2028 (il massimo possibile: 5 anni) fu diffuso il 12 luglio: esattamente 12 mesi fa, domani. E proprio entro dopodomani Ale si sottoporrà alle visite mediche col Napoli. Prima del prolungamento, guadagnava circa 350 mila euro netti, una cifra assolutamente sottodimensionata rispetto alle qualità, ai margini di crescita e all’importanza che già aveva acquisito Buongiorno un anno fa. L’agente del difensore cercò invano in tutti i modi di portare il suo stipendio sopra il milione netto più bonus. Irremovibile, Cairo. Alessandro dovette cedere, abbassare le pretese, accontentarsi di 850 mila euro netti: una cifra sempre e comunque pazzesca per noi comuni mortali, ma ancora inferiore alle leggi (in questo caso economiche) del mercato italiano, tanto più in considerazione che si parlava del vicecapitano del Torino (e non di una squadra provinciale), nonché di un giocatore già in ascesa impetuosa. Manco a dirlo, appena un mese dopo, cioè grossomodo a una settimana dalla fine del mercato, l’Atalanta si buttava all’assalto del centrale. «Trattative con i bergamaschi per Buongiorno? Una bufala!», dichiarò Cairo all’epoca, salvo poi trovare l’accordo con i Percassi, saltato soltanto perché Ale proprio non se la sentiva di lasciare il suo Toro, il suo mondo (a Bergamo avrebbe anche guadagnato parecchio di più, ovviamente, e oggi sarebbe in Champions). «Buongiorno è il mio capitan futuro», disse sempre a Cairo lo scorso novembre. E il 14 giugno scorso, praticamente l’altro ieri: «L’ho già detto altre volte, non ho pensato a quale possa essere il prezzo giusto di Buongiorno perché non l’ho messo sul mercato. È rimasto con noi lo scorso anno e sono stato felicissimo di questo, ha disputato un campionato notevolissimo e quindi me lo tengo stretto». Come no: così stretto che adesso il Torino di Cairo incasserà una quarantina di milioni dal Napoli (35+5 di bonus, di cui 4 facili).
    Torino, come evitare il Buongiorno-bis
    Ricci, si diceva, ha il contratto in scadenza già nel 2026. Guadagna 950 mila euro netti più bonus. Tanti per intenderci: molto meno di Lazaro e Ilic, peraltro destinato allo Zenit, ma anche di Linetty. Per doti tecniche ed eclettismo tattico, età (23 anni ad agosto), crescita oggettiva, potenzialità, professionalità e serietà (con in aggiunta l’ingresso nel giro azzurro di Spalletti, anche se poi da Coverciano non è stato portato in Germania), per tutte queste ragioni, si diceva, Samuele rappresenta il futuro del Toro: un altro gioiello, sulla carta. Si tratta ora di capire se riusciranno o meno a incrinargli le motivazioni, man mano. Come è capitato ad Alessandro nel corso dell’ultima stagione: e non solo per ragioni economiche, ma anche per un fatto di ambizioni sportive. E le due cose vanno di pari passo. Invece, tra lo stipendio alzato il minimo possibile rispetto alle richieste, il caso Atalanta e le spine del Cairismo digerito al Filadelfia in tutte le sue declinazioni quotidiane, si sono progressivamente sviluppate condizioni che in qualche modo hanno favorito l’assalto del Napoli (prego, entrate pure: purché ci portiate almeno 40 milioni…). E non dimentichiamoci mai che nella scorsa settimana Alessandro ha dovuto ripetere di continuo alla Juventus il suo «no, non posso proprio, io sono del Toro e nel Toro sono cresciuto», con Giuntoli che era già arrivato a offrire 42 milioni più 5 di bonus al Torino, con Thiago Motta che partecipava anche lui al corteggiamento del difensore e con Vagnati che intanto si relazionava di continuo con Alessandro, per poi relazionare al grande capo. Vediamo ora quando cominceranno le trattative per il rinnovo di Ricci, ora. E poi appuntamento all’estate del 2025? LEGGI TUTTO

  • in

    Torino, il destino di Bellanova e Ricci dipende da Buongiorno

    Un po’ come quando giocava, ad Antonio Conte vengono meglio i tackle rispetto ai dribbling. Ieri l’ha presa bassa affondando le mani (anche il viso) in un pozzo di diplomazia. Quando gli han chiesto di Alessandro Buongiorno, ha persino provato a sgusciar via con parole di facciata: «Qualcosa faremo. Il Napoli lo scorso anno ha preso 48 gol, la sua è stata la decima difesa del campionato. E guardacaso è finito decimo anche in classifica… Il dato più preoccupante sono i 27 gol subiti al Maradona, la 15ª peggior difesa della Serie A. Dobbiamo ritrovare equilibrio. Non ho mai visto squadre capaci di vincere, se hanno difese che prendono troppi gol. Quindi dobbiamo fare delle riflessioni». D’accordo, tutto vero, tutto giusto. Ma Buongiorno, allora? «Girano tanti nomi, cercheremo di trovare il profilo migliore rispettando determinati parametri. In difesa cercheremo di fare qualcosa, sia dal punto di vista tattico che degli uomini. Questo deve essere chiaro». Vabbé. Pretattica spinta, strategica. D’altra parte ciò che Conte pensa del difensore granata lo avevamo scritto quasi tre settimane fa: «Ti stimo molto e lo sai bene, ti seguo da anni. Nel mio Napoli saresti un sicuro protagonista. Allestiremo una squadra forte, competitiva, in grado di lottare per le posizioni di vertice. E tu con me diventeresti ancor più forte di quello che già sei». Così aveva detto Conte a Buongiorno durante quell’incontro al ristorante a Torino, prima che il difensore partisse per la Germania. Nella sua presentazione “reale” a Napoli, ieri ad Antonio è scappata una di quelle frasi: «Il mio più grande pregio è migliorare i calciatori».
    Il Napoli in cima alla lista, in attesa della Premier
    Urbano Cairo e Davide Vagnati sanno bene che il Napoli è in pole, sul loro difensore. Ma Cairo spera che possa ancora originarsi un’asta: però in Italia nessuno ha la liquidità del Napoli (mentre Buongiorno ha già escluso da mesi l’ipotesi Juve, come si sa) e da oltreconfine per adesso si sono uditi solo sondaggi, non richieste di aprire una trattativa. Aurelio De Laurentiis ha fatto muovere Giovanni Manna, con l’agente di Buongiorno il ds ha lavorato in profondità (5 anni di contratto, stipendio a salire sino a quota 3 milioni di ingaggio), poi il presidente del Napoli ha iniziato a parlare di altre cifre: per il cartellino. Ha superato i 30 milioni, ha dato la disponibilità a mettere sul piatto anche il difensore norvegese Leo Ostigard, che il Toro trattò a gennaio. Ma è il cash che interessa a Cairo. Il Napoli è salito a 32 milioni più bonus, poi a 34. Da tempo ha virtualmente in mano Buongiorno. Il Torino chiede di più, 45 milioni bonus compresi. Anche Buongiorno ha preso tempo. Vogliono tutti capire se possano ancora emergere squadre straniere (della Premier, in particolare) iscritte alle Coppe europee e in grado di creare un minimo di asta. Ma certo non aver ancora giocato neanche un minuto all’Europeo non ha aiutato affatto Alessandro, sinora.
    Possibile testa a trsta tra Cairo e De Laurentiis
    E il conto alla rovescia si avvicina. Se nulla cambierà di qui in avanti, arriveremo al duello finale tra De Laurentiis e Cairo, prima o poi. Per un pugno di dollari: in più o in meno, a seconda di chi verrà inquadrato al cinema. E Buongiorno (che pure vorrebbe giocare in Champions e sperava nell’Inter) alla fine allargherà le braccia, davanti al Napoli. L’effetto Conte, in ogni caso, lo ha già colpito e inorgoglito il giusto. Ma per Cairo «Buongiorno non è in vendita: sarei contento se restasse». L’ultima cosa che poteva fare Conte, ieri, era ammettere che il granata è in cima alla sua lista per la difesa: ci pensa già da solo Cairo ad alzare il prezzo.
    Se parte uno, resta l’altro: strategia Toro
    Cairo ha parlato con Paolo Vanoli di Buongiorno, di Samuele Ricci, di Raoul Bellanova, di Ivan Ilic, di Tonny Sanabria. Lo ha di nuovo fatto Vagnati l’altro ieri, durante il lungo summit con il tecnico prima di salire assieme a Superga. Il dt aveva già chiarito la situazione all’allenatore nelle scorse settimane, quando Vanoli era ancora da ufficializzare. Martedì mattina lo ha di nuovo rassicurato. Per la serie: se Buongiorno dovesse partire, non prenderemmo in considerazione offerte per gli altri top-player. Appunto Bellanova e Ricci, giovani di qualità attesi (in particolare il centrocampista) a una ulteriore crescita significativa. Cairo invoca plusvalenze. La cessione di Buongiorno a quota 40 milioni o giù di lì gli consentirebbe di coprire il rosso dell’ultimo bilancio (9,6 milioni), destinando poi una considerevole cifra (non tutto il ricavato restante, peraltro) al mercato in entrata del Torino.
    Chi è sul mercato e le garanzie a Vanoli
    In vendita, poi, sono Ilic e Sanabria: arriveranno altri soldi, resterà da capire quanti e quando. Buongiorno potrà innaffiare per primo il mercato granata, favorendo investimenti in entrata. Vanoli lo sa, lo ha compreso facilmente, gliel’hanno spiegato e rispiegato. Gli hanno anche ripetuto di stare sereno. Bellanova e Ricci non si toccano, il grande “sacrificio” resterà uno: al 99%, Buongiorno. Ma non a qualsiasi cifra: Cairo pretende di incassare dai 40 milioni in su (altrimenti nisba, venderà qualcun altro…) e vuole pure che emerga chiaramente che è Alessandro a spingere per trovare altrove ambizioni decisamente migliori, altrimenti lui mica lo venderebbe, per carità, quando mai. È tutto chiaro. È tutto chiaro anche a Vanoli: tranquillo, mister, di quei tre te ne vendiamo uno solo. Fino a prova contraria, sarà così. LEGGI TUTTO

  • in

    Superga, il caso dell’aereo G.212 e quella tragedia a Roma 25 giorni prima

    “Il comandante restò sulla collina” racconta la storia di un pilota e della sua famiglia, l’ufficiale Pierluigi Meroni, pluridecorato eroe di guerra, con gli occhi del figlio Giancarlo, che aveva 7 anni quando il padre morì a Superga. L’avventurosa e affascinante (per quanto tragica) biografia romanzata si appoggia su una mole di ricerche storiche e d’archivio. La scrittura di Troiani è avvincente, appassionata, calda, mai banale e sempre fluente, in certi tratti poetica. L’ultimo capitolo, di carattere anche tecnico (l’autore si è avvalso della consulenza dell’autorevole generale dell’Aeronautica Militare Giancarlo Naldi), ricostruisce la tragedia, le inchieste e, dopo tre quarti di secolo, accende i riflettori anche su quegli altri cinque incidenti. Con Troiani, con un altro storico esperto della tragedia di Superga (il professor Stefano Radice: ne parleremo nella puntata di domani) e con la consulenza dell’avvocato Claudio Caminati del Foro di Torino abbiamo ricercato ulteriori fonti e documentazioni, oltreché, invano, le inchieste originarie e la sentenza del giudice istruttore.

    Grazie a questo lungo, faticoso, complicatissimo lavoro di ricerca siamo riusciti anche a scoprire che gli incidenti con G.212 andati distrutti sono stati in realtà otto, non soltanto sei. Due in più: 9 aprile 1949, 25 giorni prima di Superga, e 11 dicembre 1953. Professor Troiani, si sapeva per esempio che nell’aprile del 1948, un anno prima della tragedia di Superga, la squadra “ragazzi” del Torino (oggi diremmo: la Primavera), che era volata in Inghilterra per un torneo, rischiò la vita. Il pilota atterrò “lungo”, il velivolo non riuscì a fermarsi in tempo e finì la sua corsa contro un hangar. Nessun ferito, per fortuna. «Quasi un segno premonitore. Quel modello di aereo era evidentemente nato nel 1947 sotto una cattiva stella. Un G.212 cadde già l’anno dopo in Belgio: 8 vittime. Nel 1949 cadde a Roma in aprile e a Superga in maggio, e poi altre 5 volte in pochi anni. Mi risulta che l’azienda costruttrice smise di produrre i G.212, dopo averne realizzati 19».

    Oltre a ricordare le versioni ufficiali, il suo romanzo pone domande.

    «Al centro del romanzo c’è il figlio del pilota. Per 75 anni si è chiesto quali fossero le responsabilità paterne, senza trovare una sola perizia da cui partire per una risposta definitiva. Ricostruisce fatti nascosti o ignorati. Quasi la metà dei G.212 cadde in volo. Le autorevoli banche dati sui disastri aerei, Baaa e Asn, non sanno documentare nei dettagli la tragedia di Superga. Primo e secondo pilota, il capitano Pierluigi Meroni e il maggiore Cesare Bianciardi, si erano distinti con la Regia Aeronautica e Meroni era istruttore nazionale di volo cieco. Nel romanzo, il figlio rileva fatti e comportamenti sinora mai portati alla luce».

    Nel suo romanzo compaiono anche molte fonti giornalistiche dell’epoca.

    «Ho evocato una certa premura a voltare pagina, comportamenti di autorità gi a pochi minuti dallo schianto. Se il dirigente che sale a Superga, tra rottami fumanti e con 31 corpi straziati, si appella alla “concomitanza di imponderabili” e dice che “ogni mente umana” sarà incapace di trovare le ragioni dell’accaduto, sembra convinto dell’impossibilità di ricostruire dinamica e responsabilità dell’incidente e pone l’accento sulla commiserazione retorica: “Un caso veramente tragico, dinanzi al quale ci inchiniamo come aviatori e sportivi”. Nel romanzo, il figlio non l’accetta: i morti e i loro famigliari non meritano soltanto inchini, ma di sapere, di capire. Due giorni dopo, l’ingegnere del Registro aeronautico italiano dichiara di escludere ipotesi di avaria. La cabina di pilotaggio e i suoi strumenti sono un ammasso informe, sopravvive solo la coda. Nel romanzo mi chiedo: da dove tanta certezza?».

    Abbiamo visto su YouTube la presentazione del suo romanzo alla “Casa dell’Aviatore” di Roma. Il generale Mario Arpino, già capo di stato maggiore sia dell’Aeronautica Militare sia delle Forze Armate, racconta un’esperienza diretta che…

    «Si, e il generale è stato cosi gentile da inviarmi uno scritto sull’episodio: siamo nel 1957 a Pomigliano e ci si addestra sul G.212, che verr poi radiato e sostituito anche da macchine più vecchie. Una sezione del corso si era trovata in “rischio mortale”, ricorda il generale Arpino, perché “il velivolo (…) nelle nubi aveva stallato malamente e si era quasi rovesciato, perdendo parecchia quota. (…) Pare si fosse sovraccaricato rapidamente di ghiaccio fino a uscire di controllo”. Gli aviatori in addestramento ne erano scesi “terrorizzati”. E’ una testimonianza molto autorevole. Fa pensare».

    Lei pubblica in genere libri di politica internazionale. Cosa ha significato scrivere questo romanzo?

    «Nella narrativa non devi solo far ragionare, ma anche emozionare. Chi lo ha letto, mi ha detto che cosi succede. Il romanzo, che percorre la storia del pilota dentro la Storia del XX secolo italiano, racconta un’Italia sconosciuta ai più e solleva interrogativi su Superga».

    Lei ha già presentato il romanzo in diversi Toro Club. Dell’incontro con i tifosi dell’associazione “Picciotti del Toro” di Marsala scrisse anche Tuttosport.

    «Un’esperienza bellissima, anche sotto il profilo umano: mi accompagnò l’editore, Carlo Morrone, che è di Siracusa. Le presentazioni del romanzo con il popolo granata sono state emotivamente coinvolgenti. In una, a Crescentino, conobbi Franco Ossola, il figlio del campione del Grande Torino. Disse in pubblico che aveva letto il romanzo in una sola mattina, e ne era rimasto emozionato. Aggiunse di abbracciargli Giancarlo Meroni, l’82enne figlio del pilota. Di portargli l’affetto dei figli del Grande Torino, consapevoli che tutti hanno sofferto la stessa tragedia». LEGGI TUTTO

  • in

    “Toro, ti manca un Sartori. Non sarà difficile sostituire Juric”

    Nessuno meglio di lui conosce il Toro dell’era Cairo dalle sue radici. Gianni De Biasi è stato il primo allenatore dopo il fallimento, l’uomo che ha riportato i granata in Serie A dopo un solo tentativo. Adesso, a distanza di 19 anni dall’inizio della sua avventura sotto la Mole, farà il tifo per il suo vecchio club. Contro l’Atalanta c’è l’ultima chance di Europa da difendere, al netto di quello che succederà alla Fiorentina in finale di Conference League contro l’Olympiacos. De Biasi, il Toro può tornare per la terza volta in Europa nell’era Cairo: che effetto le fa? «Provo un misto di sensazioni. Ripenso al mio periodo: avevo suggerito al presidente di costruire un progetto basato sui giovani, ma abbiamo perso un po’ di tempo e Cairo allora aveva altre idee. Diciamo che il tempo mi ha dato ragione, visto il patrimonio di giocatori di cui oggi il Toro dispone. E poi è un club solido, che ha la forza per poter essere una mina vagante della parte sinistra della classifica. Ovvio, però, che per diventare come Atalanta e Fiorentina serva di più. Investimenti, certo, ma soprattutto idee e programmazione».In questi giorni stanno facendo discutere le parole di Juric sui tifosi, sul poco amore e sulla scarsa unione che caratterizza il mondo Toro. Che idea si è fatto di queste dichiarazioni? «Io credo che sia stato interpretato male: voleva dire sicuramente qualcosa di diverso. I tifosi del Toro sono ancorati a due periodi storici di enorme prestigio: quello degli Invincibili e poi il ciclo di Radice. Hanno richieste troppo elevate rispetto al contesto attuale, perché sono stati abituati ad avere squadre molto lontane dai confini dell’ordinario. Per diventare una realtà all’altezza di quel Toro, nel calcio di oggi, basterebbe giocare qualche volta in più in Europa. In questo senso, negli anni, ai granata è mancato uno come Giovanni Sartori, che era vicinissimo a diventare un dirigente granata quando c’ero io. Bisognava prendere lui: Chievo, Atalanta e Bologna sono più di semplici indizi sulla bontà del suo operato».La possibile qualificazione in Conference League renderebbe positiva la stagione? Qual è il bilancio sul campionato? «Per me resta un ottimo campionato, a prescindere dall’ultima partita. Un campionato in linea col valore della squadra: solo il Bologna ha sparigliato un po’ le carte, ma chi precede i granata ha indubbiamente qualcosa in più. Oggi, però, il Toro ha un patrimonio basato su giocatori giovani e forti: la strada è questa, però i granata hanno iniziato tardi rispetto ad altre realtà. Ora ci vuole tempo: la crescita non sarà veloce. Persino un fenomeno come Gasperini ci ha messo 8 anni per vincere».Juric chiuderà con la partita di Bergamo. Chi perde di più, il Toro o l’allenatore? «Non sarà difficile trovare un altro come lui, ma il suo lavoro è stato ottimo. Tuttavia, meglio separarsi quando il matrimonio è logoro. Poi sono sicuro che Juric sia cresciuto tanto come allenatore in questi tre anni: avrà modo di guardarsi dentro, in futuro saprà gestire meglio tante situazioni di campo e non solo. I tecnici migliorano quando si rendono conto degli errori».È sempre più Ital-Toro: i granata hanno tre giocatori fra i pre-convocati di Spalletti. Che prospettive immagina per Buongiorno, Ricci e Bellanova? «Spalletti è sveglio, guarda alla sostanza e non all’etichetta. Ricci e Bellanova hanno prospettive importanti: Spalletti li vedrà in ritiro e capirà se siano già pronti o meno per andare in Germania, ma vedrete che l’anno prossimo faranno ancora meglio. Buongiorno invece sarà protagonista: ormai ha quasi la statura di un campione».A breve il Toro ripartirà da un nuovo allenatore, che quasi certamente sarà Paolo Vanoli. Scelta azzeccata o rappresenta un azzardo? «Va verificato fuori dal contesto del Venezia, anche perché non ha un’esperienza solidissima da primo allenatore. Ma sta facendo un lavoro eccellente, mi sembra una scelta coerente. Dovrà capire subito, però, che il Toro è un altro mondo rispetto a tutto ciò che ha fatto finora».Cosa servirà al Toro per migliorarsi? «Pochi innesti, non più di tre: mi riferisco a potenziali titolari. Ma non andranno sbagliati, Vagnati dovrà andare a colpo sicuro. La base è buona, chi rimpiazzerà Juric troverà una rosa di livello, solo da aggiustare con qualche pedina». LEGGI TUTTO

  • in

    Diretta Cagliari-Fiorentina ore 20.45: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

    CAGLIARI (4-3-1-2): Scuffet; Zappa, Mina, Hatzidiakos, Augello; Nandez, Prati, Sulemana; Gaetano; Oristanio, Luvumbo. Allenatore: Ranieri. 
    A disposizione: Aresti, Radunovic, Azzi, Di Pardo, Obert, Wieteska, Deiola, Mancosu, Viola, Lapadula, Kingstone, Petagna, Pavoletti, Shomurodov. 
    FIORENTINA (4-2-3-1): Terracciano; Kayode, Milenkovic, Ranieri, Parisi; Bonaventura, Mandragora; Ikoné, Beltran, Castrovilli; Belotti. Allenatore: Italiano. 
    A disposizione: Christensen, Martinelli, Comuzzo, Quarta, Dodo, Faraoni, Biraghi, Arthur, Lopez, Duncan, Infantino, Barak, Nzola, Gonzalez, Kouamé.
    ARBITRO: Prontera di Bologna. ASSISTENTI: Preti-Miniutti. IV UFFICIALE: Giua. VAR: Mazzoleni. ASS. VAR: Maggioni.
    Cagliari-Fiorentina: scopri tutte le quote
    Guarda su DAZN tutta la Serie A TIM e tanto altro sport. Attiva ora LEGGI TUTTO