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    E se il campionato iniziasse oggi? Le venti formazioni di Serie A

    Le formazioni delle squadre di Serie A
    ATALANTA (3-4-2-1): Carnesecchi, Djimsiti, Hien, Kolasinac, Zappacosta, De Roon, Koopmeiners, Ruggeri, Lookman, ZANIOLO, Scamacca. All.Gasperini (confermato)
    BOLOGNA (4-2-3-1): Skorupski, Posch, Lucumi, Beukema, MIRANDA, Aebischer, Freuler, Orsolini, Ferguson, Ndoye, DALLINGA. All.Italiano (nuovo)
    CAGLIARI (3-1-4-2): Scuffet, Wieteska, Mina, LUPERTO, Prati, ZORTEA, Makoumbou, Deiola, Augello, Lapadula, Luvumbo. All. Nicola (nuovo)
    COMO (4-2-3-1): REINA, Iovine, DOSSENA, Goldaniga, MORENO, Braunoder, Bellemo, Strefezza, Cutrone, Da Cunha, BELOTTI. All. Fabregas (confermato)
    EMPOLI (4-2-3-1): Perisan, Stojanovic, Ismajili, Walukiewicz, Pezzella, Grassi, Fazzini, Gyasi, HENDERSON, Shpendi, Caputo. All. D’Aversa (nuovo)
    FIORENTINA (3-4-2-1): Terracciano, Martinez Quarta, PONGRACIC, Ranieri, Dodo, Mandragora, Bianco, Biraghi, Gonzalez, Beltran, KEAN. All. Palladino (nuovo)
    GENOA (3-1-4-2): Leali, De Winter, Vogliacco, Vasquez, Thorsby, ZANOLI, Frendrup, Malinovskyi, Martin, Gudmundsson, Retegui. All.Gilardino (confermato)
    INTER (3-1-4-2): Sommer, Pavard, Acerbi, Bastoni, Calhanoglu, Dumfries, Barella, Mkhitaryan, Dimarco, Lautaro, Turam. All.Inzaghi (confermato)
    JUVENTUS (4-3-2-1): DI GREGORIO, Gatti, Danilo, Bremer, Cambiaso, DOUGLAS LUIZ, Locatelli, THURAM, Miretti, Yildiz, Vlahovic. All.Thiago Motta (nuovo)
    LAZIO (4-2-3-1): Provedel, Marusic, Romagnoli, Gila, NUNO TAVARES, Guendozi, Rovella, TCHAOUNA, NOSLIN, Zaccagni, Castellanos. All.Baroni (nuovo)
    LECCE (4-3-3): Falcone, Gendrey, Baschirotto, GASPAR, Gallo, Kaba, Ramadani, Oudin, Pierotti, Krstovic, Dorgu. All.Gotti (confermato)
    MILAN (4-2-3-1): Maignan, Calabria, Tomori, Thiaw, Hernandez, Bennacer, Reijnders, Pulisic, Loftus-Cheek, Leao, MORATA. All.Fonseca (nuovo)
    MONZA (3-4-2-1): Sorrentino, Carboni, Izzo, Pablo Marì, Birindelli, Bondo, Gagliardini, Kyriakopoulos, Pessina, Caprari, Djuric. All.Nesta (nuovo)
    NAPOLI (3-4-2-1): Meret, RAFA MARIN, Rrahmani, BUONGIORNO, Di Lorenzo, Anguissa, Lobotka, SPINAZZOLA, Politano, Kvaratskhelia, Osimhen. All.Conte (nuovo)
    PARMA (4-2-3-1): SUZUKI, Del Prato, Circati, Osorio, VALERI, Estevez, Bernabè, Man, Hernani, Mihaila, Bonny. All.Pecchia (confermato)
    ROMA (4-3-3): Svilar, Celik, Mancini, Ndicka, Angelino, LE FÈE, Parede, Pellegrini, Dybala, Abraham, ElShaarawy. All.De Rossi (confermato)
    TORINO (3-5-2): Milinkovic-Savic, COCO, Schuurs, Masina, Bellanova, Vlasic, Ricci, Gineitis, Lazaro, ADAMS, Zapata. All. Vanoli (nuovo)
    UDINESE (4-2-3-1): Okoye, Perez, Bijol, Kristensen, Kamara, Zarraga, Lovric, Ebosele, Samardzic, Thauvin, Lucca. All. Runjiaic (nuovo)
    VENEZIA (3-4-3): Joronen, Altare, Sverko, Busio, Jajalo, Candela, Zampano, ORISTANIO, Pohjanpalo, Gytkjaer. All. Di Francesco (nuovo)
    VERONA (4-2-3-1): Montipò, Tchatchoua, Magnani, Dawidowicz, FRESE, Duda, Serdar, Suslov, HARROUI, Lazovic, MOSQUERA. All. Zanetti (nuovo)
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    Patric: “Mi sento un figlio dei laziali”

    L’impatto di Baroni? «Le sensazioni sono molto buone, mi piacciono gli allenamenti e il suo atteggiamento. Ci darà soddisfazioni. È appena arrivato, devo ancora conoscerlo bene».
    Mesi fa ha parlato della necessità di “onestà” nel gruppo, che dovessero farsi da parte i compagni senza stimoli. Sono andati via? «Non mi riferivo a Luis Alberto e Immobile, per loro ho solo riconoscenza. Due professionisti, due persone che il mondo Lazio deve ringraziare. Quando ci siamo giocati il “pane”, sono stati sempre i primi a prendersi le responsabilità. La cosa pesa. Vanno ringraziati e basta, poi tutto ha un inizio e una fine. Meglio lasciarsi prima che dopo… So quanto potessero essere motivati o meno, è arrivato il momento di lasciare e l’hanno fatto».
    Cosa non ha funzionato la scorsa stagione? «Abbiamo sbagliato 5-6 partite con le piccole e perso punti fondamentali. Sappiamo quanto chiede la piazza, ma se andiamo in profondità l’annata non è stata così disastrosa. Siamo usciti in Coppa Italia per un gol della Juve all’ultimo minuto, abbiamo battuto il Bayern in Champions. In campionato, giustamente, le aspettative erano maggiori. Sono in A le gare di cui dobbiamo rimproverarci».
    Parla da leader, ormai è un esempio. «Dietro ogni carriera c’è lo specchio della vita e della personalità fuori dal campo. Sono orgoglioso, mi sono allenato più forte. C’è stato un momento in cui dovevo solo stare zitto e pedalare. Non ero maturo come persona, si vedeva in partita. La frenesia e la voglia mi portavano a sbagliare. Sono fiero che i tifosi ora credano in me, ho raggiunto un equilibrio nelle prestazioni».
    Si sente un punto di riferimento? «Non sono a mio agio a parlare di me. I tifosi hanno capito la persona che sono: non mollo mai, do il 100%, è uno stile di vita».
    Per come esulta sembra un tifoso in campo.«Qui sono cresciuto, sono un figlio dei laziali. Loro lo sentono, io lo sento. Soffriamo e lottiamo insieme, sono passionale e spontaneo. Non riesco a controllarmi, non c’è nulla di preparato. Ma lo ammetto: a volte rivedo le mie reazioni in partita e un po’ mi vergogno».
    Esistono ancora le bandiere? «Sì, esistono».
    Patric lo può diventare? «Qui sto alla grande, ho fatto bene gli ultimi anni, ma non penso a nessun record. Provo a dare il massimo ogni stagione. Se un giorno non sarò più utile, me ne andrò subito».
    Come ha visto i nuovi acquisti? «Mi stanno sorprendendo per atteggiamento e umiltà. I “vecchietti” come me ci mettono poco a capire se si ha dentro la voglia di crescere. Si può accettare l’errore in campo, non l’atteggiamento sbagliato. Loro hanno fame e ascoltano i consigli, fa piacere».
    L’obiettivo della Lazio? «Sono sincero, il cambio è grande. È andato via pure Felipe Anderson, ci dava tanto anche quando non brillava. Pipe, Ciro e Luis, tre nomi importanti. Siamo positivi e ambiziosi, abbiamo fame, stiamo lavorando forte, però serve pazienza. Roma non è una piazza facile, è giusto comunque essere esigenti, non possiamo mica fermarci. Siamo noi grandi a doverci prendere le responsabilità. Ai nuovi serve un po’ di respiro».
    Ha raccontato di aver sofferto di depressione. «In molti si sono aperti dopo le mie parole. Ho ricevuto tanti messaggi, ho parlato anche con Perin. Non ho detto nulla nei momenti difficili, in campo riuscivo a nascondere i problemi, sono stato zitto e ho sbagliato. Se si tiene tutto dentro, nel calcio, uno può perdere 2-3 anni di carriera. Chi soffre deve dirlo, il male va buttato fuori».
    Un insegnamento ricevuto per ogni tecnico avuto a Roma. «Con Pioli ho imparato la sofferenza, mi ha chiuso in palestra perché dovevo cambiare fisico. Venivo dal Barcellona B, contava solo la palla. Inzaghi mi ha dato l’opportunità, ha creduto in me quando nessuno lo faceva. Con Sarri una rivincita, sono migliorato in tutti i sensi».
    Ha dimenticato Tudor. «Troppo poco tempo. Dico temperamento e personalità».
    Euro 2024, l’Italia cosa può imparare dalla Spagna? «Nulla, ogni nazione ha la sua forza. L’Italia ha vinto 4 mondiali e 2 europei, la storia parla. La credibilità nel calcio d’oggi ce l’ha solo chi vince. La Spagna, avesse trionfato l’Inghilterra, non avrebbe avuto tutta questa credibilità. Di certo il successo è meritato». LEGGI TUTTO

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    Milan, and the winner is: Alvaro Morata!

    Mentre rivedo per la decima volta l’invidiatissima presentazione di Mbappé al Real Madrid apprezzando il suo saluto ai tifosi in uno spagnolo pressoché perfetto (qualche settimana fa, in Sardegna, mi sorprese con un inglese tutt’altro che scolastico) faccio il conto dei centravanti che nelle ultime settimane hanno partecipato all’assegnazione del titolo di Mister maglia numero 9 del Milan. Sono convinto di dimenticarne qualcuno, tuttavia azzardo ugualmente la lista dei nominati da giornali e siti in disordine (mentale) sparso: Zirkzee, Guirassy, Solanke, Demirovic, Depay, Dovbyk, Santiago Gimenez, Sesko, Jhon Duran, Lukaku, Abraham, Füllkrug e Morata the winner.Alvaro Morata è una presenza costante delle ultime sessioni estive di mercato: dove c’era un centravanti da trattare spuntava il suo nome. La Juve l’ha inseguito e avuto, ripescato e cercato per la terza volta; poi si è mossa l’Inter insieme alla Roma di Mou e adesso il Milan ha fatto centro, quasi per disperazione. Ricordo che la prima esperienza italiana di Morata è stata nel 2014, esattamente dieci anni fa: andava per i 22, giocò un paio di stagioni nella Juve segnando 15 gol in 63 partite. L’ultima, nel 2020, 20 centri in 67 gare, sempre in un biennio bianconero. Per rapporto prezzo-rendimento, Morata – costato i 13,5 milioni della clausola – è tra le scelte migliori possibili. Quanto a compatibilità con Leão, poi, offre notevoli garanzie. Rispetto al suo predecessore nel ruolo, Olivier Giroud, è più tecnico ma meno potente. Personalmente gli avrei preferito solo Lukaku e Sesko, pur se per ragioni diverse. Con i chiari di luna del calcio italiano però non si scherza, e il Milan ovviamente non si sottrae al periodo grigionero: il campione d’Europa Morata è un’eccellente soluzione di compromesso, perché naviga tutte le acque, può essere marinaio e corsaro, collega i reparti, sa infilarsi negli spazi giusti (calcio relazionale) e conclude in tanti modi. Alvaro è più italiano che spagnolo e non solo per merito della moglie Alice, mestrina. Riprendendo il sito Relevo, la rivista Undici ha provato a spiegare le ragioni della sua antipatia nei confronti della Spagna e dei tifosi. Antipatia peraltro reciproca. «È una storia che affonda le radici molto lontano nel tempo, circa 25 anni fa – si legge – quando Morata, che all’epoca aveva sette-otto anni, vestì indifferentemente le maglie del Real e dell’Atlético Madrid». Non solo: ha giocato in entrambe le squadre, anche nelle due giovanili, i tifosi di una lo accusano di essere da sempre dell’altra sponda (proprio a causa di quelle fotografie da bambino) e viceversa. Ma c’è dell’altro, perché le critiche – soprattutto quando Morata indossa la maglia della nazionale, un simbolo che dovrebbe unire tutto il Paese, al di sopra del personale tifo per i club – sono cominciate ben prima di Euro 2024. Nel 2021 venne fischiato dai suoi stessi tifosi durante la fase a gironi degli Europei itineranti disputata proprio in Spagna, a Siviglia. E, dopo aver sbagliato il rigore decisivo nella semifinale con l’Italia, l’allora attaccante della Juve ricevette persino minacce di morte sui social. «In campo possono insultarmi, sputarmi, ma non quando sono fuori a passeggiare con mia moglie o i miei figli. Ci sono stati momenti in cui non avevo voglia nemmeno di alzarmi dal letto», rivelò a El País. «Ho detto spesso che ho passato molti momenti brutti e con un’altra mentalità sarei potuto diventare un giocatore migliore, ma ho grande forza di volontà, altrimenti non avrei avuto la carriera che ho avuto». Il Milan anche come approdo terapeutico. LEGGI TUTTO

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    Chi è Lamine Yamal da Rocafonda: il fenomeno del quartiere operaio tra rabbia e… Rabiot

    Partiamo dalle generalità perché sta diventando sempre più famoso e non è più il caso di continuare a chiamarlo in maniera sbagliata: Lamine Yamal Nasraoui Ebana. I primi due sono il nome composto (come potrebbe essere Luis Enrique o Gian Piero), il terzo il cognome del padre e il quarto, com’è buona abitudine in Spagna, quello della madre. Per tutti, però, è soltanto Lamine Yamal che, nel suo circolo più intimo, diventa Lamine e basta. Sabato prossimo, alla vigilia della finale dell’Europeo di Germania, il crack del Barcellona non sarà a casa per festeggiare il suo diciassettesimo compleanno.
    Le origini di Yamal
    Sarà la prima volta che lo passa lontano da papà Mounir e mamma Sheila (oggi divorziati) e, soprattutto, dalla cara nonna Fatima e in un posto diverso da Rocafonda che, parafrasando gli Ska-P, è il barrio obrero (quartiere operaio) di Mataró, grosso centro industriale a 25 minuti a nord di Barcellona. Ed è proprio al posto che continua a considerare casa che Lamine Yamal dedica i suoi gol più importanti, ricorrendo all’oramai famoso gesto del “304”, le ultime tre cifre (le prime, 08, due sono uguali per tutta la provincia di Barcellona) del codice postale di quello che i militanti di Vox amano definire, con la classe che li contraddistingue, un «letamaio multiculturale». Ed è proprio per aver tirato uova e uno schiaffo a un militante del partito di estrema destra spagnolo che Mounir Nasroui è stato costretto a pagare una multa di 546 euro dopo essere stato condannato per lesioni e danni: «Quello che fanno e dicono non è giusto, siamo nel XXI secolo. Gli pagherò gli occhiali, ma se l’ho fatto è perché avevo le mie ragioni», ha assicurato l’anno scorso il papà di Lamine.
    I valori della Masia
    Un quartiere povero e difficile dove le politiche, siano esse di destra o di sinistra, hanno fallito completamente, quello dov’è cresciuto – molto più in fretta dei propri coetanei di centro città – il piccolo Lamine Yamal che, ancora oggi, ogni volta che torna a casa è seguito per strada da uno stuolo di bambini a cui basta rimanergli vicino per sognare il riscatto: se lui ce l’ha fatta, potrei riuscirci anche io. E non necessariamente nel mondo del pallone. Basta avere un passione e seguirla fino in fondo, proprio come ha fatto Lamine che a sette anni si è trasferito alla Masia, dove vive ancora oggi e lo farà fino al raggiungimento dei 18 anni. Perché se c’è una cosa che il Barcellona non ha perso, malgrado le poche gioie sportive degli ultimi anni, sono proprio i valori della propria cantera. E poco importa se, a differenza di quasi tutti gli altri inquilini della Masia, il crack blaugrana potrebbe permettersi il più lussuoso degli appartamenti: le regole sono regole e, come lui, anche Pedri e Gavi, gli ultimi due Golden Boy made in Barça, le hanno rispettate fino in fondo. Trofeo che difficilmente sfuggirà di mano al fenomeno di Rocafonda che, martedì sera, ha annichilito un altro fenomeno diventato simbolo del quartiere in cui è nato e cresciuto: ci riferiamo, naturalmente, a Kylian Mbappé, anche lui storia del Golden Boy, e la sua Bondy.
    La finale con la Spagna ed i saluti a Rabiot
    A Rocafonda la metà delle famiglie vive sotto la soglia della povertà e compra il pane arabo da zio Abdul che, ogni mattina, da 30 anni alza la saracinesca alle otto in punto. Suo figlio, Mohamed (per gli amici Moha), oltre a essere cugino di Lamine ne è anche l’autista personale. È lui ad accompagnarlo alla Masia e, nei giorni liberi, ad andarlo a prendere per riportarlo a casa: «Ricordo ancora che l’ultima fase finale di un Europeo l’ho vista in un centro commerciale con i miei amici e oggi, invece, faccio parte della nazionale maggiore», ci ha tenuto a sottolineare la stella della Roja, subito dopo aver messo in ginocchio la Francia con il suo splendido gol. Una rete con una dedica speciale per un volto noto della Serie A, Adrien Rabiot che, alla vigilia dell’incontro, aveva pensato che fosse una buona idea provocarlo, ignaro, probabilmente, di quanto fosse grande la sua personalità: «Se vuole arrivare in finale dovrà fare molte più cose di quello che ha fatto sinora». Ed è stato proprio il centrocampista bianconero a gustarsi, suo malgrado, da pochi centimetri la genesi dell’opera d’arte dello spagnolo che, prima di battere Mike Maignan con uno straordinario tiro a giro, lo ha mandato fuori tempo con una finta: «Parla ora», il messaggio recapitato allo juventino in mondovisione subito dopo la fine dell’incontro.
    La benedizione di Messi
    E, del resto, uno che prima di debuttare con la primavera aveva già esordito con la prima squadra e che prima di segnare con il Barcellona lo aveva già fatto con la sua nazionale non può davvero temere lo scontro dialettico. Men che meno se sei cresciuto a Rocafonda e ne vai, giustamente, fiero: «Quando ho segnato il gol ho cercato di pensare alla squadra, che è la cosa più importante, e non ho dato importanza alle cose esterne. Dico sempre che il tempo mette tutti al loro posto». Parola di Lamine Yamal, il prossimo numero 10 del Barcellona e, questa volta sì, degno erede di un certo Lionel Messi, uno che dopo aver portato a casa il Golden Boy ha anche vinto sette Palloni d’Oro. Un primato difficile da battere anche per lui che di record ne supera uno a partita. A meno che non riesca a vincerli entrambi nello stesso anno. Difficile, ma non impossibile. Domenica sera ne sapremo di più. LEGGI TUTTO

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    Rabiot, le condizioni: la Juve non rischia. Se si pensa a giugno…

    TORINO – A Lecce mancherà anche Adrien Rabiot. Una scelta precauzionale di Massimiliano Allegri, che ha preferito lasciare il centrocampista francese, alle prese con un affaticamento al polpaccio, a Torino a curarsi ed evitargli la trasferta in Puglia. “Meglio non rischiare perché è un muscolo delicato” la preoccupazione del tecnico di perdere per più tempo il giocatore. I muscoli del polpaccio sono molto resistenti ma nello stesso tempo anche fragili e se si continua a sollecitarli, senza fermarsi quando fanno male, il pericolo è quello di uno stop per parecchi mesi.

    Rabiot, l’infortunio e l’obiettivo per il recupero

    Ipotesi che Allegri non vuole neppure prendere in considerazione perché Cavallo Pazzo – che già ha saltato il Frosinone in Coppa Italia per un sovraccarico al flessore della coscia destra – è un tassello fondamentale del centrocampo bianconero e, a due settimane dallo scontro scudetto con l’Inter a San Siro, la priorità è quella di avere Rabiot recuperato per il derby d’Italia. Niente Lecce, dunque, si valuterà in settimana se convocarlo contro l’Empoli (sabato alle 18 allo Stadium): dipenderà ovviamente dai progressi di Rabiot che l’estate scorsa aveva sofferto di una lesione al polpaccio, patita durante il ritiro con la Francia, costringendolo a saltare le due sfide di giugno valide per le qualificazioni all’Europeo. Proprio quell’infortunio gli impedì anche a luglio di partecipare alla tournée della Juventus negli Stati Uniti: lo staff medico decise che proseguisse il lavoro personalizzato alla Continassa per il completo recupero. LEGGI TUTTO

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    Inter, sicuro che a Inzaghi non serva una punta?

    A Roma con tre soli attaccanti. Simone Inzaghi, nella notte che può consegnare alla sua Inter il primo allungo in vetta alla classifica, avrà poco da scegliere in attacco perché, dietro alla ThuLa, resta il solo Arnautovic, considerato che Alexis Sanchez è rimasto a casa per un leggero affaticamento muscolare. Davanti la coperta è cortissima e il primo a rendersene conto è proprio l’allenatore, altrimenti non si spiegherebbero le tre panchine di Lautaro in Champions e pure – è storia recente – la sostituzione precauzionale di Thuram con la Real Sociedad, dopo una smorfia del francese all’ennesimo scatto.

    A questo si aggiunge l’idiosincrasia di Sanchez e Arnautovic al ruolo di comprimari: l’austriaco, se non si sente al centro del progetto, rende meno rispetto al suo potenziale (difatti all’Inter ha sbagliato più di una partita), mentre il Niño Maravilla non ha ancora metabolizzato il fatto di avere 35 anni (li compirà mercoledì) e che può essere importante anche giocando solo pochi minuti, ma di qualità. Aveva lasciato Milano perché non gradiva essere un precario e, nonostante le promesse estive fatte ai dirigenti per tornare all’Inter, basta vedere le espressioni che fa ogni qual volta viene sostituito, per capire come dentro di sé il cileno covi un vulcano di insoddisfazione. LEGGI TUTTO

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    La Samp vola In Arabia: la missione di Manfredi e Mancini Jr

    GENOVA – Missione in Arabia per far crescere la nuova Sampdoria. L’azionista di maggioranza del club blucerchiato Matteo Manfredi e il direttore sportivo Andrea Mancini sono volati a Riyad e – a margine del campionato mondiale per club – saranno protagonisti in questi giorni di una serie di incontri con potenziali investitori del mondo arabo che potrebbero essere coinvolti, magari con una quota di minoranza, nella gestione della società.
    Non è la prima volta in questa fase che si avvicinano alla Samp soggetti potenzialmente interessati a un investimento nel calcio italiano (nelle scorse settimane si erano visti ospiti al Ferraris nelle gare interne diversi uomini del mondo finanziario del Sud Est Asiatico) ma la novità stavolta è che la missione araba ha uno sponsor istituzionale di grande calibro, ovvero Roberto Mancini – oggi ct dell’Arabia Saudita e naturalmente grande ex blucerchiato oltre che padre dello stesso Andrea – che pur senza essere coinvolto direttamente negli incontri e in eventuali possibili accordi ha avuto comunque il ruolo di contatto di assoluto prestigio per far avvicinare le parti.
    Non trova conferme un possibile incontro tra Manfredi e i rappresentanti della sezione sportiva del Pif, il fondo sovrano dell’Arabia Saudita: non è comunque escluso che la proprietà blucerchiata possa interloquire con gruppi in qualche modo collegabili al Pif. In ogni caso gli incontri saranno diversi in questi giorni, alcuni forse anche solo di perlustrazione da ambo le parti. “Il brand Sampdoria ha attrattiva a livello locale e internazionale a prescindere dalla categoria. Io parlo tutti i giorni con gli investitori” aveva detto Manfredi lo scorso 21 novembre, facendo intuire come l’appeal del club – nonostante la retrocessione in serie B – sia rimasto alto e anzi paradossalmente possa anche essere aumentato grazie alla nuova gestione e al piano di ristrutturazione dei debiti che ha fortemente diminuito il rosso di una società che ha concretamente rischiato di fallire nei mesi scorsi. LEGGI TUTTO

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    Juve-Napoli, nel prepartita debutta la body cam: telecamera addosso ai bianconeri

    La body cam debutta in Serie A. Dopo l’esordio in Premier League nel riscaldamento del match tra Wolverhampton e Tottenham, la ‘mini telecamera’ sbarcherà anche in Italia. E lo farà in occasione del big match Juventus-Napoli di domani sera. Per la prima volta, infatti, il prepartita sarà raccontato in diretta da un’angolatura “totalmente inedita”, sottolinea DAZN. “Un primo passo che apre le porte al futuro dell’intrattenimento sportivo – sottolinea l’emittente – rafforzando la collaborazione strategica tra DAZN, Lega Serie A e Club per portare sul campo della Serie A innovazione e spettacolarizzazione”.

    Body cam, chi la indosserà e le parole di Azzi

    “Dopo il primo esperimento fatto in allenamento la scorsa stagione, siamo molto orgogliosi di questo debutto che proietta la Serie A TIM verso il futuro dell’intrattenimento – ha commentato Stefano Azzi, CEO di DAZN Italia – Con la spettacolarizzazione degli eventi sportivi che sta diventando sempre più centrale, lo sviluppo di funzionalità e l’interazione sempre più coinvolgente con il contenuto attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative come la body cam, diventano driver fondamentali per dare al tifoso un accesso privilegiato e inedito”.

    Saranno i giocatori della Juventus ad indossarla “per catturare i momenti del riscaldamento che verranno trasmessi in esclusiva sulla piattaforma di live streaming”. LEGGI TUTTO