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    Mantova: con Mancuso si può sognare

    TORINO –  Riecco il Mantova in Serie B, categoria vissuta l’ultima volta nel 2010, quando i biancorossi, non solo retrocedettero in Lega Pro ma non poterono iscriversi alla Serie C di allora, in seguito a un crac societario. Fattaccio che il Mantova avrebbe rivissuto anche nel 2017, come se nell’ultimo trentennio i virgiliani fossero abbonati a un fallimento societario ogni decennio, visto che accadde anche nel 1994 con relativa ripartenza dai dilettanti. E pensare che solo un anno fa, il Mantova era di fatto nuovamente in Serie D. Al termine della stagione 2022/23, i biancorossi erano caduti nei dilettanti dopo un doloroso playout perso con l’AlbinoLeffe. Poi, la scorsa estate il fallimento del Pordenone, liberò un posto in Serie C, occasione che la nuova società lombarda ha saputo cogliere al meglio, col completo passaggio di quote da Setti (già proprietario del Verona) a Piccoli. Che ha iniziato a mettere le basi per la trionfale scorsa stagione – girone A della Serie C quasi dominato piuttosto a sorpresa – quando decise di scommettere a occhi chiusi su Davide Possanzini, a lungo collaboratore di De Zerbi, fu anche suo vice. Che però, un anno fa, quando veniva assunto dal Mantova, arrivava dalla brutta esperienza vissuta a Brescia, quando Cellino, in “trip” da esonero, lo cacciava dopo due giornate (in quell’inizio di 2023, in 6 giornate il Brescia vide avvicendarsi in panchina tre allenatori, ognuno, appunto, durato due giornate). Resta il fatto che nella scorsa stagione, vincendo con nettezza la Lega Pro, potrebbero essersi messe delle solide basi per fare bene – e magari anche qualcosa di più – pure in Serie B. Forse, nella scorsa annata, il Mantova, quando ha capito di essere la più forte, s’è concesso anche qualche caduta di troppo perché tanto “sentiva” di avere la promozione in tasca. Tutto questo perché la sera del 9 gennaio scorso, i virgiliani erano di scena a Padova, in casa della seconda in classifica. Era forse l’ultima occasione per riaprire il campionato da parte dei veneti, ma all’Euganeo il Mantova rodomonteggiò 0-5. Da qui dunque si riparte, da una squadra che ha enormi potenzialità e che forse ha voluto esprimerle solo quando era il caso di farlo. Il mercato del Mantova si è improvvisamente acceso quando pochi giorni fa, Piccoli ha fatto il primo colpo di livello. All’inizio erano arrivati due difensori: dal Como l’esperto Solini e dall’Ancona – fallito ed escluso dal professionismo – l’ermegente Cella., unitamente al portiere Federico Botti, proveniente dalla Lega Pro (Pro Sesto). Sinché il 12 luglio, a Mantova è sbarcato Leonardo Mancuso, bomber di categoria acquistato dal Monza. Trentaduenne, già salito in A con l’Empoli nel 2021, Mancuso è un giocatore che si sta ritrovando: in Brianza non gli è andata per niente bene, nella scorsa stagione ha dato segnali di risveglio al Palermo ma in un contesto in cui non era semplice ritrovarsi. Dunque, Mantova potrebbe essere per lui la piazza giusta per tornare ad essere quel calciatore che in coppia con La Mantia (e Moreo alle spalle), riportava l’Empoli in B nel 2021, trio che faceva caterve di gol. Oppure, ancora prima, il Mancuso che iniziava a diventare qualcuno quando otteneva la ribalta nel Pescara, passando da essere un’interessante ala sinistra a centravanti, perché aveva dimostrato, a suon di prestazioni più che convincenti, di meritarsi di giocare nel cuore dell’attacco abruzzese. Ecco, se a Mantova rivedremo quell’attaccante lì, chissà che ci sia modo di rivedere al “Martelli”, qualcosa che almeno somigli a quel che fu il “Piccolo Brasile” di Mondino Fabbri, cioè il Mantova che più fece storia, a cavallo fra Anni 50 e 60, giocando un calcio che incantava (un po’ come quello visto con Possanzini in C), arrivando in A partendo dalla quarta serie. LEGGI TUTTO

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    Portanova: dove eravamo rimasti?

    TORINO – Che ne sarà di Manolo Portanova, il fantasista 24enne che deve fare i conti con una turpe vicenda, reduce da una stagione più che buona alla Reggiana e che in B ha raccolto 48 presenze con 6 gol e 6 assist? Assai probabile che il Genoa lo rimandi in prestito ai granata emiliani, ormai un club satellite dei rossoblù, dove Portanova è tornato a essere a tutti gli effetti un calciatore di rango, dopo che la Corte d’Appello Federale ha “congelato” la sua situazione giudiziaria, che ne metteva in discussione il suo regolare utilizzo. Portanova, nel giugno 2021 era stato incriminato, assieme al fratello William, di violenza sessuale di gruppo e messo agli arresti domiciliari, in seguito alla denuncia di una ragazza che aveva raccontato di aver subìto un pesante stupro dopo una serata consumata nel centro storico di Firenze (al pronto soccorso, per le serie lesioni riportate, gli era stata repertata una prognosi di 40 giorni). Nel 2022 inizia la sua vicenda giudiziaria. Ottenuto il rito abbreviato, in primo grado patteggia una pena a sei anni di reclusione (e da pagare una provvisionale da 130mila euro). Una sentenza che sembra, all’inizio, precludergli il ritorno in campo. La tifoseria genoana non lo vuole più vedere coi colori rossoblù, si tenta allora di darlo in prestito al Bari. Ma anche in questo caso, i tifosi pugliesi bloccano la propria società che di fatto aveva quasi sottoscritto il prestito e fino a giugno 2023 Portanova resta ai margini. Nella scorsa sessione del mercato estivo, il figlio di Daniele Portanova – che fu un buon difensore, arrivato a giocare anche nel Napoli – pare possa sistemarsi all’estero, sembra la soluzione migliore per far dimenticare il fattaccio e farlo ripartire come se nulla fosse accaduto, due anni prima a Firenze. Invece spunta fuori la Reggiana, in ottimi rapporti col Genoa, che manda in granata diversi giocatori, perlopiù a maturare, a iniziare dall’emergente Marcandalli, difensore rientrato in rossoblù, di cui si parlerà molto la prossima stagione. A Reggio Emilia però, sulle prime la piazza si divide: una donna, a nome di altre, sui media locali annuncia di non voler più sottoscrivere l’abbonamento. Ma alla fine la differenza la fanno gli ultras della Reggiana che durante un’amichevole pre campionato espongono lo striscione che, di fatto, “darà la linea” anche al Collegio di Garanzia del Coni, in teoria l’ultimo grado di giudizio, la “Cassazione” dello sport. “Fino al terzo grado nessuno è condannato”, scrivono a chiare lettere gli ultras nello striscione. Da quel momento il vento cambia per Portanova che diventa uno dei pilastri della scorsa stagione della Reggiana appena tornata in B, in cui i granata, guidati da Alessandro Nesta – da pochi giorni passato alla panchina del Monza in A – ottengono una salvezza neanche troppo sofferta, anche e soprattutto grazie alle giocate di Manolo. Portanova chiude il 2023/24 con 39 presenze, 7 gol e 4 assist (Coppa Italia compresa), con tante partite giocate da trascinatore dei granata. Anche perché nel frattempo, nel gennaio scorso, il Collegio di Garanzia del Coni, chiamato a decidere sul futuro calcistico di Portanova, aveva respinto la richiesta di radiazione (e in subordine a 5 anni di squalifica), rinviando pilatescamente la causa alla Corte d’Appello Federale che il 13 marzo scorso congelava tutto. Come dire, a data da destinarsi, visto che il verdetto sul giocatore resterà in sospeso “fino alla formazione del giudicato in sede penale”, scrivono i giudici dell’Appello Figc. Dunque, visti i tempi della giustizia italiana ordinaria, considerato che mancano ancora due gradi di giudizio e i tanti espedienti che si possono adottare per allungare il brodo dell’iter giudiziario, Portanova quasi potrebbe arrivare ai 30 anni d’età, data sempre fatidica per un calciatore, dormendo sogni tranquilli sotto l’aspetto giudiziario. E dunque, se fra qualche giorno il Genoa e la Reggiana rinnoveranno il prestito del fantasista, i granata avranno ancora il giocatore che potrebbe fare la differenza, ma il mercato della Regia è ancora tutto da decifrare. Sono arrivati Meroni e Brekalo in difesa, Sersanti e Urso a centrocampo, oltre al portiere Motta (2005) dalla Primavera Juve. Però sono partiti tre giocatori fondamentali della scorsa stagione: oltre a Marcandalli (destinato a imporsi nel Genoa), mancheranno altri due giocatori emergenti come il terzino Pieragnolo (tornato al Sassuolo) e soprattutto il mediano Bianco, avviato a una bella carriera, rientrato alla Fiorentina. Dovesse mancare anche Portanova, non sarà semplice replicare la salvezza – quasi senza patemi – della scorsa annata. LEGGI TUTTO

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    Coda alla Samp. perché sì, perché no

    TORINO – Con l’approdo alla Samp di Massimo Coda, il re dei bomber di B, i blucerchiati potrebbero aver fatto uno scatto decisivo nella lotta per la promozione diretta in A. Il lavoro del ds Accardi, giunto a Genova dopo 8 anni di prezioso lavoro per l’Empoli di Corsi, inizia a portare quella consistenza nelle scelte che la passata annata era abbastanza mancata. Scelte importanti anche nelle mosse per alleggerire il pesante monte ingaggi che grava sulla società, appena trapiantatasi a Bogliasco, dove, notoriamente, splende sempre il sole: uno su tutti, aver sciolto il legame – onerosio – che legava la Sampdoria a Verre, da cui era lecito attendersi molto di più, anche se forse, nella passata stagione, chiusa all’8° posto e con l’eliminazione al turno preliminare dei playoff per opera del Palermo, Verre troppe volte è stato il facile capro espiatorio, quando le responsabilità sono sempre collettive. Comunque, alleggerendo il monte ingaggi, si sono messe le basi per permettersi l’ingaggio di Coda che in blucerchiato ha la possibilità, con una manciata di gol, di diventare il cannoniere  di tutti i tempi della Serie B (gli mancano solo 8 reti per raggiungere Schwoch a quota 135 gol). Certo, gli annetti sul groppone di Coda iniziano ad essere non pochi, compie 36 anni il 10 novembre e pur dovendo indossare i panni di guida della squadra, il suo impiego, inevitabilmente dovrà essere gestito, ma non dosato. Però è difficile che l’Hispanico, come lo chiamavano a Lecce (42 gol in due stagioni di B, 20+22), fallisca: con lui la doppia cifra in termini di gol è di fatto sempre garantita e non va dimenticato neanche il suo apporto da uomo assist (in carriera, in B ne ha fatti 45) che lo rendono un centravanti anomalo, capace di giocare anche per gli altri compagni e pure dietro a un’altra punta (interessante potrebbe essere verificare come si collocherebbe alle spalle di De Luca, sempre che l’attacante bolzanino non venga ceduto in A). Però il punto è un altro. Fino a pochi anni fa, a Genova, dove si gioca la stracittadina più accesa d’Italia ed è derby tutto l’anno, c’era una legge non scritta: era quasi vietato militare per le due squadre. Se accadeva, era meglio evitare il passaggio diretto, magari girando per altre piazze prima di approdare sull’altra sponda. E comunque, questo è quasi sempre avvenuto per giocatori non di primo piano. L’unico precedente paragonabile a questo, accadde nel 1996, quando il Genoa (in B) cedette l’Aeroplanino Vincenzo Montella – l’attuale ct della Turchia era stato prelevato dal Genoa di Spinelli dall’Empoli già di Corsi – in A alla Sampdoria di Enrico Mantovani. A Genova successe un quarantotto, quasi da moti di piazza: si arrivò a far esplodere una bomba carta all’ingresso del Genoa Point, allora nella bella e centrale Galleria Mazzini. Del resto lo stesso Coda, pur arrivando, a livello di cartellino, dal Genoa, la scorsa stagione ha fatto rivedere cose egregie in prestito alla Cremonese, dopo aver vissuto, proprio in rossoblù, la sua annata di B fra le meno felici, raggiungendo comunque quota 10 gol. Questo perché per Coda, proprio e solo col Grifone, l’amore non è mai veramente sbocciato. Beninteso, il contributo di Coda all ritorno in A del Genoa nel 2023, fu tutt’altro che trascurabile. Però a metà stagione quasi si consumò una frattura che lo portò a un passo dalla cessione anticipata a gennaio. Insomma, con il presidente Zangrillo, la holding 777 Partners e il dt Spoors, non filò tutto liscio, anche se mai il Genoa sarebbe tornato in A in “only one year”, se non avesse avuto Coda. Tuttavia, è significativa la sostanziale indifferenza con cui il popolo genoano ha accolto l’approdo dell’HIspanico in blucerchiato. Cosa che potrebbe caricare ancora di più Coda. Purtroppo però, quest’anno il derby di Genova non si gioca. LEGGI TUTTO

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    Il Cosenza di Alvini: tutto da scoprire

    TORINO – Il Cosenza riparte da Massimiliano Alvini, non riuscendo, per ragioni economiche, a trovare l’intesa per confermare in panchina William Viali, passato alla Reggiana a sostituire Alessandro Nesta, salito in A al Monza. Incuriosisce rivedere in panchina un allenatore come Alvini che viene dal basso, che sa che cos’è la gavetta, che è arrivato ad allenare in A (la Cremonese) ma che nelle sue ultime esperienze ha vissuto blackout difficili da spiegare: oltre a quello di Cremona, anche la successiva esperienza con lo Spezia è stato un flop non da poco. In entrambi i casi però, le attenuanti non mancavano. Quella Cremonese che era stata portata in A da Pecchia e che ereditava nel 2022, comunque giocava un buon calcio ma faticava a vincere. Lo Spezia con cui iniziò la scorsa stagione invece, era zavorrato dagli stessi big che avrebbero dovuto farlo volare, con poca voglia di misurarsi con la B, categoria che affrontavano al peggio delle loro possibilità. Dunque, forse ha fatto bene il Cosenza ad affidarsi ad Alvini, ripensando, magari, alla sua esperienza precedente, quella del Perugia 2021/22, squadra che seppe stupire tutti e che, senza discutibilissime decisioni arbitrali avverse, chissà dove sarebbe arrivato, ben oltre la qualificazione ai playoff, dai quali usciva al primo turno, a Brescia, ancora una volta per colpa di un arbitraggio contrario, come se si fosse deciso che quel Perugia più di tanto non dovesse ascendere. Però, per restare a quella squadra, che dovrebbe fare da modello anche per il Cosenza che verrà, con ogni probabilità, ad Alvini dovrà essere dato il tempo per seminare, perché in confronto al calcio più arioso di Viali, si dovrà passare a un football da combattimento: difesa a tre, mediana robusta, un trequartista (non sempre schierabile, dipenderà dall’avversario) a supporto di due punte di ruolo. Già, ma che squadra troverà Alvini? Molto, per non dire quasi tutto, ruota intorno alla più che probabile cessione di Tutino. Un anno fa, riportandolo a Cosenza, si fece un’operazione formidabile che ha dato la possibilità a un talento indiscutibile di esprimersi – finalmente – secondo le sue possibilità, andando oltre ogni più rosea aspettativa, tant’è che Tutino è stato vice capocannoniere della B con 20 reti, secondo solo al re Pohjanpalo. Una annata indimenticabile che ha portato tante attenzioni su di lui: finora, il suo nome viene associato a svariate squadre di B ma non si capisce perché Tutino non possa essere testato in quella Serie A che di fatto non conosce, avendola appena sfiorata nel lontano 2019 col Verona. Tutino che è stato riscattato a fine stagione dal Parma per 2.5 milioni e che, come minimo, andrebbe rivenduto per il doppio a una squadra di A ma è probabile che ci si debba accontentare di una cifra più ridotta che offrirà una squadra di B. Peccato, perché è dalla plusvalenza che si realizzerà che il Cosenza troverà i soldi per fare una squadra che possa almeno salvarsi senza troppi patemi. Per quel che riguarda il mercato, finora, si annota come si parli solo di rossoblù del Cosenza in uscita: oltre a Tutino, elementi come Voca e Marras, hanno le loro richieste. Però il primo colpo dei lupi silani, lascia ben sperare: è l’ivoriano Christian Kouan, 24 anni, che proprio con Alvini, nel Perugia, fece forse le cose migliori in carriera e che non meritava il dimenticatoio della C: può essere l’uomo in grado di spezzare le partite, giocando fra le linee sa essere come minimo ficcante. LEGGI TUTTO

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    Brescia, la A non è un’utopia

    TORINO – Attenzione, la prossima stagione potrebbe esserci anche il Brescia nella corsa per la A diretta. Da tempo Celino fa trapelare che la Leonessa potrebbe lottare per la promozione o, perlomeno, per un campionato d’alta quota, e, pur non disponendo di grandissime risorse, potrebbe essere in grado di allestire una squadra da quartieri alti della classifica, quantomeno. Del resto, il Brescia è reduce dalla sensazionale stagione vissuta con Rolando Maran in panchina che prima ha raddrizzato la baracca, cioè s’è messo alle spalle la situazione pesante che aveva ereditato da Daniele Gastaldello. Poi, con una irresistibile progressione, ha portato il Brescia all’8° posto, cioé in zona playoff, uscendo al turno preliminare, a Catanzaro, per altro a testa altissima: era un mese fa, i lombardi vincevano 1-2 fino al recupero, quando i calabresi, proprio con l’ex Brescia Donnarumma, acciuffavano il 2-2, portandoli quindi ai supplementari, dove i giallorossi alla fine dilagavano sul 4-2. Insomma, si parte da una base che non va sottovalutata, anche se la squadra della scorsa annata potrebbe essere andata oltre le proprie possibilità. Però è anche vero che nella stagione che va a cominciare proprio oggi, la lotta per la A diretta, potrebbe essere ristretta a poche squadre e potrebbe non esserci un vero padrone del campionato perché al momento non si trovano una o più squadre che possano essere nettamente superiori alle altre. Ma quale squadra sta prendendo corpo? Il primo colpo del Brescia è stato riscattare dal Frosinone il centravanti Gennaro Borrelli, 24 anni: chissà dove sarebbe potuto arrivare il Brescia dell’ultima stagione se non si fosse fatto male prima di arrivare allo sprint finale del campionato. In avanti, potrebbe tornare il centravanti Ernesto Torregrossa, reduce dalla parentesi pisana, non proprio felice per lui, ma neanche per la squadra, dunque c’è la possibilità che si possa vedere ancora, almeno a sprazzi, l’attaccante che fece la differenza nell’ultima promozione in A delle rondinelle, datata 2019 con Eugenio Corini in panchina. Però nelle ultime ore si sta valutando un altro centravanti, Leonardo Mancuso, sottoutilizzato dal Palermo, che potrebbe anche sopravanzare Torregrossa, per non parlare di Marco Olivieri, che la Juve sta cercando di piazzare in giro dopo un’annata anonima al Venezia, dove perlatro era chiuso da Pohjanpalo e Gytkjaer. Un altro nome interessante, ormai del Brescia, è l’esterno sinistro Niccolò Corrado, nella scorsa stagione fra Ternana e Modena, rendimento piuttosto deludente con entrambe. In verità, e bisognerebbe indagare perché. Ma di fatto si tratta di un giocatore su cui l’Inter aveva il diritto di ricompra, e tanto basta per definirne le potenzialità: entro giovedì si dovrebbe chiudere. Però, per tornare all’attacco, non va dimenticato che nel finale di stagione, Gabriele Moncini, per sostituire Borrelli, ha fatto cose enormi, non facendolo mai rimpiangere e riproponendosi, potenzialmente, sui livelli più alti della propria carriera, cioé quei sei mesi che disputò per il Cittadella, quando in coppia con Davide Diaw, pareva un notevole uomo d’area. Mettiamoci poi che, per un tozzo di pane, Cellino ha riscattato dalla Spal, il terzino destro Lorenzo Dickmann, che ha gamba e tecnica e che, in una squadra in lotta per la A diretta, potrebbe dire la sua. Col suo prezioso e consueto contributo a trebbiare la fascia e mettere palle in mezzo sempre pericolose, trovando talvolta anche la via del gol. Infine, tutto da scoprire il regista belga Matthias Werrath, proveniente dalla B belga, dal Willem II, che si è annunciato sui social come giocatore già del Brescia.  LEGGI TUTTO

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    Provaci ancora, Cittadella!

    TORINO- A sorpresa, una delle società di B più attive, che ha già chiuso quattro colpi, è il Cittadella, quasi 30mila abitanti in provincia di Padova, patrimonio del calcio italiano, con una storia unica, gestita in una maniera che ogni anno insegna a tutti come muoversi sul mercato prima (cioè con la giusta parsimonia) e come plasmare la squadra dopo (affrontando la B con una carica agonistica che spesso non ha eguali). Ogni anno il Cittadella parte per mantenere la categoria ma spesso stupisce, ed è per questo che viene amata dai veri calciofili, perché è una sorta di eresia calcistica, un insulto al calcio dei grandi. Il suo periodo d’oro in B risale al quinquennio fra il 2017 e il 2021 quando, sotto la guida di Roberto Venturato, paisà d’Australia tornato in Italia, nella provincia di Treviso, la squadra granata raggiunge sempre i playoff e disputa due finali, perse sempre da altre squadre venete: nel 2019 dal Verona, nel 2021 dal Venezia. Ma quel che più intriga, del Citta, è la sfida che lancia ogni anno al calcio dei grandi. Forse, quella pugnacità unica con cui gioca, è dovuta all’origine stessa del Cittadella, nato nel 1973 dalla fusione delle due squadre cittadine. l’Oylimpia Cittadella e l’Unione Sportiva Cittadellese. Praticamente, fossimo stati nella Brescello di Peppone e Don Camillo di Guareschi, era come se si fossero fuse le loro due squadre di paese, i club di democristiani e comunisti della Cittadella di allora. Ogni anno, si considera come il grande regista del Cittadella Il dg Stefano Marchetti, uno che, per spiegare chi è, un anno fa veniva contatto dal Napoli di De Laurentiis, al quale diceva in sintesi, “no, grazie, ho il mio Citta da curare, ciò!”. Risultato, nella scorsa stagione, dopo un avvio di campionato non semplice, la squadra decollava, arrivava a lottare per la A diretta fino alla partita d’esordio del 2024, prima giornata di ritorno, quando metteva sotto il Palermo di Corini (2-0). Dopodiché la squadra si bloccava, non ne vinceva più una, rischiava di precipitare in C ma con un colpo di reni finale, si cavava fuori dai guai. E dunque, oltre ai soliti elogi al lavoro di Marchetti, sarebbe ora di sottolineare anche quelli del tecnico, il cittadellese Edoardo Gorini, è proprio il caso di dirlo, fatto in casa, a suo tempo vice di Venturato e che ne ha raccolto il testimone quando con la guida del quinquennio d’oro s’era guastato il rapporto. Ogni anno Marchetti lo tiene sulla corda, rinnovandogli il contratto soltanto alla fine del campionato e di un solo anno (e forse, sarebbe il metodo giusto da usare con tutti gli allenatori, anche se ha qualche controindicazione). Però anche se sotto la sua guida, i playoff non sono mai arrivati, mentre va ad iniziare la sua quarta stagione sulla panchina granata, il suo bilancio non va disprezzato: in questi anni il Citta ha affrontato campionati che venivano definiti una sorta di A2, normale che il miracolo granata andasse in scena in formato ridotto. Dunque annate chiuse con salvezze sofferte sì, ma quel che è contato, è averla sfangata sempre. Con qualche chicca non da poco: come aver vinto due volte nel Tempio del Ferraris di Marassi, due stagioni fa contro il Genoa, nella passata annata contro la Sampdoria. E chissà, per quest’anno che verrà, si possa ritrovare la lunghezza d’onda giusta, provare a ridare l’assalto al cielo dei playoff, per sognare ancora quella A mai vissuta nella propria storia e che completerebbe il miracolo Cittadella. Giusto quindi confermare ancora Gorini, perché dalla scorsa stagione si ha l’impressione che il livello medio della B si stia abbassando, che ci siano meno squadre in grado di lottare per la A. E allora chissà, che il Citta possa ancora dire la sua, quantomeno. Ah, i quattro colpi di cui si parlava all’inizio. Il più blasonato è il terzino sinistro Edoardo Masciangelo, 27 anni, giunto dal Benevento in C ma con cui in passato è arrivato a giocare i playoff. Gli altri tre, sono scommesse: dalla Roma, uscito dalla Primavera, il centrocampista Francesco D’Alessio (2004); dal Vicenza un altro mediano, Simone Tronchin (2002); l’ultimo colpo invece potrebbe essere una della sorpresa, il 21enne Jacopo Desogus, vivaio Cagliari, ex Pescara e Gubbio, a cui Marchetti però, ha già chiesto duttilità. Come dire, ragazzo, sei arrivato al Cittadella, prima di tutto devi farti il mazzo. LEGGI TUTTO

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    Nasce il Cesena di Mignani

    TORINO – Delle quattro squadre provenienti dalla C, il Cesena potrebbe essere la più in grado di disputare il miglior campionato (ma occhio al Mantova di Possanzini…). Lo dice soprattutto il blasone del Cavalluccio, il pubblico del Manuzzi (fra i più numerosi d’Italia in rapporto alla popolazione della piazza), l’alchimia che spesso si crea fra la tifoseria e la squadra che in passato ha portato il Cesena a condurre strepitosi campionati di B senza partire fra i più favoriti. La panchina, una volta deciso di non proseguire con Toscano, dopo che erano girati parecchi nomi (anche troppi), è stata affidata a Michele Mignani, genovese d’esportazione, che inizia ad avere un curriculum abbastanza solido in B, pur trovandosi solo alla sua terza annata da allenatore di seconda serie. Nella prima, aveva stupito tutti con quel Bari che chiuse il campionato al 3° posto, andando al di là di ogni aspettativa che c’era su quella squadra, da lui stesso portata in B la stagione precedente, in cui il Bari, al terzo tentativo e con un budget più ridotto, otteneva il ritorno in B da dominatore del girone C della Serie C, da sempre il più competitivo. Ma la scorsa annata, a Bari in panchina avrebbe fallito anche Gesù Cristo: troppo forte la botta subita in finale playoff dal Cagliari, quel “San Nicolazo” delll’11 giugno 2023, maturato al 94’ col gol rossoblù di Pavoletti che gelava i 60mila presenti quella sera, convinti di avere ormai la Serie A in tasca. Davvero, fu un piccolo, grande Maracanazo tricolore che si visse nello stadio astronave di Renzo Piano. Un tonfo clamoroso che s’è fatto sentire per tutta la scorsa annata, passata dal Bari fra mille polemiche e per quattro allenatori per arrivare a una risicata salvezza ai playout. Però forse, se i De Laurentiis non avessero liquidato Mignani dopo una decina di giornate, poteva essere tutta un’altra storia. In seguito Mignani tornava in ballo lo scorso aprile, ereditava il Palermo da Eugenio Corini. Altra squadra però che andava scemando e che già aveva abdicato nella lotta per la A diretta. Dunque, ai playoff, una volta eliminata una loffia Sampdoria (con cui Mignan debutto da giocatore in A, in quella che vinse lo Scudetto 1991, era un difensore della Primavera che debuttò in A, lanciato da Boskov con una presenza), quel Palermo non poteva andare oltre le semifinali, uscendo con dignità al cospetto del super Venezia di Vanoli. E ora il Cesena, per iniziare a capire di che pasta è fatto Mignani. La piazza romagnola ha riconquistato la B con un formidabile lavoro sui giovani (Cristian Shpendi e Tommaso Berti su tutti), i quali, se non saranno ceduti, saranno l’ossatura della squadra, che comunque dovrà essere rafforzata con diversi elementi di categoria. Maita, ad esempio, associato in questi giorni al Cesena e portato da Mignani a livelli sorprendenti dopo una vita spesa in C, potrebbe essere il primo buon colpo per impostare al meglio una squadra che chissà, proprio per quell’alchimia che sa trasmettere il Manuzzi, fra qualche mese potrebbe stupire. Cesena che farà tutto il possibile per portare Lapadula al Manuzzi ma ha un contratto molto oneroso, non sarà semplice aggiudicarsi l’asta per lui. Dal Perugia potrebbe poi arrivare Stipe Vulikic, 23 anni, difensore croato con buoni numeri in C, mentre dal Trento è in arrivo l’italo nigeriano Nosa Edward Obartin, 21 anni, promettente difensore, in C nel Trento la scorsa stagione. Mignani, giovedì scorso, s’è presentato alla piazza romagnola così: «Mi è sempre stato riconosciuto un equilibrio personale. Essere arrivato a Cesena è motivo di orgoglio. In questi giorni sto conoscendo la proprietà, ambiziosa e in forte crescita. Qui è tutto diverso rispetto a Bari e Palermo. Si deve continuare sull’onda d’entusiasmo per la promozione della scorsa stagione. Abbiamo una squadra giovane: partiamo da qui».   LEGGI TUTTO

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    Samp: alzati e cammina verso la A

    TORINO – Quale Sampdoria nasce in questi giorni in cui si mettono le basi per la prossima stagione? Matteo Manfredi, chiusa la querelle con Ferrero e diventato a tutti gli effetti il nuovo padrone dei blucerchiati, ha scelto Pietro Accardi, 41 anni, come uomo forte del mercato blucerchiato, ex giocatore della Samp ma non solo, ha lavorato 8 anni come ds dell’Empoli, in una società che è il più bel modello calcistico italiano: con la gestione ultra trentennale di Fabrizio Corsi e la sua famiglia, una squadra che di fatto è quasi un sobborgo di Firenze, riesce a sedersi al tavolo delle big italiane, con i conti non solo sempre in ordine ma guadagnandoci e restando una fucina di talenti che danno linfa al movimento calcistico italiano. Navigando in questi anni fra la A e la B con l’Empoli, Accardi sa cosa vuol dire fare una squadra che possa puntare alla massima serie, scegliendo i giocatori giusti per farlo. Anche se la Samp non è certo l’Empoli e accettando di lavorare per Manfredi, Accardi cresce professionalmente ma si mette alla prova in una piazza dove sarà molto più complesso lavorare. Da capire se avrà con sé Andrea Mancini, il discusso dirigente della scorsa stagione che va in scadenza di contratto a fine mese e su cui ancora non è stata presa una decisione. Il figlio del Mancio, nei momenti più difficili della scorsa stagione, è spesso finito nell’occhio del ciclone. Però, tutto sommato, se l’è cavata: con lui (e con l’accantonato Legrottaglie che era più legato al socio di Manfredi, Radrizzani) sono arrivati giocatori che hanno avuto una buona valorizzazione, anche se di fatto ha “lavorato” per altri club: Sebastiano Esposito e il figlio di Stankovic, ad esempio, entrambi proprietà Inter, i maggiori giocatori in prestito alla Samp nella scorsa stagione, con ogni probabilità nella prossima annata giocheranno per altri club (Esposito è già destinato proprio all’Empoli mentre Filip Stankovic, dopo le papere iniziali è diventato forse il miglior portiere della scorsa B). Par di capire che sul futuro di Andrea Mancini deciderà proprio Accardi, in base al feeling che s’instaurerà in questi giorni fra i due. Però, la domanda è: può questa Samp, fra un paio di mesi, essere in grado di primeggiare in B? Forse. Da una parte, viste le 7 nuove squadre della B, si ha la sensazione che il prossimo campionato possa essere meno competitivo degli ultimi due, ci possa essere insomma meno bagarre per la A diretta. Dall’altra però, per varare una squadra che provi ad ammazzare il campionato, o quasi, ci vogliono investimenti importanti e una solidità economica che forse questa Samp non arriva ad avere. Beninteso, tutto può cambiare da un momento all’altro con l’ingresso in società di nuovi capitali, magari arabi. Però con l’attuale situazione economica del club – non certo florida per i debiti ereditati da Ferrero e per un monte ingaggi elevato per pagare giocatori quasi superflui – è difficile ipotizzare una Samp che possa stare davanti a Palermo e Cremonese, per citare i club più solidi della B e che potrebbero essere le squadre più competitive. Poi però, c’è la Sampdoria intesa come piazza. Con un pubblico che per il maggior numero di presenze allo stadio probabilmente duellerà con quello del Palermo e forse del Bari (che parte da una annata più difficile di quella blucerchiata) e che potrebbe fare la differenza nei brutti momenti. Quanto alle prime mosse di mercato, c’è da utilizzare al meglio il blasone blucerchiato nella scelta degli Under, i giovani nati dal 2001 in poi che possono essere tesserati in numero illimitato, fuori dalla lista dei 18 Over (nati fino al 31 dicembre 2000). E spesso, avere i migliori Under, vuol dire varare la squadra più forte. Ad esempio, Darboe (classe 2001), centrocampista gambiano giunto a gennaio dalla Roma, avrebbe offerte dalla Serie A ma a Genova s’è trovato bene, sa che in blucerchiato potrebbe trovare la sua consacrazione dopo aver fatto vedere cose interessanti nella passata stagione. Insomma, giocare nel Tempio del Ferraris, vuol dire crescere: magari, a parità di offerta, si sceglie il blucerchiato piuttosto che un club magari più solido ma con una piazza più debole e meno formativa. E Pirlo? Il giudizio su di lui resta sospeso. Nella scorsa annata ha mostrato di essere un allenatore ancora in formazione ma non va dimenticato che allenare in B probabilmente è più difficile che allenare in A (vedi la storia da allenatore di Daniele De Rossi). In cuor suo, probabilmente, fosse arrivata un’offerta importante dalla A o da qualche massimo campionato europeo, l’avrebbe presa seriamente in considerazione. Però è anche vero che Manfredi gli ha assegnato un importante ruolo di uomo-immagine della Samp e la sua stessa presenza può aiutare a procacciare i famosi capitali di cui la Samp avrebbe bisogno. E dunque alla fine dovrebbe rispettare il contratto biennale che sottoscrisse un anno fa. Spesso il suo operato in panchina è stato giustamente messo in discussione dalla critica sampdoriana: approccio complicato a calarsi nella realtà della B, difficoltà iniziale a trovare un modulo di riferimento, cambi spesso tardivi e poco influenti. Però è anche vero che il gruppo squadra l’ha sempre seguito, diversi giovani sono maturati al meglio (e pazienza se poi giocheranno per altri club), in qualche partita le sue scelte hanno fatto la differenza. Di sicuro il suo primo anno da allenatore di Serie B deve averlo forgiato non poco. Tutta esperienza che tornerà buona per l’anno che verrà. LEGGI TUTTO