Cresciuto a Bergamo, grande speranza viola, giocoliere in libertà condizionata, genio che stava troppo stretto dentro una lampada, un Fonzie abruzzese con due lati della medaglia
Nell’Esorcista – film-cult nel genere horror che ha spaventato la generazione degli adolescenti cresciuti tra i 70 e gli 80 e che oggi farebbe sbadigliare dalla noia un qualsiasi esponente della Gen Z – la piccola Regan è una bambina posseduta da un diabolico demone. Nella scena più iconica Regan gira di 180° gradi la testa, parlando con voce così sinistra e demoniaca che all’epoca ci si alzava dal divano per andare a controllare se la porta di casa fosse chiusa con una doppia mandata, non si sa mai. La malefica bimbetta parlava anche il latino al contrario, con gli occhi a palla e l’aria di una che – se solo avesse voluto – avrebbe ballato il tip-tap con la testa in giù e la lingua di fuori. Poi tornava – per così dire – normale. Heidi, se avete presente. Candida e allegra, con una vocina che stringeva il cuore. L’abbiamo presa larga – innescando il delicato tema dello sdoppiamento della personalità e dei demoni che talvolta si impossessano di noi – per parlare del più diabolico dei calciatori comparsi sulla scena italiana negli anni 90, il più talentuoso in assoluto (ma non avete idea – no che non ce l’avete – di quanto talento avesse in dotazione quel ragazzo), un giocoliere in libertà condizionata, un genio che stava troppo stretto dentro una lampada, un Fonzie abruzzese cresciuto sfidando tutti nella piazza del mercato di San Benedetto dei Marsi, sull’Appennino aquilano. Domenico Morfeo, lui.