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Juve, la chiave è Comolli

Damien Comolli, 54 anni, il nuovo uomo forte della Juventus, è la grande curiosità della stagione appena cominciata. Tra la sorpresa generale John Elkann gli ha consegnato le chiavi di una società che viene da stagioni più che deludenti e da una serie di impressionanti ribaltoni: si dice che sia uscito vincitore da una sorta di sprint a due, impostato dall’immancabile cacciatore di teste, con Mateu Alemany, ex Valencia e Barcellona.

Campione di diffidenza, per niente incline a coltivare rapporti con la stampa, Comolli è il più noto esponente della sabermetrica applicata al calcio. Discepolo di Bill James (l’ideatore di questa “scienza” praticata in ambito sportivo per la valutazione statistica dei giocatori) e Billy Beane (tra il 1990 e il ’97 talent scout degli Athletics, poi promosso general manager e vicepresidente esecutivo del club), il Nostro ha un percorso professionale estremamente articolato e completo: prima allenatore delle giovanili, poi scout, ds e in seguito direttore tecnico e presidente di club

Il giorno della sua presentazione alla stampa molti avevano già letto l’intervista a Excellent Leadership Podcast, nel corso della quale Comolli aveva parlato dell’esperienza al Tolosa. Tra le tante cose dette, ricordo: «sono i dati a fare il lavoro per noi»; «tutte le decisioni calcistiche sono basate sui dati. Come reclutiamo allenatori e giocatori, come attacchiamo e difendiamo, come tiriamo, come crossiamo, come pressiamo, persino come ottimizziamo il nostro monte-stipendi. I dati fanno parte della nostra cultura»; «no alla mediocrità. Non sopporto la mediocrità. Se intorno a me ci sono persone mediocri, non possono restare. Non capisco come si possa non essere lavoratori, semplicemente non è nel mio dna»; «per i leader senior cerco persone più intelligenti di me, più esperte, che siano umili e vogliano imparare da me e dagli altri. Cerco persone aperte, trasparenti, inclusive, che abbiano un forte senso etico, che amino lavorare in squadra e non pensino che il calcio sia solo un modo per guadagnare soldi».  

Negli anni in cui non ha lavorato Comolli si è interessato anche dell’aspetto medico e ha studiato come utilizzare i dati soffermandosi sulle abitudini del sonno dei giocatori per accelerare il recupero dagli infortuni. 

Nelle sue prime battute erano presenti termini quali «ossessione della vittoria, dati, comitato, trofei». Oltre a: «la missione è regalare emozioni ai tifosi rendendo razionale la cosa più irrazionale, il calcio»; «avremo uno o due direttori che si occuperanno dell’aspetto dei trasferimenti con un occhio anche alle giovanili, poi avremo un altro direttore, un direttore tecnico». 

I principali riferimenti di Comolli sono Vincenzo Morabito, già a Torino, e Riccardo Pecini. Il primo è un ex agente (fu lui a realizzare il passaggio di Zola dal Parma al Chelsea) che negli anni 80 aveva fatto il corrispondente dalla Scandinavia del Guerin Sportivo. Alcuni lo descrivono come un abile stratega, un negoziatore spietato ma efficace; altri lo considerano un personaggio controverso. Pecini invece è stato scout, ds, mediatore: mentre era dipendente di Sampdoria e Empoli fu oggetto di un’inchiesta giornalistica di calciomercato.com che rivelò alcuni conflitti di interessi delle società fondate con terzi, la Studio Fut srl e la Sporting Club Spes Limited. Non ultima nel 2024 la collaborazione per lo scouting del Torino tramite la sua agenzia.  

Registrate queste trascurabili annotazioni che appartengono al passato, sottolineo che qualcosa con gli algoritmi è andato storto: i passaggi finitezza, definitezza, input, output e eseguibilità non rispondono alle istruzioni utili all’obiettivo. Nessuno dei sopraccitati dirigenti pare possedere le skills richiamate da Comolli. Se si vuol stare al gioco occorre forse uniformarsi a queste regole? Sul fatto che sia un “calcio” migliore nutro qualche dubbio



Fonte: http://www.corrieredellosport.it/rss/calcio/serie-a


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