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Da raccattapalle del Varese a presidente e azionista Inter: la parabola Marotta e i rimpianti Juve

TORINO – Da raccattapalle del Varese a proprietario dell’Inter, la traiettoria calcistica di Beppe Marotta è un romanzo che rievoca quel tipo di epica americana per cui se sogni abbastanza forte tutto si può realizzare. Ma è anche la storia, molto poco romanzata e assai concreta, di un lombardo con la considerazione religiosa del lavoro che si ha da quelle parti, un’intelligenza versatile e un talento naturale per la diplomazia e la negoziazione. La notizia che diventa proprietario del 2% dell’Inter è il coronamento simbolico del suo percorso, al di là di qualsiasi motivazione possa esserci dietro, compresa quella – peraltro legittima – che quel 2% sia una forma di pagamento. Resta, per chi conosce il calcio e le sue strade, un traguardo di una corsa che Giuseppe Marotta da Varese, per tutti Beppe, ha iniziato a 19 anni, con un diploma al Liceo Classico Cairoli di Varese e una folta chioma, nel Varese ha già fatto, appunto, il raccattapalle e anche l’aiuto magazziniere, nel 1976, appena maggiorenne diventa il dirigente della Primavera e poi il responsabile del settore giovanile, dopo che azzecca un paio di suggerimenti al suo presidente, il mitico cumenda Giovanni Borghi fondatore della Ignis e patron dello sport varesino per tre decadi.
 

La scalata di Marotta

Da lì è una scalata. Un gradino per volta, mai due, ma quasi sempre in salita. Monza, Como, Ravenna, Venezia, Atalanta, Sampdoria, Juventus e Inter. In ognuno di questi club raggiunge almeno un risultato sportivo interessante, in alcuni crea veri e propri cicli. La Sampdoria raggiunge la Champions League grazie alle sue intuizioni e alla sua capacità gestionale. È il penultimo gradino della sua scalinata verso il paradiso: un anno dopo è alla Juventus di Andrea Agnelli, con il quale costruisce il più poderoso ciclo vincente della storia del calcio italiano e un modello societario che resta unico e perfetto. Molti tifosi bianconeri, a distanza di sette anni dal suo addio, arrivato nell’ottobre del 2018, lo rimpiangono ancora e fanno risalire proprio a quel divorzio l’inizio dei problemi bianconeri, anche se la Juventus vincerà ancora l’ottavo e il nono scudetto senza di lui. 


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a

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