Bernardeschi e il ritorno in Italia: “Bologna gruppo straordinario, società seria”
Così Federico Bernardeschi sul suo ritorno in Serie A: “L’arrivo a Bologna? Ho fatto scalo a Roma, che è la città più bella del mondo per me, mi dà proprio un’emozione dentro e spesso mi immedesimo negli stranieri che vengono in Italia e si vedono una roba del genere. Per la gente che arriva non è come bere un caffé… Poi, ho lasciato letteralmente la mia famiglia in aeroporto, mi hanno caricato su un pulmino e sono andato in ritiro, veramente veloce. Gruppo straordinario, fatto di ragazzi con valori importanti – ha aggiunto -. Diciamo che c’è una solidità dei più anziani che io ho trovato, che ha gestito bene soprattutto gli ultimi anni. È un qualcosa di veramente importante perché poi rispecchia i risultati in campo. Non è banale quando una squadra fa determinati risultati, perché significa che c’è una società seria sopra e funziona tutto per il meglio. Sono stato accolto benissimo sia dai compagni sia dalla città, colgo l’occasione per ringraziare i tifosi per l’accoglienza. L’incontro con Gianni Morandi? Mi ha dato il benvenuto, l’ho incontrato due giorni dopo che ero arrivato, eravamo a Valles in ritiro, ha fatto un concerto per noi della squadra e ho capito anche perché ha fatto quella carriera lì”.
Il passaggio dalla Fiorentina alla Juventus
Impossibile dimenticare il trasferimento di Bernardeschi dalla Fiorentina alla Juventus: “Proprio come bere un caffé… Diciamo che è stato pesante, perché non solo vai alla Juventus, ma è il numero 10 che va alla Juventus. Quindi, lo capisco. È molto facile insultare, fa parte del gioco. Avevo 23 anni, sono opportunità, che uno può decidere di cogliere o non cogliere, sono scelte. Io ho deciso di coglierla, la Fiorentina mi ha dato tanto e io non lo dimenticherò mai. A prescindere da questo tipo di scelta, ti prendi la responsabilità di una scelta che tu fai. Lo fai consapevolmente, sai che cosa può scatenare una scelta di questo genere. Se io fossi andato in un’altra società, probabilmente sarebbe successo il 30-40% di quello che è successo andando via, ma comunque sarebbe successo. Dispiaciuto per com’è andata? Dispiacere sì, perché io avrei voluto anche ringraziare, perché la Fiorentina mi ha portato fino a lì. Io a Firenze ho tanti amici, lasciare in quel modo dispiace, perché non hai nemmeno la possibilità di dire un grazie sincero, perché ormai sei visto come quello che ha fatto questa cosa qui. Io sarò sempre grato a Firenze e alla Fiorentina, perché è così. Dieci anni dopo lo posso dire, in quel momento non lo potevo dire, perché non valeva nemmeno niente per loro. Mi hanno fatto anche uno striscione, dove mi definivano coniglio o qualcosa di simile. Qualcosa di comprensibilmente pesante e lo accetti, facendoti le ossa e vai avanti. Fa parte anche questo del percorso di crescita”.
L’espediente del certificato medico per andare alla Juve
Un passaggio in bianconero che ha vissuto diverse tappe nell’estate 2017: “Sono stato il primo a lanciare la moda del certificato medico… Praticamente, non mi presentai in ritiro, perché la trattativa non si sbloccava e la Fiorentina faceva delle storie, anche se era bene o male fatta. Poi, si deve sempre dimostrare che è il giocatore che fa un certo tipo di scelta, ma non è così. Le società di calcio sono multinazionali, quindi fanno delle scelte in base al tornaconto economico. Nel mio caso era importante e si scarica un po’ la responsabilità sul giocatore. A un certo punto, loro volevano che io andassi in ritiro per tre giorni e poi va bene. Ma io lo so che se vengo in ritiro, mi uccidono… Perché devo farlo? Quando in realtà si può benissimo fare prima, perché questa è la verità. E lì scatta il certificato medico e poi va così. Alla fine si sblocca tutto e va, perché poi l’interesse è comune ed è una cosa per tutti e due. Se uno dei due non è d’accordo, non si fa. Siamo legati, non puoi obbligare qualcuno a farlo”.