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    Birindelli: “Alla Juve devi metterci la faccia. Quella volta con l’Avvocato…”

    «Mi diventa semplice rispondere perché fin da bambino tifavo Juventus, in camera avevo il post di Zoff, Gentile, Scirea, Cabrini, Tardelli, Platini, Boniek, Rossi… E da ragazzo che iniziava a tirare i primi calci, quella squadra era il punto di riferimento, un sogno. Se per un professionista essere un giocatore della Juventus era toccare il tetto del mondo per le figure carismatiche, come l’Avvocato, il dottor Umberto, la triade, Lippi, Ventrone, che ne facevano parte, immaginatevi le sensazioni di un giovane professionista tifoso: il mio sogno era diventato realtà. Ambientarmi non è stato difficile grazie ai compagni e a tutto lo staff tecnico e societario, dal presidente al magazziniere Romeo o al massaggiatore Giunta, mi hanno fatto sentire uno di loro come se fosse sempre stato lì».
    Qual è il ricordo più significativo della sua carriera per spiegare che cos’è la Juventus? 
    «Ricordo e racconto sempre un episodio per far capire il senso di appartenenza al club e quale fosse il rapporto che avevamo con l’Avvvocato. Eravamo in ritiro nell’hotel del Lingotto, dove c’erano anche gli uffici della Fiat che Giovanni Agnelli raggiungeva con l’elicottero: una mattina io, Van der Sar e Blanchard eravamo nella hall e ci dissero di non muoverci perché sarebbe arrivato l’Avvocato per un saluto. Parlò con me, poi si rivolge al portiere in inglese e a Blanchard in francese, a tutti dava sempre del lei e questo accresceva il senso di imbarazzo. Invece, ci mise subito a nostro agio, anche perché avevamo di fronte una persona competente che conosceva tutto di noi e che si era messo al nostro livello. In genere, in situazioni così ti chiedono come stai, se va tutto bene, invece a me disse “lei Birindelli è molto forte sulla fascia” e poi mi descrisse nei dettagli alcune fasi di una partita. Sapeva tutto ed era molto attento a tutto».
    Che cosa ha di differente la Juventus dalle altre società? 
    «Io ho giocato soltanto nella Juventus come top club, però sentendo i racconti di compagni che avevano giocato in altre squadre importanti, la differenza stava nel senso di appartenenza, nell’attaccamento alla maglia, nel dna che si respirava, nello spirito di squadra. In altre squadre si arrivava e si cercava di creare quel clima, alla Juve c’era già, un allenatore o un giocatore nuovo lo respiravi subito e veniva tramandato. In ogni momento della giornata di facevano capire la responsabilità di indossare quella maglia…».
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    Qual è il dirigente della Juventus che ne ha più incarnato lo spirito? 
    «Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi professionisti come Bettega, Giraudo e Moggi. Ognuno ha ricoperto il proprio ruolo con rispetto, passione e grande impegno: non ci facevano mancare nulla, erano sempre presenti per noi. Non si sono mai esaltati quando le cose andavano bene, né si sono tirati indietro nei momenti di difficoltà».
    Cosa non deve fare mai un giocatore, un dirigente e un allenatore della Juventus? 
    «Nascondersi, se hai la maglia della Juve devi avere la personalità di metterci sempre la faccia, nel bene e nel male».
    I tifosi della Juventus sono più difficili di altri tifosi in termini di aspettative e severità di giudizio? 
    «Sono viziati, nel senso buono del termine, perché sono abituati troppo bene a vincere. Secondo me, rispetto ad altri tifosi digeriscono meno bene la sconfitta e sono meno pazienti quando le cose non vanno bene, ma non si esaltano troppo nelle vittorie perché, come dicevo prima, sono abituati».
    Che cosa significa in termini di responsabilità avere la famiglia Agnelli alle spalle? 
    «Loro ti danno tutto, ma pretendono tutto: sei la persona più curata di questa terra, soddisfano qualsiasi tua esigenza, ma pretendono che tu porti in giro i valori della società. Il comportamento e lo stile è fondamentale, vogliono essere accerchiati da persona competenti, capaci, che rispecchino i loro valori: quando venni scelto mi dissero che oltre alle qualità calcistiche contavano anche le mie qualità umane e morali».
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    Che cosa pensa di questa stagione? 
    «Si torna al discorso di prima, in questa stagione Allegri ha dovuto fare troppo e ha perso di vista il suo lavoro principale, allenare la squadra. Ha perso tante energie nell’occuparsi di altre cose che non dipendevano da lui e che non avrebbe dovuto gestire lui. Il rispetto dei ruoli è fondamentale, quando si mescolano si crea una confusione generale. Poi ci sono stati i tanti infortuni, i giocatori chiave che non si sono visti per quasi tutto l’anno. Occorre fare tabula rasa e ripartire da zero, chiarendo però chi è il ds, l’allenatore e il responsabile dell’area tecnica». LEGGI TUTTO

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    Champions League, i premi della stagione 2022/2023: Bastoni e Dimarco nella squadra ideale

    L’Uefa ha ufficializzato i premi stagionali dell’edizione 2022/2023 della Champions League: il miglior giocatore è Rodri, decisivo per la vittoria del Manchester City con il suo gol in finale contro l’Inter. I nerazzurri però si consolano con la presenza dei due difensori Alessandro Bastoni e Federico Dimarco nella squadra dell’anno. Kvaratskhelia premiato miglior giovane, di Haaland il gol (dell’ex) più bello. Ecco tutti i premi LEGGI TUTTO

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    Da Shevchenko a Lukaku, la porta ‘maledetta’ delle due finali di Istanbul

    L’errore sottoporta di Romelu Lukaku al minuto 88 della finale tra Inter e Manchester City ha ricordato per dinamica ed esito quello di Andrij Shevchenko nel secondo tempo supplementare della finale di 18 anni fa tra Milan e Liverpool. Stesso stadio, l’Ataturk di Istanbul, persino stessa porta e quasi stessa parata dei portieri avversari, a metà tra il casuale e l’istintivo

    Ora c’è un’Istanbul da dimenticare anche nella memoria dei tifosi interisti. I cugini rossoneri ci erano passati già 18 anni fa, nella finale di Champions contro il Liverpool, quella della rimonta in sei minuti subita dal 3-0, dei balletti del portiere dei Reds Dudek durante i rigori di Shevchenko e compagni. Nella finale dell’11 giugno 2023 la beffa è invece toccata all’Inter contro il Manchester City, in quella che sarà ricordata come la finale del tiro di Rodri e dell’errore di Romelu Lukaku.

    Colpi di testa e parate di…istinto
    È il minuto 88 quando l’Inter riesce a creare una buona azione sulla sinistra e a liberare Gosens sull’esterno. Il cross del tedesco è leggermente lungo, ma l’ex Atalanta mostra il meglio di sé attaccando lo spazio in area. Così, sul contro-cross di Brozovic dall’altra parte, offre dal secondo palo una sponda perfetta al centro dell’area piccola per Romelu Lukaku. L’attaccante belga è solo in area, ma colpisce centralmente di testa e permette a Ederson di recuperare la posizione e respingere con la gamba sinistra. Qualcosa di simile era successo ad Andrij Shevchenko il 25 maggio 2005, durante il secondo tempo supplementare della finale contro il Liverpool. Così come l’Inter ha reagito bene al gol di Rodri, anche il Milan riuscì a scuotersi dopo la rimonta subita e a creare occasioni da gol. Compresa questa… 

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    Il cross di Serginho trovò l’attaccante ucraino in area: il suo colpo di testa, migliore di quello di Lukaku, risultò sempre centrale. Dudek fu reattivo nella prima respinta, mentre sulla seconda fu decisamente più fortunato. Shevchenko ribattè da due passi di destro a colpo sicuro, ma trovò la testa del portiere polacco, che si stava rialzando da terra. Forse sconvolto dall’azione, Shevchenko sbagliò poi il rigore decisivo, parato sempre da Dudek, presentandosi sul dischetto con uno sguardo quasi svuotato. La porta era sempre la stessa, “alla sinistra dei telespettatori”. In due finali all’Ataturk i sette gol segnati (compresi i rigori del 2005) sono stati realizzati solo dall’altra parte. Ci hanno pensato due interventi goffi, ma sicuramente efficaci, a mantenerla inviolata, almeno fino alla prossima finale. 

    ©Getty

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    Lukaku e un futuro da scrivere. Ma non è l’unico

    Dopo aver giocato la finale di Champions alla pari con il Manchester City e aver dimostrato di poter competere ai massimi livelli, l’Inter è pronta a programmare il futuro tra certezze e qualche dubbio. In panchina Inzaghi ha meritato la conferma grazie allo splendido percorso europeo e potrebbe presto rinnovare, mentre in attacco potrebbe cambiare molto: l’unico certo di restare è Lautaro. Da chiarire anche la questione portiere: ecco come ripartiranno i nerazzurri
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    La delusione è ancora tanta, ma l’orgoglio è massimo: dopo aver giocato una finale di Champions League alla pari con il Manchester City, per l’Inter è già tempo di pensare al futuro
    I nerazzurri hanno dimostrato di poter essere competitivi ai massimi livelli e dalle parti di via della Liberazione si sta già pensando a programmare la prossima stagione
    Ecco come ripartirà l’Inter, considerando la situazione di alcuni tra i suoi elementi più importanti

    SIMONE INZAGHI RESTA AL COMANDO

    Idee chiare a partire dall’allenatore. Dopo i dubbi dei mesi scorsi, emersi soprattutto nel periodo complicato in campionato a metà stagione, adesso la certezza è che Simone Inzaghi resterà alla guida dell’Inter
    Dopo aver portato la squadra a un passo dal sogno Champions, l’allenatore, attualmente in scadenza nel 2024, dovrebbe rinnovare fino al 2025 con un piccolo ritocco

    I DUBBI IN ATTACCO: LAUTARO UNICO INTOCCABILE

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    In questo momento, salvo super offerte, l’unico certo di restare è Lautaro Martinez, capocannoniere stagionale e centralissimo nel progetto nerazzurro

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    Adriano fa festa fino all’alba: perso volo per Istanbul, niente finale di Champions

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    Due coppe, una finale di Champions giocata alla pari col Manchester City e persa con orgoglio: la stagione dell’Inter, nonostante il ko di Istanbul, è da applausi. Come quelli che ha regalato alla squadra di Inzaghi il popolo nerazzurro. Questi voti e giudizi da parte di Stefano De Grandis
    LO SPECIALE SULLA FINALE DI CHAMPIONS

    INZAGHI  7,5 – TRA IL SOGNO E DUE REALTA’

    Il neo del campionato perso male, con 12 sconfitte inaspettate, e punteggio da quarto posto, alla fine è stato coperto bene. Due coppe vinte e lo straordinario cammino in Champions League hanno fatto da fondo tinta. E il trucco ha restituito a Simone l’immagine migliore. Le partite secche le prepara a meraviglia. E tiene sulla corda fino alla fine anche il City del treble

    ONANA  8 – LA TIMIDEZZA E’ ALTROVE

    All’inizio soprattutto fisico ed esuberanza. Con cui ha scavalcato Handanovic e ha rovesciato una serie di  iniziative su una difesa ancora conservativa. Subito bene con i piedi, come punto di riferimento per l’avvio di azione, poi sempre più sicuro anche tra i pali. Non solo nelle chiusure disperate, ma anche nella gestione ordinaria 

    DARMIAN  7,5 – COME IL PREZZEMOLO, NON GUASTA MAI

    Parte come alternativa per spingere sulla fascia, a destra ma pure a sinistra, generoso e tenace e con qualche gol nelle scarpe. Ma quando si fa male Skriniar, autore di un avvio deludente e col contratto in scadenza, si ritaglia un nuovo ruolo da titolare. E non sfIgura nemmeno come braccetto dei tre. Puntuale in marcatura, bravissimo ad allargarsi quando bisogna far ripartire il gioco LEGGI TUTTO

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    Inter, squadra rientrata a Malpensa alle 5.30: applausi per i giocatori

    L’Inter, dopo il ko in finale di Champions League contro il Manchester City, ha già fatto rientro in Italia. Il volo privato con a bordo squadra, staff e dirigenza è atterrato all’aeroporto di Milano Malpensa intorno alle 5.30 di oggi, domenica mattina. Ad attendere la squadra, c’era un piccolo gruppo di tifosi: hanno acclamato i giocatori, protagonisti comunque di un’ottima prestazione. L’amministratore delegato Beppe Marotta li ha ringraziati, accompagnato tra gli altri da Alessandro Antonello e Piero Ausilio. Poi i nerazzurri hanno lasciato l’aeroporto: c’è chi ha scelto il taxi (come Onana, Dumfries, Carboni e Lautaro) e chi, come il presidente Steven Zhang, lo ha fatto alla guida di un’auto. La maggior parte del gruppo, però, è tornato in città con il pullman nerazzurro. Oggi è già tempo di voltare pagina. LEGGI TUTTO