consigliato per te

  • in

    Chiesa azzoppato da Alex Sandro: ancora fuori dal gruppo, dubbio per Napoli

    Mancano pochi giorni alla sfida contro il Napoli e Chiesa resta ancora in dubbio. Ieri, 28 febbraio, l’attaccante della Juventus è rimasto a terra dolorante dopo uno scontro con Alex Sandro e ha interrotto la seduta di allenamento su consiglio di Allegri, dopo qualche prova. Ora le condizioni non sono migliorate, sente ancora dolore e non è riuscito a lavorare con il resto della squadra. Un momento sfortunato per il bianconero che non riesce a trovare continuità.
    Chiesa-Alex Sandro: cosa è successo
    Durante la classica partitella a ranghi ridotti, davanti anche a 400 tifosi, Chiesa in un’azione di conduzione ha provato a saltare Alex Sandro e ha rimediato una botta alla caviglia, a causa dell’intervento in ritardo del brasiliano. Gli è stato applicato del ghiaccio spray dai medici e poi ha riprovato a rientrare in campo con il resto del gruppo, senza però riuscirci. Dopo circa 24 ore la situazione non è migliorata e la sua convocazione per la sfida contro il Napoli al Maradona è in bilico. Un altro problema che si va ad aggiungere ai precedenti al ginocchio, che gli hanno fatto saltare le partite con Salernitana, Lecce ed Empoli. Un periodo decisamente negativo per il giocatore della Juventus, con il gol che manca da sei partite e una forma fisica che non ingrana.   LEGGI TUTTO

  • in

    Allegri e Alex Sandro, la coppia Juve da record: a Napoli un nuovo primato?

    La prossima sfida della Juventus in Serie A, in programma al Maradona contro il Napoli, potrebbe essere storica per Alex Sandro. Se il brasiliano dovesse scendere in campo aggiungerà infatti un altro record alla sua carriera con la maglia bianconera.
    Alex Sandro fedelissimo di Allegri: pronto l’aggancio a Bonucci
    Il brasiliano è attualmente a quota 246 presenze sotto la guida di Massimialiano Allegri in tutte le competizioni. Il primato di questa speciale classifica appartiene a Leonardo Bonucci, fermo a 247. Con tutta probabilità Alex Sandro aggancerà l’ex capitano della Juve già contro il Napoli, per poi superarlo definitivamente nel finale di stagione. Numeri, che testimoniano ancora una volta il legame tra il difensore e il tecnico toscano, e fanno sì che il brasiliano risulti il calciatore più utilizzato da Max durante la sua carriera da allenatore.
    Alex Sandro a caccia di record
    Oltre al record di Bonucci, Alex Sandro è vicino a un altro primato storico. Il brasiliano è infatti a quota 321 presenze con la maglia della Juve, a sole sei partite da Pavel Nedved. Nel caso in cui riuscisse a superare anche l’ex Pallone d’Oro, diventerebbe il calciatore straniero con più presenze nella storia della Juventus. LEGGI TUTTO

  • in

    CalVARese, Colombo con l’aiutino in Inter-Atalanta: persi due episodi chiave

    Dodicesima gara stagionale per Andrea Colombo e terzo big match dopo Napoli-Lazio e Roma-Napoli. L’arbitro di Como, che ha ottenuto la qualifica di internazionale pur avendo alle spalle solo due stagioni intere di Serie A, porta a casa un match complicato come quello di San Siro. Colombo chiude con venticinque falli fischiati. Corrette tutte e sette le ammonizioni. Giusto annullare il gol di De Ketelaere per un fallo di mano punibile di Miranchuk nell’App (Attacking Possession Phase). Il braccio del russo va incontro al pallone ed è all’altezza delle spalle: fa bene il Var Di Paolo a chiamare l’On Field Review.
    Il rigore dell’Inter
    Nulla c’entra l’immediatezza, che si dovrebbe valutare solo su un tocco di mano (quindi involontario) del marcatore. Anche sul rigore per l’Inter è corretto l’intervento del Var: Hateboer intercetta il pallone col braccio in opposizione al cross di Dumfries. Sbaglia l’assistente ad alzare la bandierina: da quando esiste la tecnologia bisognerebbe aspettare la fine dell’azione; sia per far intervenire eventualmente il Var, sia per non influenzare i calciatori. Bravo dunque Colombo ad aspettare, come da prassi, la fine dell’azione. Ma a sporcare la sua prestazione c’è il fatto di non aver letto dal campo i due episodi più significativi della partita. LEGGI TUTTO

  • in

    Lazio nella bufera: è rottura tra Sarri e Lotito

    Di questi tempi, meglio non incrociarsi. Tacito accordo tra Maurizio Sarri e Claudio Lotito, ma a Formello non si può certo ignorare il grande gelo calato tra i due condottieri della Lazio. È presto per dire se il rapporto sia arrivato definitivamente al capolinea, Fabiani prova a fare da paciere e allo stesso tempo da pompiere su un fuoco tornato a divampare a grandi altezze.
    Guerra e pace in casa Lazio
    Il ds è l’unica figura diplomatica e ottimista che ancora resiste di fronte alle ceneri di un obiettivo quarto posto che sembra spegnersi gradualmente. Ma un ottavo di finale di Champions League da giocare con un minimo vantaggio nel risultato, più una semifinale di Coppa Italia in programma ad aprile contro la Juventus, provano a consolare i pessimisti.
    Attenzione però a rimanere a lungo in mezzo a due fuochi così incandescenti: tecnico e patron si evitano, ma non se le mandano di certo a dire. Tempi di guerra alternati a lunghi momenti di pace, un classico di casa Lazio, però uscite pubbliche così nette difficilmente si erano viste. La sconfitta di Firenze ha fatto detonare il malumore, generato da punti di vista completamente opposti con al centro il mercato estivo. I due restano chiusi nel loro scontento che, molto probabilmente, li spingerà verso l’addio a giugno: ci sono guasti tecnici legati ai limiti di rosa e alle croniche amnesie.
    “La società è stata chiara sul mercato”
    Sarri ha tolto il velo nel post-gara di Firenze, inchiodando ogni componente della piramide alle proprie colpe: “Ognuno si prenda le sue responsabilità. La società a luglio è stata chiara su chi faceva il mercato. Non so se abbiamo la struttura materiale e mentale per fare tre-quattro competizioni”, è stata l’ammissione del tecnico che ha mandato su tutte le furie Lotito.
    Il presidente dei “100 milioni spesi”, cifra più volte sbandierata dal patron per rivendicare uno sforzo che, da quando è alla Lazio, non s’era mai visto per alcun allenatore. Secondo Lotito la squadra è più competitiva rispetto a quella che neanche un anno fa chiuse seconda in classifica, è inaccettabile vederla ottava oggi, dopo gli enormi sforzi economici.
    E invece si prosegue con un’instabilità mentale preoccupante, alcuni dei nuovi acquisti su cui il patron puntava fortemente si vedono col contagocce (Castellanos), altri sono spariti completamente dai radar (Kamada). Il cortocircuito è che Sarri – per mantenere aperto un ciclo che già considerava ampiamente chiuso – aveva richiesto elementi pronti per il campionato italiano, garanzia assoluta per stabilizzarsi su un livello alto e sempre competitivo.
    Sarri-Lazio: finale già scritto?
    Invece questa Lazio sembra essere scoppiata sul più bello, brillante solo nelle vetrine della Champions, pigra e monotona nelle serate qualsiasi del campionato. Lotito e Sarri non potranno evitarsi per sempre, anche perché Milan e Bayern Monaco potrebbero peggiorare la salute di un matrimonio che vede qualcosa in più delle semplici titubanze. Intanto il gelo imperversa e rischia di incancrenire le prospettive di una stagione che a Roma, come spesso accade, sembra essersi già conclusa a marzo. Ad alcuni non serve neanche attenderne il finale. LEGGI TUTTO

  • in

    “Un Milan con Xavi e Pogba”, l’incredibile retroscena di Gandini

    In un’intervista rilasciata a Radio TV Serie A con RDS, il presidente della Lega Basket di Serie A Umberto Gandini ha raccontato un retroscena che avrebbe potuto cambiare la storia recente del calcio quando vestiva i panni da dirigente: “A 19 anni Xavi era del Milan, ma la madre fece saltare tutto”. Non solo la leggenda spagnola, ora allenatore del Barcellona, l’ex rossonero ha rivelato anche un clamoroso anedotto di mercato su Pogba, poi andato alla Juventus.
    “Pogba? Offerto, ma Galliani non voleva spendere per un giovane”
    Gandini ha raccontato una trattativa con protagonista un giovanissimo Pogba, poi diventato una stella della Juventus. E tutto sarebbe potuto cambiare: “Ci fu offerto, ma Galliani disse no perché non voleva spendere così tanto per un giovane“. E con il senno di poi forse il condor avrebbe cambiato idea. Dal passato al presente, l’ex dirigente del Milan e della Roma si è espresso anche sull’attuale tecnico dei rossoneri Stefano Pioli: “È un eccellente professionista, tuttavia ha un ruolo non semplice. Non è facile interloquire con una società che non ha i fondamentali di gestione di una squadra. Il mio giocatore preferito? Kakà, per quello che ha rappresentato, per come è cresciuto e per come è arrivato alla vittoria del Pallone d’oro”. L’intervista completa andrà in onda nella giornata di giovedì 29 febbraio. LEGGI TUTTO

  • in

    “Inzaghi è il migliore allenatore della Serie A. Sì, ora è da Premier”

    Nando Orsi, oggi apprezzato opinionista di Sky, nel biennio ’02-04 era il vice di Roberto Mancini alla Lazio. Una squadra, quella biancoceleste, che vinse una Coppa Italia (nel ’03-04) e nella quale giocava Simone Inzaghi autore in quelle due stagioni di 19 reti: «Simone come suo fratello Pippo aveva una grande curiosità per il lavoro quotidiano e soprattutto conosceva tutti i calciatori, gli allenatori e le squadre. Ma non si fermava ai nomi, Simone aveva un’enorme sete di conoscenza, sapeva il modo di giocare di ogni calciatore e le tattiche delle varie squadre. Il suo essere giocatore non si fermava all’allenamento, andava oltre, si informava e questa dote se l’è portata dietro negli anni e l’ha aiutato a diventare allenatore. Poi ha avuto anche fortuna, perché era al posto giusto al momento giusto quando Bielsa ha fatto retromarcia non andando ad allenare la Lazio, ma Inzaghi è stato bravo a cogliere l’opportunità».
    Orsi, stasera Inzaghi contro l’Atalanta si gioca una fetta di scudetto? «Sì, è un match point, anche se penso che l’Inter, a differenza delle scorse stagioni quando lasciava punti per strada, oggi sia più centrata, assolutamente focalizzata sullo scudetto, il vero obiettivo della società e di Inzaghi. Se dovesse battere l’Atalanta, diventerebbe però davvero difficile pensare a un’Inter che sprechi un vantaggio di dodici punti e alla Juventus che ne recuperi contemporaneamente altrettanti. La stagione dei nerazzurri non mi sorprende a differenza per esempio quella negativa del Napoli, però non mi aspettavo questo dominio, questo impatto devastante, l’autorità con cui l’Inter, anche cambiando gli interpreti, si impone sugli avversari, e questo è un altro merito di Inzaghi. In questo momento sembra imbattibile».
    Lo scudetto è la classica ciliegina che manca a Inzaghi per chiudere un cerchio? «È una spilla da appuntarsi al petto, ma deve essere la prima, non la tappa finale. Lo scudetto deve essere una sorta di inizio di un nuovo percorso. Inzaghi ha grandi qualità e capacità. È un allenatore che sa trovare le soluzioni, sa dare motivazioni, dentro lo spogliatoio si fa sentire, tenendo tutti i giocatori sulla corda. Inzaghi, dal mio punto di vista, oggi è il miglior allenatore della Serie A, per il modo in cui l’Inter sta facendo la differenza di partita in partita».
    È già accostabile ad Allegri, Conte o Spalletti? «Non ancora, il percorso è in divenire, è ancora in crescita e sarebbe ingeneroso nei confronti degli allenatori citati perché c’è una carriera differente alle spalle. Detto ciò, personalmente, credo che un tecnico si possa definire “grande” anche senza trofei. Capisco come il vincere e il non vincere sia un aspetto che definisca una carriera, ma si può essere ottimi allenatori valorizzando cento giocatori o dando un’identità precisa di gioco. Penso a Nicola, non avrà chissà quale palmarès, ma è un tecnico che cambia volto alle proprie squadre».
    A proposito di identità: il gioco dell’Inter in tre anni è cresciuto tantissimo… «Assolutamente e questo dimostra la credibilità del suo allenatore. Tutti pensano che il 3-5-2 sia un sistema difensivo, Inzaghi invece lo ha trasformato in uno offensivo. L’Inter sa interpretare le gare in vari modi ed è sempre incisiva, sia che schiacci gli avversari nella propria trequarti con una riaggressione immediata, sia che si chiuda e riparta, sia che allarghi di continuo sulle fasce. I giocatori bravi li hanno in tanti, ma il gioco dell’Inter dimostra come ci sia un lavoro profondo ad Appiano Gentile».
    È normale quindi che Inzaghi sia corteggiato anche da diversi top club fuori dall’Italia? «Sì, il suo modo di giocare è europeo e lo vedrei bene in Premier perché è un campionato che si sposa col suo modo aggressivo e dinamico di interpretare il calcio. Inzaghi, però, allena una squadra che è fra le prime tre-quattro in Europa e penso si trovi molto bene all’Inter. Anzi, il percorso fatto in Champions la scorsa stagione è servito a dare convinzione a tutti e credo che il prossimo obiettivo, dopo lo scudetto, sia proprio quello di riportare a Milano la Champions». LEGGI TUTTO

  • in

    Alta fedeltà, la classifica: chi ha scelto la Juve a vita e chi l’ha rifiutata

    18. Darren Anderton

    Darren Anderton ha trascorso 12 anni al Tottenham dopo aver lasciato il Portsmouth nel 1992 e, sebbene il centrocampista abbia sofferto di infortuni, è ricordato con affetto dai tifosi degli Spurs. Anderton era ricercato dal Manchester United nel 1995 e rivelò che il presidente degli Spurs Sir Alan Sugar lo rinchiuse nella sua villa finché non firmò un nuovo accordo.

    17. Erling Haaland

    Erling Haaland era ricercato da molte delle migliori squadre europee quando lasciò il Red Bull Salisburgo e il Manchester United sembrava essere in prima fila per il talentuoso norvegese. L’allenatore Ole-Gunnar Solskjaer aveva allenato Haaland al Molde in Norvegia e quel rapporto sembrava essere fondamentale, ma il prolifico attaccante si è invece trasferito al Borussia Dortmund.

    16. Philipp Lahm

    Phillip Lahm ha lavorato con Pep Guardiola al Bayern Monaco ed è stato spesso elogiato dall’allenatore catalano, che avrebbe voluto ingaggiarlo per il Barcellona. All’epoca il Barça era la migliore squadra d’Europa e gli amici di Lahm lo esortarono a trasferirsi, ma lui era felice al Bayern Monaco e alla fine rimase, vincendo un triplete e poi lavorando anche con Pep.

    15. Antonio Di Natale

    Antonio Di Natale ha iniziato la sua carriera all’Empoli ma ha trascorso 12 anni all’Udinese tra il 2004 e il 2016. Uno dei migliori attaccanti d’Italia in quel periodo, Di Natale era voluto sia dalla Roma che dalla Juventus durante la sua permanenza in Friuli. In seguito ha detto che il suo unico rammarico è stato non aver fatto parte della squadra italiana ai Mondiali del 2006.

    14. Roy Keane

    Roy Keane sarà sempre associato al Manchester United dopo aver trascorso 12 anni all’Old Trafford tra il 1993 e il 2005, ma l’ex centrocampista della Repubblica d’Irlanda era vicino al passaggio al Real Madrid verso la fine della sua carriera. Nella sua autobiografia ha spiegato di essersi poi pentito di non essersi trasferito in Spagna.

    13. Gianluigi Buffon

    Gianluigi Buffon ha trascorso 17 stagioni alla Juventus tra il 2001 e il 2018, per poi tornare per un secondo periodo nel 2019. Prima di chiudere al Parma, il suo primo club, nel 2021, l’unico trasferimento all’estero della leggenda italiana è stato al Psg nel 2018/19. Eppure il portiere era vicino al passaggio al Barcellona nel 2001, decidendo infine di firmare per la Juve. Anche il Real Madrid era interessato nel 2005, ma si sono svolte solo trattative preliminari.

    12. Jamie Vardy

    Dopo il trionfo del Leicester City in Premier League nel 2015/16, l’Arsenal ha attivato la clausola rescissoria da 20 milioni di sterline nel contratto di Jamie Vardy. L’attaccante è stato tentato dal passaggio ai Gunners, ma alla fine ha deciso di rimanere fedele ai Foxes, anche quando giocatori del calibro di N’Golo Kante e Riyad Mahrez hanno lasciato il club.

    11. Xavi

    Xavi è una leggenda del Barcellona, ma l’ex centrocampista ha ammesso di aver pensato di lasciare molte volte nei suoi primi anni a causa della pressione di dover essere all’altezza dell’ex compagno di squadra Pep Guardiola. Nel 2008 era sul punto di lasciare per il Bayern Monaco, ma alla fine è rimasto a causa di Guardiola. Xavi ha anche rivelato che il fratello di Sir Alex Ferguson si era messo in contatto per un possibile trasferimento al Manchester United. LEGGI TUTTO

  • in

    Guardiola, l’Inter e la Champions League: “Non credeteci, noi lo dicevamo…”

    Guardiola, le parole sull’Inter

    Il tecnico dei Citizens ha affermato: “Guardate la qualità dei nostri avversari qui e in Europa, guardate l’Inter adesso, sta letteralmente volando in Italia, e la scorsa stagione si diceva: ‘Ah l’Inter in finale di Champions League…’. Noi sapevamo che sarebbe stata dura e guardate adesso: vinceranno il campionato italiano se va tutto bene e segnano tre o quattro gol a partita. In Champions League hanno battuto un avversario duro all’andata, incredibilmente forte come l’Atletico Madrid. Non credete a chi dice, ogni settembre, che il City vincerà tutto con facilità. Gli avversari sono durissimi”.  LEGGI TUTTO