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    Mourinho il predestinato e Sarri l'integralista: la storia di un'inimicizia

    Caratteri agli opposti, metodi di lavoro differenti, rapporti con la squadra e con la stampa ancora più diversi: Mau e Mou sono gli esempi di due diverse visioni del calcioCosì uguali anche no, così diversi, eccome. Modelli umani contrapposti, che raccontano due diverse visioni del mondo-calcio e travalicano il mito che hanno costruito e gli viene attribuito. Maurizio Sarri, José Mourinho. Il Maestro di calcio, il Vincente. Mau e Mou. Uno traccia un solco: chi mi ama mi segua. L’altro indica un traguardo: io vi amo, quindi seguitemi. Si piacciono? No. Non si prendono, a pelle, proprio. Troppo lontani. LEGGI TUTTO

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    Torino-Napoli, 17/11/1975: il giorno in cui i granata cominciarono una cavalcata tricolore da sogno

    Al Comunale la squadra azzurra capolista di Vinicio viene battuta per 3-1. Fu lì che i ragazzi di Radice iniziarono la cavalcata che portò allo scudetto vinto all’ultima giornata, dopo un meraviglioso testa a testa con la Juve Tutte le grandi imprese nascono nel momento in cui si arriva ad avere piena consapevolezza dei propri mezzi e, soprattutto, l’umiltà di ammettere i propri errori. Al Torino di Radice, stagione 1975-76, quella chiusa con un punto di vantaggio sulla Juventus e lo scudetto cucito sul petto, la percezione della propria forza e, contestualmente, il coraggio per andare oltre i propri limiti venne in una domenica d’autunno: il 16 novembre 1975, per la precisione. Stadio Comunale di Torino, avversario il Napoli di Luis Vinicio che stava tre punti sopra in classifica dopo sole cinque giornate di campionato. Troppo presto per parlare di partita decisiva, ci mancherebbe altro, ma definirla sfida-verità non era sbagliato. Per i granata, in particolare. LEGGI TUTTO

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    Sogni da 10: Napoli, è stata la mano di Dio…

    Guardando il tabellone uscito fuori dai sorteggi per i quarti e le semifinali di Champions League è evidente che c’è stata una carezza in un pugno. E la carezza era quella di Diego Maradona… È evidente che c’è un prima e c’è un dopo. Prima diversi gol di mano, alcuni annullati, altri no, uno catalogato come arte contemporanea, qualcuno visto, qualcuno no, segnati in ordine sparso in partite ufficiali e amichevoli, e poi ci sono gli altri, dopo, fuori dal campo. In assenza. La Mano de Dios poesse gol e poesse cortocircuito. Guardando il tabellone uscito fuori dai sorteggi per i quarti e le semifinali di Champions League è evidente che c’è stata una carezza in un pugno. E la carezza era quella di Diego Maradona, tutti l’hanno pensato davanti agli schermi, anche se i pugni che pescavano erano quelli di Hamit Altintop e di Patrick Kluivert. Anzi, di più, c’è stato un giudizio universale. Da una parte tutte le aristocratiche, le habitué, con un monte ingaggi pazzesco (Manchester City, Bayern Monaco, Real Madrid e Chelsea), e dall’altra quelle che guardano i bilanci, e devono anche arrangiarsi, almeno negli ultimi anni (Napoli, Milan, Inter e Benfica). Inattese ai quarti. E il giudizio universale e le beffe maradoniane – se non era magico lui, chi? – sono proseguite: perché la parte alta vede le morigerate economicamente, e quella bassa le smargiasse. Potenti e meno potenti. Poi c’è il gioco, e c’è il Napoli, il vero favorito (dopo il Manchester City, anche per i bookmaker) stando all’oggi, stando alla stagione, e ai suoi calciatori, tre barbari che tutti vorrebbero avere – Osimhen, Kvaratskhelia, Kim – e che forse avranno nei prossimi anni le squadre smargiasse, ma ora sono attori del sogno napoletano innestato dalla mano di Maradona lungo un boulevard con vista Istanbul. LEGGI TUTTO