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    Dalle critiche al riscatto a suon di gol: Dzeko, Jovic e un futuro da scrivere

    A 37 anni, Edin deve decidere se rimanere all’Inter. Il serbo invece ha appena cominciato a prendersi la FiorentinaLa Lazio aspetta Immobile, poi deciderà se prendere un vice a gennaio. Il Napoli si gode l’alternanza e l’abbondanza in nome della qualità, Simeone fa doppietta in Champions e magari non entra in campionato, un lusso autentico per Spalletti. Il Milan riavrà Ibrahimovic a gennaio, non c’è mercato che tenga adesso per il reparto offensivo se non il desiderio di individuare un grande talento per la prossima estate. LEGGI TUTTO

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    Torino, Milano, Trieste: l’itinerario della partita del cuore di Pobega

    Domani Tommaso affronta la squadra e l’allenatore che lo hanno lanciato: sentimenti, storie e progetti di un calciatore tutt’altro che banale“Ma oltre a ciò che vediamo tutti allo stadio, che cosa si può dire di Tommaso fuori dal campo?”: la domanda, a chiunque viene posta, cade puntualmente nel vuoto. O meglio: si mette inesorabilmente in fila una sfilza di “bravo ragazzo”, “grande persona senza grilli per la testa”, “il ritratto della normalità”. Chi cerca aneddoti forti o copertine esagerate, può serenamente saltare il campanello di casa Pobega. Che poi, occorre capire che cosa significa normalità. Quali criteri assegnarle. E un calciatore professionista che a dicembre si laureerà in Economia aziendale – con una tesi in cui c’è di mezzo anche il suo Milan – di certo così normale non è. LEGGI TUTTO

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    Germano, la contessina e i gol: storia di un amore proibito a Milano

    Nel 1962 il Milan acquista il suo primo giocatore nero. Rocco assicura: “È un campione”. Prima di campionato: due gol. Poi si ferma. Che succede? Un maneggio, un fidanzamento, aerei, processi, colpi di scena… Sessant’anni fa, 1962. Il Milan è campione d’Italia in carica. Maglie a piccole strisce rossonere, uno scudettone sul petto. Si parla molto di Bruno Mora, arrivato dalla Juventus in cambio di Sandro Salvadore, e di José João Altafini, che a San Siro, in Coppa Campioni, segna cinque gol all’Us Luxembourg. Una spettacolare partenza, come da pronostici. Poi, improvvisamente, tutta l’attenzione si concentra sul nuovo brasiliano José Germano de Sales. LEGGI TUTTO

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    Centrocampo, che crescita! È un'Inter sempre più “inzaghiana”

    Oltre un terzo delle reti è stato firmato da registi e mezzali, mentre nella scorsa stagione il dato era fermo al 17%: Barella è in una forma strepitosa, ma è tutto il reparto che sta trascinando i nerazzurriNon c’è Milinkovic e neppure Luis Alberto. Ci sono i gol, spesso pesanti, timbrati dai centrocampisti a suon di inserimenti. L’Inter di Simone Inzaghi diventa sempre più “inzaghiana”. Il tecnico si gode le reti di mezzali e registi, proprio come ai tempi in cui allenava la Lazio. LEGGI TUTTO

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    Gyasi: “Mi manca il gol. Sogno il Mondiale e la salvezza dello Spezia”

    L’attaccante insegue un posto nel Ghana in Qatar: “La sfida a Italiano? Mi ha aiutato tanto, ma voglio segnare”Manu che giocava scalzo dopo la messa sui campi in terra di Accra è diventato Big Papa, che è arrivato a essere il capitano dello Spezia. “Big Papa è il soprannome che mi ha dato il mio migliore amico, Ivan, che io chiamo Capo. Ormai mi chiama così anche mio papà”. Lui è Emmanuel Gyasi, nato in Italia, cresciuto in Ghana, da cinque anni allo Spezia. Che da capitano parla del complicato momento della sua squadra e della voglia di uscirne tutti uniti. LEGGI TUTTO

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    Il metodo Abate e i suoi modelli: da Ibra a Gattuso, così tira su i giovani rossoneri

    Al secondo anno di allenatore, l’ex terzino rossonero è primo nel girone di Youth League e sta valorizzando ragazzi che Pioli valuta per il futuro. Ecco come fa Il metodo Gattuso l’ha reso più forte. Vent’anni fa Ignazio Abate si affacciava per la prima volta nel Milan dei big come un ragazzino timido. Incrociava i campioni nello spogliatoio e chiedeva permesso, usava il lei, se ne stava in disparte, prima di finire sotto l’ala protettiva del bonario Rino. “Quando Ignazio era ragazzino lo battezzavo a suon di sveglie”. Schiaffoni. LEGGI TUTTO

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    Pereyra: “Io, i limoni e un’Udinese da Europa. Con la testa che ho ora, sarei ancora alla Juve”

    El Tucumano, capitano dei friulani, si racconta a Sportweek: “A Torino qualche cazzata, ma andavo fortissimo. La Premier? Bella solo se giochi al vertice. A fine anno mi scade il contratto: se i Pozzo vogliono ci sediamo e…” Sorride, e nel farlo alza il sipario su quattro pietruzze trasparenti incastonate tra gli incisivi. Ma ti sei messo i brillantini sui denti? (ride) “Ho fatto ’sta pagliacciata… All’inizio erano soltanto due, poi ho pensato che fossero pochi e ho aggiunto un’altra coppia. Così sono più figo. Me li ha applicati il dentista, ma posso toglierli quando voglio”. E quel pendaglio luccicante che ti penzola da un orecchio? “Ah, no, quello è Swarovski”. Chi ha detto che Roberto “El Tucu” Pereyra, ex Juve e oggi capitano, oltre che leader tecnico insieme a Deulofeu, dell’Udinese rivelazione, sia introverso ai limiti della scontrosità? LEGGI TUTTO