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    Toro, se Kalinic va via Zaza porta Gunter

    TORINO – In casa granata qualcosa si sta muovendo soprattutto grazie ai Campionati europei. Perché in queste ultime ore Linetty, considerando anche il buon debutto con la Polonia (ieri sera contro la Spagna non era invece tra i titolari), è entrato nel mirino di un paio di club del campionato tedesco: Mainz e Friburgo, tramite intermediari, hanno infatti chiesto al Torino la sua valutazione. (…) Il giocatore, si sa, non rientra nei piani di Juric e di conseguenza il Toro lo ha messo sul mercato dopo soltanto una stagione in cui il Nazionale polacco ha deluso. Intanto il Verona pensa sempre a Zaza. Però – ha fatto sapere al giocatore e al Toro – deve prima risolvere il problema Kalinic, che ha ancora un anno di contratto a 1,5 milioni di euro a stagione, più o meno la stessa cifra che Zaza percepisce in granata. 
    Operazione Zaza-Gunter
    Se i dirigenti veneti troveranno una collocazione per il croato, poi punteranno decisi proprio sul granata che Di Francesco considera ideale (come centrale) per il suo tridente, come ai tempi comuni al Sassuolo. Chiaro che a questo punto si rafforzerebbero le speranze granata di arrivare subito a Gunter, il difensore centrale tanto caro a Juric. È vero che il Verona per il suo giocatore chiede solo soldi, ma nel caso dovesse avere la possibilità di prendere Zaza, le due operazioni potrebbero incastrarsi con uno scambio di cartellini e un conguaglio significativo a favore del club granata. Altrimenti Vagnati dovrà imbastire una trattativa completamente diversa per arrivare al difensore. (…)
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    Torino, Juric-Belotti: contatto! Spunta la telefonata

    TORINO – Dicono (gli uni) che Belotti alla fine resterà al Toro. Un po’ obtorto collo, ma resterà. Dicono (gli altri) che alla fine Cairo venderà Belotti: sacramentando sull’esiguità della cifra, ma lo venderà, perché un tozzo di pane è sempre meglio che una tazza di pene. E poi, suvvia, nel caso stiamo alludendo come minimo a una quindicina di milioni più altri 5 di bonus, se non a una ventina abbondanti più premi. Per chi nel 2015 versò al Palermo 7 milioni e mezzo per acquistarlo sarebbe comunque una plusvalenza allo stato puro: perché gli ammortamenti di quell’investimento di 6 anni fa sono già stati ampiamente registrati a bilancio. Insomma: tutta manna, anche se Cairo si troverebbe di sicuro incastrato in un personalissimo contrappasso dantesco, rimpiangendo la grana che avrebbe potuto incamerare nel 2017, quando era arrivato a un passo dall’accordo con l’Atletico Madrid (70 milioni, più un paio di giovani giocatori spagnoli a scelta).

    Vendere Belotti per incassare qualcosa e non perderlo a parametro zero?

    Dunque è già sicuro? Cairo dopo gli Europei venderà il Gallo pur di incassare qualcosa, visto che il capitano del Torino non ha mai voluto sedersi al tavolo per trattare un prolungamento oltre la scadenza contrattuale del giugno 2022? Aperta parentesi: ma quanto davvero concreti e adeguati sono stati i tentativi compiuti dal presidente e da Vagnati? Chiusa parentesi.

    La Roma ha offerto 15 milioni di euro per Belotti

    Ma no, non è affatto sicuro che Cairo venda Belotti tra luglio e agosto dopo estenuanti tiraemolla con la Roma (o con il Milan: che potrebbe non fermarsi a Giroud o a chi volete voi, date le condizioni fisiche sempre più a rischio di Ibrahimovic). I giallorossi (con Mourinho al comando, che già aveva contattato il Gallo per il Tottenham) si sono fatti avanti attraverso intermediari: 15 milioni più 3 di bonus. Cairo ha giudicato l’offerta irricevibile, una provocazione: e fa circolare una richiesta di 30. La Roma spera che dopo gli Europei il Gallo sferri pressioni speciali per andarsene, la qual cosa si trasformerebbe anche in un’ottima “scusa” per Cairo. Ma abbiamo qualche dubbio su un Belotti pronto a scatenare guerre puniche proprio contro un mondo granata a cui si è sicuramente legato in questi anni, visto che dal prossimo febbraio potrà “vendersi” da solo, da svincolando: incamerando lui (e non il Torino) un premio extra di ingresso per la firma, in aggiunta a stipendi pluriennali tra 4 e 5 milioni netti a stagione, come minimo.

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    Juric chiede un Fila da Toro! Dalle vele rotte alla sala mensa: Cairo, ti decidi?

    TORINO – La strettoia della gloria, ma anche la serratura che protegge il portafoglio di Cairo.

    Sopralluogo di Juric al Fila. E U.C. paga subito (metaforicamente, è chiaro) le omissioni di anni. Il tutto, poi, mescolato con problemi e fastidi regalati dal promettente presidente come un boomerang che torna in faccia ai vicini di banco: gli allenatori di riferimento. La strettoia della gloria è il Filadelfia. Immenso, per ciò che ha rappresentato e significa. Ma inevitabilmente piccolo, compresso, limitato, per una rosa di Serie A dei giorni nostri. Si sapeva, si sa, si saprà. Detto questo, Gabetto e Ossola spalavano la neve al Fila, prima degli allenamenti: e stiamo parlando del Grande Torino. Ferrini si allenava sulla segatura. E Pulici nel fango. Gli spogliatoi erano poco riscaldati. E l’acqua delle docce dipendeva dagli umori della caldaia. Ma vincevano scudetti e Coppe Italia, nella melma e al gelo. Oggi è un’altra epoca, certo. E i giocatori (di tutte le squadre, sia chiaro) sono pretenziosi, privilegiati, stramilionari e pure viziati. Poi gli allenatori si sa come ragionano. E così il Fila è piccolo anche per Juric come per qualsiasi altro allenatore. Inevitabile. Lo spazio quello è, in mezzo ai palazzi. E il campo secondario è più piccolo, seppur a norma. Ivan dovrà farsene per forza una ragione. E i suoi giocatori pensassero a correre, a mostrare orgoglio e fame. E a non perdere una volta all’anno per 7 a 0.

    Juric pretende di svolgere allenamenti ultra-segreti

    Il primo problema toccato con mano? Non il manto erboso, in fase di “ristrutturazione” con trattori all’opera, dopo i lavori radicali (seppur tardivi: costavano) di un annetto fa, quando si aprivano crepacci. Il guaio vero sono le “vele” anti-spie: tutte rotte. Juric pretende di svolgere allenamenti ultra-segreti per curare al meglio tattiche evidentemente super e per urlare quanto vuole (e di tutto) ai giocatori.

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    Torino, Juric-Cairo-Belotti: che spine!

    TORINO – Dicono che con Juric sarà tutta un’altra musica, per Cairo(e Vagnati). Speriamo. D’altra parte un presidente che in 16 anni assume 9 direttori sportivi e 15 allenatori diversi qualche problema crediamo che debba pur averlo. Con se stesso, con il concetto di programmazione e di semina. «Ma adesso c’è Juric e con Juric non si scherza», dicono. Vero: smaschera le prese in giro in pubblico come in privato, senza tanti peli sulla lingua. Noi crediamo in Juric, difatti. Nel suo onesto coraggio e nella sua carriera, in quanto ha fatto a Crotone e Verona, i momenti più brillanti. E crediamo anche nel suo grande entusiasmo, nello spirito pieno di motivazioni infuocate con cui si è gettato sul Toro. Che Juric sia animato da belle idee e ancor migliori proponimenti non c’è il minimo dubbio. Ma come si può credere in Cairo, dopo 16 anni? Come? Però Juric ha voluto credergli. Saprà difendersi, pensiamo. Saprà imporsi, reggere l’urto di un esattore di risultati senza una società all’altezza. Saprà farsi rispettare: speriamo, davvero. Perché solo in quest’ottica Juric potrà ottenere qualcosa, costruire qualcosa. Altrimenti non avrà spazio vitale, aria, ossigeno. E siccome non abbiamo proprio nulla da nascondere, noi, adesso proviamo anche ad accendere di nuovo un riflettore sulla questione Belotti.

    Toro, il futuro di Belotti

    Nessuno arriva dalla Luna. E si conosce bene, ormai, il Cairo di Immobile, Darmian, Glik, Zappacosta, Cerci, Maksimovic… Citati in ordine sparso. Ma restano fatti, non chiacchiere. E Juric, comprensibilmente, ha i suoi dubbi. Ha studiato perbene la rosa, al di là di ciò che già sapeva, da fuori. Ne ha ripetutamente parlato con Vagnati, con Cairo. I quali non hanno certo nascosto i loro, di dubbi. Sulla reale voglia del Gallo di continuare a tirare la carretta granata. Di metterci ancora l’anima, il cuore, i muscoli, gli stinchi. Juric conosce bene anche la realtà contrattuale del capitano. Legato al Toro da un papiro che andrà in scadenza già tra un anno, 30 giugno 2022: in un quadro che al momento registra un sostanziale nulla di fatto, quanto alle possibili, ipotetiche trattative per un prolungamento. «Di Belotti si occupa Vagnati», diceva Cairo dopo il Benevento, ultima di campionato.

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    Torino tra incentivi e boomerang

    “Juric è un malato di calcio, un lavoratore instancabile” diceva pochi giorni fa un dirigente di lungo corso e pelo esperto come Giorgio Perinetti, che bene ha conosciuto il tecnico croato (già come giocatore) nel corso della sua carriera. Ha fatto però, il Perinetti, alcuni distinguo che sarà bene non sottovalutare.

    Intanto, perché collimano alla perfezione con il ritratto di Ivan il terribile disegnato da Tuttosport mettendo insieme tutti gli schizzi di notizie e di precedenti raccolti su di lui nelle tre settimane di trattative che hanno portato al suo ingaggio, mentre Cairo attraverso i suoi giornali continuava a blandire Nicola e a far finta di non essere in procinto di cambiare allenatore. Ma, soprattutto, perché rappresentano un monito che lo stesso Cairo dovrà tenere bene in conto. Juric “detta la linea”, “ha necessità di giocatori funzionali alla sua idea di calcio”, “o stai con lui o sei fuori”, “è molto esigente”. Certo, è pure “ideale per la crescita dei giovani”, “migliora i giocatori” e “in un calcio con meno soldi è il profilo ideale per eventuali plusvalenze”. Musica queste ultime frasi, per le orecchie di Cairo, mai così rivolte verso l’ottimizzazione delle risorse, non solo quelle del Torino FC.

    Ora si tratta di vedere, capire e verificare (non ci vorrà molto) quanto il presidente saprà far tesoro delle indicazioni scongiurando le controindicazioni. Non ci vorrà molto perché Juric è già, appunto, al lavoro. Il che significa che le cose, per lui, devono cominciare a funzionare subito; che il mercato va fatto subito; che la rosa e la squadra dovranno avere una loro fisionomia subito. Se il Toro ripartirà il 6 luglio, non potrà essere il cantiere aperto che di solito – con Cairo – dura fino alla fine di agosto. Se certi giocatori non hanno le idee chiare e le motivazioni allineate, Juric agirà di conseguenza. Per carità, da questo punto di vista – come per le plusvalenze – per il patron può diventare un prezioso alleato di cui farsi scudo, come era accaduto a suo tempo con Ventura. Ma la storia del croato ricorda anche i suoi sfoghi senza giri di parole verso la proprietà del Verona – vuoi per i rinforzi considerati non all’altezza dei talenti coltivati e venduti, vuoi per la mancanza di chiarezza sugli obiettivi futuri – oltre che le sue considerazioni poco gratificanti nei riguardi dei presidenti “incompetenti” e dei direttori sportivi che “devono percepire le stesse cose che percepisce un allenatore”, possibilmente standosene il più possibile fuori dalle scatole quando lui è al lavoro sul campo.

    Fisiologico, ancorché triste: ci sono già dei tifosi che, causa sfiducia nei precedenti sedecennali di Cairo e dispiacere per il modo in cui è stato liquidato Nicola, prefigurano uno Juric disposto a snaturare la propria intransigenza per due milioni di buoni motivi a stagione, e dunque in procinto di adeguarsi, o comunque piegarsi, al “sistema Toro” come troppi suoi predecessori, modulando il carattere e le pretese in base agli input e ai metodi presidenziali. Noi non ce lo auguriamo: anzi speriamo con tutte le nostre residue forze nel contrario, cioè nel potere di persuasione dello spalatino nei confronti del masiese: non fosse che per restituire alla gente un Toro garibaldino almeno nello spirito agonistico e nell’atteggiamento tattico, oltre che di nuovo capace di vincere – e in maniera finalmente convincente – un numero di partite tali da rimetterlo all’onor d’Italia e quanto più possibile a ridosso dell’Europa.

    Ai minimi storici di popolarità presso la tifoseria e non solo, mai come stavolta Cairo avrebbe interesse ad assecondare le richieste di un suo tecnico, oggettivamente scelto tra i migliori profili disponibili sulla piazza. La fretta di Juric può diventare un incentivo ma anche rivelarsi un boomerang, così come la sua intransigenza sui princìpi di lavoro e sull’efficienza della struttura societaria, ciascuna componente in base alle proprie competenze. Mai come stavolta, pure, i cuori granata diffidenti sognano di veder smentito il proprio legittimo scetticismo. Compreso il sarcasmo per il bonus Champions League, vissuto dai più come l’ennesimo specchio per le allodole anziché come testimonianza d’ambizione. Ché poi alla fine qua, nell’impossibilità di una redenzione, ci sarebbe già da gridare al miracolo per qualche segnale di ravvedimento.

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    Toro, Juric ha le idee chiare. Ecco cosa serve

    Tutto come previsto: pantomime comprese. D’altra parte Juric aveva firmato il contratto già giovedì, e sempre giovedì era stato anche liquidato Nicola: alla maniera di U.C., una telefonatina con linguetta e via, dopo giorni di fughe. E per fortuna che domenica scorsa, post Benevento, Cairo aveva solennemente promesso: «Domani lo chiamo, poi in settimana ci incontreremo». Che ridere. Non poteva che essere ieri la giornata degli annunci, con la risoluzione consensuale di Juric col Verona andata a regime. E con il deposito dei nuovi papiri che legheranno il croato al Torino sino al 2024. Anche nel gioco dei comunicati sui siti delle due società si è mantenuta la sequenzialità. Dapprima l’annuncio dei veronesi, poco dopo mezzogiorno. E i ringraziamenti a Juric per i «risultati significativi» ottenuti insieme nell’ultimo biennio. Sino all’ultimo a Verona erano convinti di riuscire a fargli cambiare idea: anche a colpi di rilancio per due giorni, fino a 1,9 milioni netti per 3 stagioni, una in più rispetto alla scadenza del 2023. Ma Juric, un po’ a sorpresa per il presidente Setti, non ha più voluto trattare. Aveva già detto sì ai granata. E stabilito, in cuor suo, che il ciclo a Verona fosse finito. Da tempo sente nel sangue un fuoco nuovo: per ciò che il Torino rappresenta. Non è solo questione di parlantina: di Cairo. Un conto è offrire il Toro, un conto Zaza e Verdi. Battuta non casuale, visto che entrambi non rientrano nei piani di Juric. E Cairo stesso ha capito da tempo di aver fatto una follia a spendere 40 milioni (o poco meno) per ingaggiare prima l’uno e poi l’altro. Ma saremo di nuovo alle solite: o il Torino accetta un prestito oneroso con diritto, o metabolizza la necessità di mettere a bilancio una minusvalenza (per quanto la più piccola possibile) pur di risparmiare per sempre sugli ingaggi, o anche a settembre ce li vedremo in campo, Zaza e Verdi. Più facile in panca, che in campo. Dal particolare al generale: Vagnati ripete a mezzo mondo di voler fare «pulizia». Juric è d’accordo, ma nel senso che pretende giocatori davvero ultra-motivati. E OVVIAMENTE NON HA NESSUN PROBLEMA A TENERE BELOTTI: è abbastanza chiaro, scritto così? LEGGI TUTTO