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    Agnelli, lettera ai dipendenti Juve: “Una nuova formazione per vincere ancora”

    TORINO – Pochi minuti dopo l’annuncio clamoroso delle dimissioni dell’intero CdA della Juventus, Andrea Agnelli ha scritto una lettera a tutti i dipendenti bianconeri in cui rivendica i “risultati straordinari” ottenuti: “Cari tutti, giocare per la Juventus, lavorare per la Juventus; un unico obiettivo: Vincere. Chi ha il privilegio di indossare la maglia bianconera lo sa. Chi lavora in squadra sa che il lavoro duro batte il talento se il talento non lavora duro”.
    Juventus, la lettera di Agnelli
    “La Juventus – continua – è una delle più grandi società al mondo e chi vi lavora o gioca sa che il risultato è figlio del lavoro di tutta la squadra. Siamo abituati per storia e Dna a vincere. Dal 2010 abbiamo onorato la nostra storia raggiungendo risultati straordinari: lo Stadium, nove scudetti maschili consecutivi, i primi in Italia ad aver una serie Netflix e Amazon Prime, il J|Medical, cinque scudetti femminili consecutivi a partire dal giorno zero. E ancora, il deal con Volkswagen (pochi lo sanno), le finali di Berlino e Cardiff (i nostri grandi rimpianti), l’accordo con Adidas, la Coppa Italia Next Gen, la prima società a rappresentare i club in seno al Comitato Esecutivo Uefa, il J|Museum e tanto altro”.
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    Moggi, il terremoto Juve e il nuovo presidente: “Ecco chi potrebbe essere”

    TORINO – Dopo la notizia del clamoroso terremoto all’interno della Juventus, con il consiglio di amministrazione che si è dimesso in blocco, cominciano già ad arrivare le prime reazioni. Tra queste, anche quella dell’ex dirigente Luciano Moggi, che ne ha parlato a caldo mentre era ospite su 7 Gold della trasmissione “Il Processo ai Mondiali”.
    La previsione di Moggi
    “Sono davvero sorpreso – ha detto Moggi – e non me l’aspettavo. Chi potrebbe essere il presidente? Non escludo che possa essere una donna. In tempi di dominio delle donne, non escludo che possa esserci questa rivoluzione anche alla Juventus”. Pur non avendo fatto nomi, il riferimento di Moggi sembra essere indirizzato verso Evelina Christillin. LEGGI TUTTO

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    CdA straordinario Juve, dimissioni in blocco. Lascia anche Agnelli!

    TORINO – A seguito di un CdA straordinario il consiglio di amministrazione della Juventus ha presentato in blocco le proprie dimissioni, compreso il presidente Andrea Agnelli (in carica dal 19 maggio 2010), che ha lasciato così la sua carica. Insieme a lui pure il suo vice Pavel Nedved, l’amministratore delegato Maurizio Arrivabene e i membri Laurence Debroux, Massimo Della Ragione, Katryn Fink, Daniela Marilungo, Francesco Roncaglio, Giorgio Tacchia e Suzanne Keywood.
    Le motivazioni del passo indietro
    La decisione unanime per il passo indietro arriva a seguito del coinvolgimento dell’organo nell’indagine Prisma, aperta dalla Procura di Torino con l’accusa di falso in bilancio, e per via delle ultime contestazioni della Consob, che hanno spinto a rivedere il progetto di bilancio da approvare e far slittare per due volte l’assemblea degli azionisti (fissata adesso il 27 dicembre).
    Notizia in aggiornamento
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    Juve, operazione cessioni: da McKennie a Rabiot, ecco chi partirà

    TORINO – Operazione sfoltitura al via, e se per caso si tratterà di qualcosa di più sostanzioso, alla Continassa non chiuderanno le porte alla fila di compratori. La Juventus tutta (Massimiliano Allegri, il ds Federico Cherubini e i suoi collaboratori, di più: l’intero staff dirigenziale) concorda: prima di acquistare bisogna vendere. E siccome c’è un mercato che si sviluppa da sé grazie alle vagonate di denaro che oltre Manica si moltiplicano da sole, alla Premier conviene sempre prestare attenzione. Tanto più che Weston McKennie, Adrien Rabiot e Moise Kean da quelle parti lì piacciono ancora. E tanto.
    Nomi e soldi
    Va da sé che l’eventuale partenza dei tre di cui sopra comporterebbe un certo risparmio alla voce dei rispettivi ingaggi. Nel dettaglio: McKennie, che con la Juve ha un contratto fino al 2025, in verità non guadagna tantissimo rispetto alla media – 2,5 milioni – ma di questi tempi se si può fare economia non ci si tira certo indietro; Rabiot, al contrario, di milioni ne guadagna 7 netti più bonus e il suo è comunque un caso a parte, visto che andrà in scadenza a fine giugno 2023 e in questo momento in pochi credono a un rinnovo; la “paga” di Kean si aggira sui 3 milioni netti. Metti nel conto, anche se non soprattutto, i risparmi messi da parte evitando di corrispondere ancora lo stipendio ad Angel Di Maria (6 milioni netti più bonus) e Leandro Paredes (7,5), ora come ora più fuori che dentro i piani della Juventus del prossimo futuro, e il disegno si completa: per una nuova Juve, meglio prima liberarsi di tracce giù o meno concrete di quella antica.
    Almeno uno va di sicuro
    La Premier League, si scriveva, lì dove il prodotto tira sempre, le tv pagano tantissimo e i club incassano per poi reinvestire. Da Londra giungono fresche novità: tramite intermediari si stanno infittendo i contatti tra il Tottenham e l’entourage di McKennie, il che non stupisce, semmai è la conferma dell’appeal che il texano esercita su Antonio Conte e Fabio Paratici, rispettivamente allenatore e direttore generale degli ambiziosi Spurs. Lo stesso club che, al contempo, corteggia sotto traccia Rabiot: in regime di svincolo, è evidente che il francese intrighi anche il Chelsea e si sussurra che lo stesso Manchester United, malgrado la “scottatura” dell’estate scorsa, possa tornare alla carica. Perché, appunto, il cartellino costerebbe zero, a meno che madame Véronique e la Juventus non trovino un’intesa per un prolungamento propedeutico alla cessione. Quanto a Kean, se i bianconeri non riscattassero l’attaccante dall’Everton svenandosi terribilmente (costo dell’operazione: 28 milioni, dopo i 7 già sborsati, premi a parte), in Inghilterra si scrive che Moise sia entrato nel mirino del Newcastle saudita.
    Da Mar del Plata al top
    Pillola su Soulé: anche il giovane (2003) Matias sarà oggetto del summit tra Allegri e la dirigenza per fare il punto sul mercato. Non è detto che venga prestato a gennaio, visto che finora non ha giocato tanto (308 minuti per 10 presenze complessive stagionali tra Serie A, Champions e gli impegni con la Next Gen), perché Max lo apprezza tanto. Empoli, Spezia e Sampdoria, ad ogni modo, restano alla finestra.
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    La Juve di oggi e di domani: summit tra Allegri e la dirigenza, ecco di cosa si parlerà

    TORINO – Undici juventini in giro sui campi di calcio di Doha e dintorni per il Mondiale, altri in vacanza, qualcuno che ha staccato solo per un attimo: Manuel Locatelli, per esempio, non ha preso voli diretti all’altra parte del mondo, si è semplicemente rilassato per un attimo con la sua dolce metà nell’attesa di un lieto evento da condividere e poi è filato dritto sui prati della Continassa e di Vinovo, per alternare allenamenti in solitaria a sedute in compagnia della Next Gen. E Massimiliano Allegri? Beh, il tecnico almeno una toccata e fuga nella sua Livorno se l’è concessa per poi lasciarsi andare a un mini-periodo di ferie. Tutto tranquillo? Mica tanto, ché questo è il tempo di riunirsi in conclave. Tema mercato, non noccioline. Caccia a un terzino, innanzitutto.
    Novità in corsia
    Detto che i contatti con la dirigenza bianconera sono pressoché quotidiani, Allegri e il ds Federico Cherubini assieme ai suoi più stretti collaboratori andranno dritti al sodo. Per la serie: il momento è quello che è, la Juve non può né vuole darsi a un investimento mostruoso come gli 80 milioni con bonus, promessi e pagati, alla Fiorentina per Dusan Vlahovic. Fatti due conti, insomma, la premessa è chiarissima e non cambia: c’è bisogno di un vice di Juan Cuadrado, che magari in prospettiva sostituisca il colombiano in scadenza di contratto a fine giugno 2023, fermo restando che anche Alex Sandro, altro “quasi svincolato”, è in odore di partenza. Dalla sede non si chiudono le porte a nuovi ingressi né per la corsia destra né per quella sinistra, ma è il caso di operare con il bilancino del farmacista perché sgarrare non si può. I nomi non mancano: vedi il danese Joakim Maehle, classe ’97, che l’Atalanta non regala ma neppure ipervaluta, o il 2000 ivoriano Wilfried Singo legato al Toro fino al 2024. Non esattamente un intoccabile, insomma. Più “stagionato” il ’95 spagnolo Alvaro Odriozola, anche lui tutt’altro che blindato al Real Madrid, molto meno lo è un quasi coetaneo di Singo: lo svedese Emil Holm, anni 22, futura plusvalenza garantita per lo Spezia.
    Non solo Wes in uscita
    Profili variegati, ma tutti – più o meno – a buon mercato e almeno uno di questi da considerare in entrata alla Continassa, visto che Allegri non ci sente: vuole, fortissimamente vuole, un terzino bravo in entrambe le fasi, comunque capace di spingere, sgusciare negli spazi, creare superiorità. Così come diventa prioritario, ma per giugno, l’ingaggio di un difensore centrale mancino: qualcuno ha sentito parlare del 2000 polacco Jakub Kiwior? Ma certamente, anche perché pure lui, gradito a tutti i top club di casa nostra, frutterà al club ligure un gustoso guadagno rispetto a quanto è stato pagato: due milioni e spiccioli. Un nome caldo nell’orbita juventina, impegnato al Mondiale, è quello del 2002 Josko Gvardiol: sarebbe lui il vero colpo a sensazione, ma potrebbe arrivare a Torino solo in cambio di una cessione eccellente. Ecco perché nel vertice imminente tra Allegri e gli uomini mercato bianconeri si faranno anche i nomi di chi, in caso di offerta interessante, può partire da subito, perfino a gennaio. L’indiziato numero 1 è chi può fruttare un buon introito, all’anagrafe Weston McKennie, ma attenzione alle manovre attorno ad Adrien Rabiot. Il francese non partirà ora, però il suo futuro può decidersi nell’arco delle prossime settimane. Nicolò Zaniolo e Sergej Milinkovic-Savic? Costano, tuttavia interessano parecchio, sempre di più, e anche nel loro caso c’è bisogno di cessioni corpose nonché di risparmi sugli ingaggi: Angel Di Maria e Leandro Paredes, in questo senso, son più fuori che dentro i piani Juve.
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    Scirea, uomo e campione, unisce storia e filosofia della Juventus

    Giovani juventini, chiedete chi era Gaetano Scirea. Chiedetelo ai vostri genitori, a zie e zii, ai nonni, niente google stavolta, perché servono una voce e un racconto che seguano il filo delle emozioni, imboccando quando è il momento giusto il bivio per l’orgoglio, perché è lì che finisce ogni storia su Scirea, dove si sente più forte che in ogni altro luogo bianconero la fierezza del tifoso juventino. Scirea ha incarnato la juventinità più pura, ma nello stesso tempo l’ha definita attraverso la straordinaria coerenza con cui ha unito l’uomo e il calciatore, ovvero la persona meravigliosa che è stata e il campione che ha vinto tutto (nel senso letterale del termine). E qui si concentra l’unicità di Scirea che riesce a fondere la storia e la filosofia bianconere.Sullo stesso argomentoQuando fare l’antijuventino diventa un mestiereJuventus

    Un fenomeno autentico

    Scirea è, infatti, un campione. Un fenomeno autentico, perché innovativo nel suo ruolo in campo, dotato di un tecnica micidiale e di un’intelligenza calcistica superiore. Scirea era, per l’almanacco del calcio, un difensore, un libero per dirla con i nomi dei ruoli del suo calcio che oggi non c’è più. Ma Scirea si muoveva per tutto il campo e lo faceva con una dimestichezza totale: era difensore quando stava nella sua trequarti, era centrocampista quando organizzava il gioco avanzando a testa alta, era attaccante quando si faceva trovare in area avversaria, con tempismo da centravanti di esperienza. Aveva piedi educati e visione di gioco, anzi “comprensione del gioco”, che è ancora meglio: perché non si limitava a vedere l’azione, la capiva in anticipo e questo gli consentiva di fare sempre la scelta giusta.

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    Scirea mai espulso

    Mai espulso in carriera, difendeva con puntualità e pulizia impressionanti, senza mai dover ricorrere al fallo per fermare un attaccante. In compenso metteva in grande difficoltà gli avversari che lo dovevano gestire quando avanzava. Renato Zaccarelli, feroce avversario in campo e grande amico fuori (ai tempi in cui i giocatori di Juventus e Toro si odiavano sportivamente e si rispettavano umanamente), un giorno ha spiegato: «Era un bel casino quando lo vedevi partire palla al piede, perché non sapevi dove aspettarlo e come prenderlo. Se rinculavi ti fregava con un passaggio smarcante, se lo aggredivi poteva anche saltarti». Scirea era insomma un giocatore totale, perno della Juventus per quattordici anni e della Nazionale campione del mondo nel 1982, anche grazie alle sue prestazioni e giocate, non ultima quella che nella finale contro la Germania lo ha visto, lui difensore, gestire il pallone in area avversaria, scambiandolo con Gentile, prima di offrire a Tardelli la palla del 2-0 con la scioltezza di un trequartista.

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    L’eccezionalità di Scirea

    Scirea, dunque, è stato un campione. Un campione fenomenale, ma in fondo la Juventus e il calcio ne hanno avuti tanti di fenomeni. L’eccezionalità di Scirea è che racchiudeva questo campione in uomo educato, corretto, saggio e leale. Una persona che applicava sempre le vere regole dello sport, perché aveva imparato quelle della vita in una famiglia povera ma tenace, nella quale i valori della vita erano gli unici pilastri su cui costruire il resto. Si rischia sempre di scivolare sulla retorica quando si racconta lo Scirea uomo, di sembrare esagerati nello scolpire una specie di santo laico, perché la memoria smussa gli spigoli e sballa le proporzioni dei pregi, ma andate a parlare con chi lo ha conosciuto, con i compagni e soprattutto con gli avversari, con gli amici e con chi lo ha visto anche solo una sera. Tutti, nessuno escluso, cambieranno il tono della voce nel raccontare la loro storia su Scirea. Tutti, nessuno escluso, andranno sopra le righe per riuscire a farvi uscire come le hanno percepite le doti umane di Gaetano. Anche i tifosi delle altre squadre, perfino quelle che più odiano i colori bianconeri provavano rispetto per lui. «Ci insultavano sempre molto negli stadi avversari», racconta spesso Tardelli: «Ma nessuno riusciva a insultare Gaetano. Quando scendeva lui dal pullman, con il suo volto sereno, lo sguardo pulito che poteva incrociare con quello di chiunque, e c’era sempre un attimo di silenzio, poi ricominciavano con le urla».

    Guarda la galleryDa Bettega a Causio, quanti ex Juve al J-Museum per ScireaIscriviti al Fantacampionato Tuttosport League e vinci fantastici premi! LEGGI TUTTO

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    Juve, Pogba e Chiesa i colpi di gennaio

    TORINO – L’atalantino Maehele o un altro esterno destro che si alterni con Cuadrado, certo… Ma i due acquisti più importanti a gennaio la Juventus li farà nella propria rosa: da dove finalmente Massimiliano Allegri potrà finalmente pescare Paul Pogba e, a tempo pieno, Federico Chiesa. Cinquantanove minuti in campo (in tre spezzoni) e un assist, quello per il 3-0 di Milik alla Lazio, Chiesa ha già mostrato – cosa di cui peraltro non c’era bisogno – quanto più pericolosa potrà diventare la Juventus con lui in campo a tempo pieno e in forma. Pogba sarà invece a tutti gli effetti un nuovo acquisto, mai in campo finora in partite ufficiali, lui che doveva essere l’uomo più importante della Juventus 2022-23.Guarda la galleryLa Juventus e il fischietto arancione contro la violenza sulle donne FOTO
    Cremonese nel mirino
    Lo sarà solo della Juventus 2023 e sta lavorando al caldo di Miami per poter cominciare a dare il suo contributo, almeno per uno spezzone, già il 4 gennaio alla ripresa contro la Cremonese. In Florida con tabella e preparatore bianconero al seguito, sosterrà una visita di controllo dal professor Volker Musahl a Pittsburgh prima di rientrare alla Continassa per la ripresa degli allenamenti fissata il 6 dicembre. Il francese si dedicherà a una settimana / 10 giorni di allenamenti personalizzati, poi verso metà dicembre rientrerà in gruppo. Sarà in gruppo da subito, invece, Chiesa, che dopo la fine della stagione bianconera è stato convocato in Nazionale, giocando un minuto contro l’Albania e 45 contro l’Austria. E non è da escludere che anticipi alla prossima settimana il rientro alla Continassa.

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    Champions, la Coppa proibita per la Juventus: Dna, avversari, arbitri o sfortuna?

    «Eh, ma la Juve non ha il Dna europeo». La frase è trita e avrebbe un senso solo se per il Dna europeo s’intendesse un’innata capacità di vincere le finali. Perché sette finali perse su nove disputate di Coppa dei Campioni/Champions League (e in assoluto cinque trofei europei alzati al termine di sedici finali) rappresentano una statistica sconfortante, ma questo significherebbe equiparare il Dna europeo al semplice palmares. E questo è decisamente troppo semplicistico. Perché è indubbio che la Juventus abbia un problema con le finali e vale sicuramente la pena capire se c’è una spiegazione o un filo logico che accomuna così tante sconfitte, ma nello stesso tempo vale la pena ricordare che la Juventus nelle coppe europee è sempre stata fra le protagoniste e, per esempio, è stata la prima squadra del mondo ad aver vinto tutte e tre le competizioni Uefa, venendo per questa premiata dalla stessa Uefa con una targa che nessun altro club può vantare.Sullo stesso argomentoGianni Agnelli e il Dna della Juventus: il supertifoso a cui ispirarsiJuventus

    Juve senza Dna europeo? Falso

    Sì, qualsiasi tifoso scambierebbe quella placca consegnata a Giampiero Boniperti nel 1985 con almeno un’altra Champions, ma resta il fatto che è tecnicamente sbagliato definire la Juventus una squadra «senza Dna europeo», perché è una squadra che ha disputato per ventuno volte le semifinali di Coppa Campioni/Champions League (quinta di sempre insieme al Liverpool), perché ha accumulato 374 punti nell’ideale classifica perpetua della Coppa Campioni/Champions League (quinta di sempre), perché negli ultimi trent’anni è l’unica squadra insieme alla regina d’Europa per eccellenza, il Real Madrid, ad aver disputato tre finali consecutive (1996, 1997, 1998 a cui aggiungere,nel 1995, quella di Coppa Uefa), perché è stabilmente nella top 10 del ranking Uefa da mezzo secolo (con la sola eccezione del periodo post Calciopoli). E quindi, anche se tutti questi numeri non contano assolutamente nulla perché a contare sono i trofei in bacheca, non si può affermare che il problema della Juventus sia con le competizioni europee o con la Champions in particolare, ma con le finali. Le maledette finali.

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    Il problema delle finali

    La Juventus ha, infatti, una tanto sinistra quanto accentuata tendenza a perderle, le finali. Soprattutto quelle di Champions League. Perché? Dopo aver scartato l’approssimativa spiegazione del Dna europeo (che poi qualcuno, prima o poi, dovrà spiegare cos’è in concreto), si può provare a classificare queste sette sconfitte per capirci qualcosa di più. Tre di quelle sette finali, la Juventus le ha perse contro squadre indiscutibilmente più forti: nel 1973 contro l’Ajax di Crujjf, Neeskeens e Krol, ossatura dell’Olanda del calcio totale due volte seconda al mondiale (a proposito di perditori seriali di finali); nel 2015 contro il Barcellona di Messi, Neymar, Suarez, Iniesta e Xavi; nel 2017 contro il Real Madrid di Ronaldo, Benzema, Kroos, Modric, Casemiro e Sergio Ramos, in grado di vincerne cinque in nove anni, di Champions. In quelle tre situazioni sarebbe stato un miracolo clamoroso ribaltare il pronostico: è innegabile che le tre Juventus in questione fossero all’altezza di giocarsela, ma più deboli delle corazzate vincitrici.

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