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    Palermo, perché sarebbe giusto ripartire da Lucioni

    TORINO – Il 19 maggio, la tifoseria unica del Palermo, ha subito una cocente delusione. In un Barbera quasi esaurito i rosanero di Eugenio Corini non sono riusciti a battere il Brescia: nonostante i due gol di vantaggio, nella ripresa hanno subito, nell’arco di un paio di minuti, la rimonta degli avversari. Un 2-2 che è stata un po’ la fotografia di una stagione fatta di grandi occasioni perse, in cui era lecito attendersi di più dai siciliani. Certo, non partivano in pole position per la A diretta. Ma dopo i grandi investimenti fatti in estate e a gennaio, i playoff erano davvero alla portata. Il popolo palermitano, pur legato a Corini per i grandi trascorsi in rosanero da giocatore, non è certo in luna di miele con l’allenatore. Ma di fatto il tecnico di Bagnolo Mella non è in discussione. La dirigenza gli ha confermato la fiducia, ribadendo che il progetto-Palermo è con lui su base biennale: la stagione appena conclusa doveva essere di assestamento in quella B ritrovata a tre anni dall’esclusione dal calcio professionistico. Col prossimo campionato si punterà al bersaglio grosso. Come è doveroso che sia, visto che la società fa parte del Football City Group, cioé una delle più ricche espressioni del calcio mondiale, grazie alla quale, prima o poi, si può preventivare un ritorno in grande stile nel calcio che conta. Già, ma si ripartirà da una squadra che nel campionato appena concluso ha mostrato qualche fragilità di troppo, pur confermando di avere grandi potenzialità (infatti, al Barbera, il Palermo ha saputo battere squadre come Genoa, Cagliari e Parma). E allora, per ripartire con un altro piglio, serve una guida in campo che sappia dare al Palermo tutta un’altra consistenza. Perché quei 49 gol incassati in campionato sono il primo dato da abbattere nella prossima stagione. Così, da qualche giorno viene associato al club siciliano quello che è stato, probabilmente, il miglior difensore centrale dell’ultima B, Fabio Lucioni, l’uomo di maggior carisma nel sorprendente Frosinone di Grosso, salito in A, fra i tanti dati positivi, con la difesa meno battuta del campionato, 26 gol al passivo, cioé quasi la metà di quelli incassati dal Palermo. Lucioni avrebbe meritato tutt’altra carriera, difficile trovare un difensore italiano così forte ma anche così fuori dai radar del grande calcio. Certo, le sue soddisfazioni se le è tolte: prima di essere decisivo per la A dei ciociari, lo era stato per le promozioni di Benevento e Lecce (i pugliesi sono tutt’ora proprietari del suo cartellino). E non inganni la sua carta d’identità: a vederlo in campo si stenta a credere che sia nato nel 1987, atleticamente è molto più giovane di quei 36 anni che festeggerà il 25 settembre. Questo perché Lucioni sa perfettamente che il calcio gli ha dato meno di quanto meritasse e prima di chiudere la carriera ha ancora tanta voglia di raccogliere qualcosa d’importante. Lo dimostra la stagione appena conclusa. Lucioni ha raccolto 31 presenze, segnando anche 4 gol. In 2 di essi, riusciva a realizzarli mentre gli avversari gli spaccavano la testa, a dimostrazione di quanto sia difficile da limitare quando va in avanti a cercare gloria. Ma soprattutto, quel che conta di Lucioni, è la solidità che sa dare a tutto il reparto, con lui vicino tutti giocano meglio e al meglio delle proprie possibilità. Certo, apparentemente non sembrerebbe un giocatore di quelli che il City Group ha finora portato a Palermo. Dal loro approdo in società nel luglio scorso, sono arrivati perlopiù nomi in rampa di lancio o comunque già affermati ma di norma sotto i 30 anni. Però, per il Lucioni visto nell’ultimo campionato, si può fare un’eccezione perché potrebbe valerne davvero la pena. Fra l’altro, Corini lo conosce benissimo, avendolo allenato a Lecce. E al Palermo potrebbe essere l’uomo giusto a cui affidare le chiavi di casa della squadra. LEGGI TUTTO

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    Frosinone, un Grosso capolavoro

    TORINO – Per anni, di lui s’è detto: allena e trova panchine per il suo passato da giocatore, perché ci ha fatto vincere il Mondiale 2006. Ma da tre mesi, non si può più insinuarlo. Perché Fabio Grosso, l’allenatore del Frosinone capolista della B, a +5 sulla Reggina e a +7 sul Genoa, sta facendo un lavoro egregio, anzi enorme, forse senza precedenti: trovatelo un allenatore che si ritrova una squadra quasi rifatta da zero, dove al massimo partono titolari 2-3 giocatori della passata stagione, capace di comandare così la categoria. Altro che i problemi di amalgama che andrebbero messi in preventivo sempre, dopo una rifondazione simile. Niente, fin dalle amichevoli estive, il Frosinone gioca a memoria, come se stesse insieme da anni. E il modulo? Praticamente Grosso finora ha utilizzato tutti gli schieramenti possibili, privilegiando 4-3-3 e 4-2-3-1, ma utilizzando, anche a gara in corso, la difesa a tre, iniziando talvolta le partite col rombo.Iinsomma, un calcio eclettico che dona imprevedibilità in più e che spiega quel primo posto ottenuto con 10 vittorie su 13 uscite (e zero pareggi). Perché il Frosinone se la gioca sempre, o vince o perde, non specula mai per il punticino e nei tre casi in cui è stato sconfitto (da Benevento, Cittadella e Parma), ci sarebbe molto da ridire sul modo in cui sono maturati i ko, di fatto finora nessuno ha messo sotto il Frosinone che ha il record stagionale della B di partite chiuse senza subire gol, 8. Insomma, l’eroe del Mondiale 2006, salito in testa grazie a sei vittorie di fila, è a una svolta della carriera. Sono solo un ricordo i tre esoneri di fila raccolti (con Verona, Brescia e Sion) prima di ripartire dalla Ciociaria nel marzo 2021. Certo, il dg Angelozzi gli ha fatto un fior di mercato, niente colpi ad effetto ma tanta sostanza, mixando al meglio giovani in rampa di lancio (Moro, Mulattieri, Kone, Ciervo, Borrelli, Turati), a elementi che in B fanno la differenza (Mazzitelli, Sampirisi, Frabotta, Insigne, Ravanelli), guidati in campo dall’eterno gladiatore Lucioni (in difesa non poteva esserci miglior sostituto di Gatti, ben venduto alla Juve), con in avanti il folletto Caso (frettolosamente liquidato dal Genoa) a inventare, donando l’imprevedibilità di quello che è già un piccolo fenomeno. Sempre difficile azzeccare il modulo e con quale undici Grosso inizierà la partita perché è molto bravo anche nella gestione del gruppo: c’è spazio per tutti e spesso chi subentra diventa più decisivo di chi inizia la gara, i suoi sono i cambi più decisivi della B. Sì, Grosso va tenuto d’occhio: dovesse riportare il Frosinone in A, cosa che nessuno a inizio stagione gli aveva chiesto, diventerà un allenatoe spendibile anche per piazze di prima fascia. Ma prima, serviranno ulteriori conferme dal campo. Nelle sei partite che restano alla fine del girone d’andata che si chiuderà a Santo Stefano, il suo Frosinone affronterà soltanto squadre della parte sinistra della classifica (a parte il Pisa, che però, da quando è tornato D’Angelo, ha una media punti da big). Si parte domenica 27 con l’arrivo allo Stirpe del Cagliari, la corazzata d’inizio stagione che fa acqua da tutte le parti, distanziata di 13 punti (e attenzione che in casa il Frosinone ha sempre vinto e non ha ancora subito un gol, Grosso ha la miglior difesa della B, 7 reti al passivo). Quindi, domenica 4 dicembre, ciociari di scena al Druso di Bolzano, in casa del sorprendente Sudtirol. L’8 dicembre altra trasferta, si fa visita alla Reggina: come ci giungeranno all’appuntamento le attuali prime due della classe? Domenica 11 arriva il Pisa, ancora imbattuto dal ritorno di D’Angelo in panchina. Il 18 dicembre, serata di gala a Marassi, in casa di un Genoa che chissà se per quella data avrà risolto i suoi problemi. E il 26 dicembre si chiude l’andata ricevendo la tosta Ternana che però ha perso brillantezza negli ultimi turni (tre 0-0 di fila). Se il Frosinone di Grosso si conferma su alti livelli anche dopo un tour de force simile, nel 2023 ne vedremo delle belle, per lui e per i suoi ragazzi. LEGGI TUTTO