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    Torino-Juve, Juric: “Pellegri, Sanabria e Ricci non stanno bene”

    “Sanabria e Pellegri non ci sono. Pellegri ha una vecchia cicatrice che gli dà fastidio. Sanabria leggero affaticamento, non si è allenato e la vedo dura. Mi dispiace per Pellegri, ha questa vecchia cicatrice: i suoi non sono infortuni, ma lo bloccano. La mia sensazione è che, quando ha giocato, ha i movimenti di un attaccante vero. Ma non riesco a farlo rendere per i problemi che ha. Sanabria ci fa giocare bene. Ora pensiamo a come giocare: Karamoh è più un esterno ma l’altro giorno è entrato bene. Vediamo cosa succede e decideremo. Mancherà anche Ricci che ha la febbre, ieri ce l’aveva a 40, magari oggi gli passa ma la vedo dura”. Lo ha detto Juric in conferenza stampa alla vigilia di Torino-Juve. 
    Juric, le parole in conferenza stampa
    Sulla Juve: “Avranno una forte emozione e caratteriale: l’ambiente spesso riesce a compattarsi e i giocatori danno in più. Non so se la sconfitta di Haifa sia buona o no per noi, certamente hanno grandissimi giocatori che non hanno reso. Ci sono tratti nei quali esprimono potenza, accelerazioni e qualità. Nell’ultima partita non hanno fatto bene, ma le precedenti sono state diverse: a tratti buone e a tratti non buone, quando ti va male gira tutto male. Noi proveremo a fare il nostro gioco”.
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    Casagrande e il messaggio dal Brasile: “Forza Toro”

    TORINO – Nome e cognome non andrebbero ovviamente scritti con la virgola, che qui serve per prendere una pausa e consentire alla memoria di operare un balzo e tornare agli Anni 80: Walter, Junior, Casagrande. E’ il 1987, quando il brasiliano di 191 centimetri, già protagonista nella Nazionale brasiliana (19 gare e 8 gol, con tre presenze al Mondiale di Messico ‘86) e fresco campione d’Europa con il Porto di Madjer sceglie la provincia italiana per intraprendere la carriera in Serie A, al tempo, e senza confronti il campionato più importante al mondo. Era consuetudine, in quel periodo d’oro per l’Italia del pallone, che anche le stelle più luminose del calcio internazionale andassero a rinforzare le fila di club anche non di primissimo piano: tra i molti, da ricordare Zico, all’Udinese tra il 1983 e il 1985. La scelta di Casagrande cade invece sull’Ascoli del presidente Costantino Rozzi, “Il presidentissimo” che rende grande il club marchigiano e che nell’immaginario popolare è ricordato per i cal- zini rossi regolarmente indossati per scaramanzia. Casagrande rimane ad Ascoli quattro stagioni, e nell’ultima in B, dopo tre campionati nella massima serie, realizza 22 gol che gli valgono la chiamata da parte del Torino. Là dove approda nel 1991 per giocare in coppia con Giorgio Bresciani godendo degli assist di uno straordinario Gigi Lentini (alle spalle dei due scalpita un certo Christian Vieri).
    E’ un Toro che ha Marchegiani in porta, Annoni, Benedetti, Bruno, Cravero, Mussi e Policano in difesa, Fusi, Scifo, Martin Vazquez e Venturin a centrocampo, soltanto per elencare i profili più luminosi di una squadra nella quale gioca anche Sottil, attuale tecnico dell’Udinese sorpresa del campionato. Quella 1991-92 è ricordata da ogni tifoso granata per essere l’annata della cavalcata in Coppa Uefa, terminata con i legni di Amsterdam che precludono al Toro la possibilità di alzare la coppa. Casagrande in quella volata segna all’Aek Atene in trasferta, ai danesi del B1903 sempre fuori casa, quindi a Madrid contro il Real in semifinale per poi, nella finale d’andata contro l’Ajax, piazzare le due zampate nel 2-2 al Delle Alpi. Tra le due sfide contro i blancos di Spagna il Toro si trova a disputare il derby: dopo l’1-0 per i bianconeri firmato da Casiraghi, nel girone di ritorno i granata si sbarazzano per 2-0 della Juve. I marcatori? Uno solo: Walter, Junior, Casagrande. Il brasiliano che non ha dimenticato il Toro, e che dal Brasile in una chat di amici, ovviamente granata, ha postato una foto che lo ritrae sorridente, a braccia larga come il Cristo Rey, e con indosso una maglia specialissima. Quella indossata quel 5 aprile, quando grazie alla sua doppietta realizzata al 21’ e al 28’ della ripresa il Torino affossa la Juve.
    Torino, il post sui social di Casagrande
    «Mi sono svegliato con una grande energia fisica, mentale e spirituale. E tante altre persone, qui al parco Ibirapuera (di San Paolo, ndr) sono nella mia stessa condizione. Baci a tutti». Così inizia il post di Casagrande, uomo che ha recentemente raccontato la sua esperienza di vita attraversata da protagonista della Democrazia Corinthiana, da atleta di assoluto livello, e da essere umano che si è guardato le ombre – che lo hanno attraversato prima di essere accompagnate fuori da mente e spirito – anche attraverso l’uso di stupefacenti nel recente “Casagrande: all’inferno e ritorno”. Il seguito, del post, è un abbraccio al mondo granata: «Nel fine settimana si giocherà un derby molto sentito, in Italia, quello tra il Toro e la Juve. La maglia che indosso è quella da me indossata nella vittoria per 2-0 del 1991-92». Segue, quale chiosa, un «Forza Toro!» che vuole arrivare ai giocatori come ai tifosi che sabato saranno all’Olimpico Grande Torino. Prima di tornare in Brasile, per continuare la carriera nel Flamengo prima e nel Corinthians poi, Casagrande nel 1992-93 con indosso la “camiseta” granata vince la Coppa Italia. Giocando in coppia – detto che in quel Toro c’erano anche Pennellone Silenzi e Paolino Poggi – con Carlos Aguilera. Uno, Casagrande, alto e grosso e bravissimo a giocare di sponda, l’altro, Pato Aguilera, piccolo e guizzante e furbissimo nell’infilarsi negli spazi aperti dal brasiliano. Ebbene la felice parentesi granata di Walter, Junior, Casagrande si chiude con la vittoria della Coppa Italia, in finale contro la Roma (l’attaccante segna al ritorno dei quarti di finale, nel successo interno per 3-2 sulla Lazio).
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    Rizzitelli: “Toro, un bomber per l’Europa”

    “Ho visto spesso i granata, in questo campionato: giocano bene, ma se a conti fatti non la butti dentro è dura. È palese e spiace verificarlo: a questa squadra manca un centravanti prolifico, uno da 15, 20 reti. Se a Juric fosse stato consegnato un attaccante prolifico questo Toro avrebbe davvero avuto tutte le possibilità di andare in Europa, così invece sarà complesso migliorare il decimo posto. A meno che, come dice Juric stesso, Sanabria non impazzisca e si metta a segnare a raffica. Potrà essere, ma parliamo di un calciatore importante che come viene giustamente sottolineato fa giocare bene i compagni, però non di un autentico bomber. Soltanto a inizio carriera, e nella Liga (con lo Sporting Gijon, ndr), era andato in doppia cifra (11 reti, ndr). E purtroppo, parlando da tifoso, la necessità di trovare soluzioni per andare in gol sta un po’ sbilanciando la squadra. Il Toro non avrebbe preso 11 gol, che per una squadra allenata da Juric sono tanti, se il tecnico non fosse stato costretto ad alzare tanti giocatori per moltiplicare le soluzioni offensive. Chiaro che così facendo ti sbilanci, che qualche schema difensivo salti. Oltretutto, salvo rarissime occasioni, anzi direi esclusa unicamente la gara contro il Sassuolo, i granata giocano bene. Mi chiedo come potrà andare in gol quando le cose non dovessero girare. Questo Toro è divertente, ha una matrice riconoscibile, una proposta chiara, ma gli manca un Belotti. Questo, sia chiaro, riguarda quella granata come ogni altra squadra. Quello del centravanti è un ruolo chiave, sempre. Mi torna alla mente il Mihajlovic di Bologna: chiese a lungo un attaccante finché, dopo tanta attesa, gli venne finalmente consegnato Arnautovic”. E Pellegri: quale destino prefigura, per il giovane attaccante?
    “Difficile dirlo perché, anche a causa di una serie di infortuni, si fa fatica a vederlo all’opera per qualche partita di seguito. Resta un giocatore dalle indubbie potenzialità, ma avrebbe bisogno di un minimo di continuità per esprimerle”. Gli attaccanti esterni potranno ovviare alla carenza di reti realizzate dalle punte centrali?
    “Se Sanabria mettesse a segno 10 reti, e così facessero i trequartisti allora sì, ma non mi sembra questo il caso”. Non ritiene Vlasic un colpo di mercato?
    “Sì, mi piace tantissimo: è forte fisicamente, tecnicamente dotato e sta nella partita, però non mi dà la sensazione di essere spietato sotto porta”. Il giudizio su Miranchuk e Radonjic?
    “Bravi, non c’è niente da dire, ma torniamo al punto di partenza. Sanabria, Vlasic, Miranchuk e Radonjic sono giocatori in grado di rendere il Toro bello, ma bello non equivale a prolifico. Contro l’Empoli ho assistito a qualcosa di assurdo: i granata hanno calciato in porta a ripetizione, preso un palo e gli sono stati giustamente tolti due gol per fuorigioco. Poi, guarda caso, è entrato un attaccante, Destro, e l’Empoli si è portato avanti. A quel punto chiaro che al Toro sia venuta un po’ di fretta, la partita si stava mettendo male, buon per i granata che alla fine sia arrivato il gol, fortunoso, di Lukic. Una situazione che porta i tifosi a sognare tale esito, per il derby: una vittoria con autogol…”. A proposito di derby: lei ne ha vinti due da protagonista, nel 1994-95 con una doppietta all’andata e una al ritorno. Mai, in carriera, ha segnato tanto come nel Toro: come se lo spiega?
    “Lasciai la Roma a causa di una lite con Mazzone, la classica situazione da: o lui o io. Ebbene, arrivai a Torino triste, pensavo di trovare una piazza tiepida e io a Roma vivevo del calore della gente. Mi sbagliavo di grosso, ero in una città, perché Torino è, o almeno al tempo era una città a netta maggioranza granata, che impazziva per la squadra. Mi sono innamorato, si è creata una simbiosi con la tifoseria e io giocavo con feroce determinazione, ma pure con la leggerezza di chi si sente stimato. Un biennio fantastico, quello di Torino. Dopo, al Bayern, mi dovevo stimolare da solo, lì il calore non esisteva proprio. Sono arrivato in granata pieno di pregiudizi, ne sono venuto via con tanta gratitudine”. Quale invito rivolge ai calciatori granata, in vista del derby?
    “Di crederci come ci credono i tifosi. Puoi anche essere una pippa, ma stai sicuro che nel derby il tifoso granata ti sosterrà sempre. Ecco, spero di cuore che i giocatori abbiano la stessa, incrollabile fiducia che ha la tifoseria. Se ti immedesimi nel sentimento popolare, se scendi in campo incarnando lo spirito del tifoso, allora ti scatta qualcosa, allora puoi colmare il divario tecnico, fisico, di classifica. E poi la Juve è in un frangente delicato: pensi, la squadra granata, di poter scrivere un pezzo di storia del club. Anche tra vent’anni potrà essere il Toro che ha battuto la Juve, e che magari ha fatto saltare il tal allenatore o il talaltro dirigente”. Chi ha più da perdere: il Toro o la Juve?
    “Non c’è dubbio: la Juve. Il momento attraversato dai bianconeri è delicatissimo”. Per quali ragioni?
    “Hanno perso l’occasione di procedere con una rivoluzione. Magari avrebbero perso un anno per assemblare un nuovo gruppo, ma per poi tornare competitivi. La Juve avrebbe dovuto comprendere che un’era è finita, ma così non è stato. Si prenda Di Maria: un fuoriclasse, però non il giocatore che ti garantisce un futuro. Sarebbero serviti giovani affamati, con voglia di emergere. Vero pure che i bianconeri pagano gli infortuni: Pogba e Chiesa sono giocatori chiave, per Allegri”. Chi vince lo scudetto?
    “Potrà essere l’anno di una sorpresa. Il Napoli ha venduto pezzi importanti, ma acquisito ottimi calciatori e a prezzi ragionevoli. Occhio anche all’Atalanta: è rodata e non ha le Coppe europee. Poi questo è l’anno del Mondiale a novembre e dicembre: è un campionato del tutto anomalo. A gennaio ripartirà forte chi avrà avuto meno stranieri spremuti dalle gare in Qatar. Attenzione pure alla variabile infortuni, legata al Mondiale”. Vuole salutare i suoi ex tifosi?
    “Di cuore e con una speranza: che Tuttosport mi cerchi dopo un successo del Toro nel derby”. LEGGI TUTTO