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    Sabbia e Arabia: per Pogba lavoro di recupero e tempo di decisioni

    Il francese segue un percorso personalizzato con l’obiettivo di tornare al 100%. E intanto i sauditi meditano il rilancio

    Sirene dall’Arabia a parte, l’obiettivo primario di Paul Pogba è quello di rimettersi a posto fisicamente. Al più presto, così da poter scendere in campo prima possibile. Il francese sta osservando un programma di lavoro individuale col supporto di un preparatore: siamo alla seconda settimana, considerato che ha anticipato il rientro a Torino dieci giorni fa, ma per adesso è prematuro fare pronostici sul recupero completo. Il centrocampista è reduce da un anno buio (solo 161 minuti in campo, in 10 presenze) e già nei due anni precedenti non aveva brillato per continuità: per questo recuperare la forma fisica è la sua priorità assoluta. 

    IL FUTURO DI POGBA—  L’ultimo lavoro che sta svolgendo al J Medical è di attivazione sulla sabbia, funzionale al consolidamento del ginocchio che lo ha fermato l’anno scorso. Tutto prosegue come da programma col francese, fortemente concentrato sugli allenamenti e sulla Juve. Almeno per adesso, Pogba non avrebbe mostrato la minima distrazione, nonostante dall’Arabia stiano continuando a pressare per attirarlo verso la Saudi Pro League. Dopo la visita a Jeddah nello scorso weekend, il centrocampista si è svincolato dalla prima offerta (di 100 milioni per tre anni) con un “oggi no, domani non lo so”. Ma gli emissari sauditi non mollano la presa e sarebbero pronti a confezionare un rilancio monstre che potrebbe toccare quota 150 milioni. In più Kantè e Benzema sono in pressing per convincerlo a raggiungerli all’Al-Ittihad. Insomma sono giorni decisivi per il futuro di Paul, che però – prima di tutto – deve tornare a star bene. LEGGI TUTTO

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    Aouar, l’inserimento va alla grande. Basterà per conquistare il posto?

    Un mese fa il centrocampista si era presentato parlando già italiano. Poi sul campo si è guadagnato anche gli elogi di Matic. Troverà spazio tra i titolari?

    Segnali. Poco più di un mese fa, l’11 giugno, Houssem Aouar si è presentato alla Roma rilasciando la prima intervista ai canali social della Roma in perfetto italiano con sfumature francesi. “Ho già cominciato a studiarlo per rispetto alla società che mi ha acquistato e ai suoi tifosi”, ha spiegato il venticinquenne centrocampista ex Lione, che il club giallorosso ha preso da svincolato. Una mossa che è stata indizio di grande intelligenza e disponibilità, se si pensa che – a due o tre anni dal loro arrivo – ci sono ancora diversi giocatori della nostra Serie A che non rilasciano interviste in italiano. Ovvio, però, che è il rendimento sul campo la vera cartina di tornasole sulla bontà di un arrivo, e da questo punto di vista i primi giorni di lavoro del centrocampista franco-algerino lasciano ben sperare. A dimostrarlo, tra l’altro, sono i complimenti via social che ha ricevuto da un pretoriano di José Mourinho, Nemanja Matic, che dopo una partitella ha distribuito elogi al suo nuovo compagno. 

    Ce ne sarà bisogno, perché sulla carta la strada di Aouar non è in discesa. Trovare spazio in un reparto in una mediana in cui cui ci sono due totem sicuri (Matic e Cristante, più il baby Bove in rampa di lancio) e in una trequarti appaltata a Pellegrini e Dybala – senza contare la mezzala di qualità in arrivo (uno fra Sabitzer e Renato Sanches, forse) – non è facile. Tra l’altro, ha anche stupito quel post social dello Special One che – mettendo la foto della sua lavagna a Trigoria – come prima alternativa a Matic, in questi giorni, metteva il baby Pagano e solo dopo Aouar. Un caso o un messaggio? In attesa di scoprirlo, Houssem prova a mettersi al centro del villaggio romanista, approfittando dell’assenza dei nazionali, che torneranno solo lunedì. Se il talento sarà pari alla versatilità nelle lingue, Aouar potrebbe essere un mezzo fenomeno. LEGGI TUTTO

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    Ranieri su Jankto: “Lui più forte delle polemiche, scelto per le sue qualità”

    L’allenatore del Cagliari, intervistato dal Corriere della Sera, ha commentato l’ingaggio dell’ex Samp che aveva rivelato la sua omosessualità

    Claudio Ranieri, che guiderà il Cagliari nella stagione del ritorno in Serie A, si è espresso al Corriere della Sera sul neo acquisto del club sardo, Jakub Jankto. L’allenatore romano ha toccato più punti, dalle caratteristiche del calciatore ceco alla sua scelta di fare coming out. 

    valutazioni—  Ranieri conosce Jankto, avendolo già allenato alla Sampdoria: “Con il presidente Giulini l’ho ritenuto un profilo adatto al nostro progetto di calcio, le altre cose non mi interessano. Jakub è un gran professionista, un ragazzo d’oro che ascolta e cerca di mettere in pratica le richieste dell’allenatore.”

    sul coming out—  La rivelazione di Jankto ha fatto scalpore, ma secondo Ranieri non avrà alcun tipo di ripercussione: “Siamo una famiglia, non ci saranno problemi. Forse ci sarà qualche idiota negli stadi, ma andremo oltre: credo che un ragazzo che faccia ciò che ha fatto lui sia molto forte dentro”. LEGGI TUTTO

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    Vlahovic-Psg: contatto. E la Juve aspetta un’offerta

    Il domino europeo dei grandi attaccanti potrebbe a breve travolgere anche Dusan. E oltre ai francesi ci sono anche Chelsea, Bayern e Tottenham

    L’élite europea è affascinata dai centravanti della Serie A. Non solo Victor Osimhen, che il Napoli sta provando a blindare sia con una valutazione impegnativa (200 milioni) sia con una proposta di rinnovo invitante per il nigeriano. C’è anche Dusan Vlahovic sulla lista dei possibili obiettivi di tanti grandi club. Acclamato dai tifosi, l’attaccante della Juventus ha avuto un colloquio conoscitivo con Giuntoli. Il nuovo direttore tecnico è consapevole che davanti ad un’offerta importante, superiore ai 60 milioni, sarebbe difficile trattenere il giocatore; fonti dalla Serbia, inoltre, riferiscono che non sarebbe nemmeno troppo contrario a misurarsi in un altro contesto prestigioso. 

    effetto domino—  Come spesso accade, la destinazione finale di Vlahovic potrebbe essere il risultato di un effetto domino. Al momento Paris Saint-Germain, Chelsea, Tottenham e Bayern Monaco sono alla ricerca di una punta di spessore. I francesi ne hanno bisogno indipendentemente dal futuro di Kylian Mbappé, la cui vicenda però potrebbe modificare in modo determinante la capacità di spesa e al tempo stesso anche la definizione del profilo su cui puntare. C’è stato un primo sondaggio dei parigini con l’entourage del calciatore, ma ancora nessun contatto con la Juve. Il Chelsea invece sta prendendo tempo, in attesa di concludere prima la cessione di Lukaku e comprendere a quali cifre possa verificarsi, così da avere un quadro più chiaro del budget da poter destinare ad un colpo in entrata nel reparto. Ci sono ancora tanti nodi da sciogliere per Giuntoli, l’impressione è che prima di qualche settimana non arriveranno proposte ufficiali. Il futuro di Vlahovic, dunque, è destinato a rimanere ancora un’incognita. LEGGI TUTTO

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    Napoli, Massara nuovo ds? C’è la proposta di De Laurentiis

    Garcia è lo sponsor, l’incontro a Roma una settimana fa: offerto un contratto pluriennale, l’ex rossonero ha preso tempo per riflettere

    Roma ha sempre un buon motivo per essere visitata, ma in tempi di mercato bisogna stare attenti a non essere pizzicati in zone “pericolose”. Perché poi la soluzione all’enigma diventa di facile risoluzione: cosa ci faceva Frederic Massara, ex direttore sportivo del Milan attualmente senza squadra, nel cuore della Capitale? L’avvistamento è di una settimana fa e la risposta è semplice: Massara è stato invitato alla Filmauro, sede legale anche del Napoli, da Aurelio De Laurentiis, che gli ha prospettato l’ipotesi di ereditare il vuoto lasciato in società da Cristiano Giuntoli, passato alla Juve. Il Napoli, infatti, è alla ricerca di un nuovo d.s. dopo aver pensato inizialmente di poter fare a meno di una figura così delicata all’interno di una società di calcio. Massara ha le caratteristiche giuste per il club azzurro ed è uno che ama scoprire in anticipo i talenti emergenti. Il Napoli gli ha proposto un accordo pluriennale e il d.s. si è preso del tempo per valutare l’offerta. Ci si riaggiornerà, ma senza fretta, perché intanto il mercato lo stanno portando avanti il presidente De Laurentiis e l’a.d. Andrea Chiavelli, in contatto costante col tecnico Rudi Garcia. 

    Sponsor—   Proprio Garcia sarebbe il grande sponsor di Massara al Napoli: i due si conoscono dai tempi della Roma e fu proprio Massara in gran segreto ad accompagnare Garcia a Boston dall’allora presidente Pallotta, prima della firma. Tra i due c’è stima e affetto, due componenti non banali per chi dovrà svolgere il lavoro di ponte tra staff tecnico e società. Massara è un profilo che si sposerebbe bene con Leonardo Mantovani – l’uomo che ha rivoluzionato il modo di fare scouting permettendo al Napoli di avere un lavoro capillare praticamente a costo zero – e Maurizio Micheli, oggi d.s. in pectore dopo l’uscita di Giuntoli e primo consigliere della proprietà. Ma non c’è solo il nome di Massara sulla agenda di De Laurentiis. Perché sempre a Roma vive anche Ighli Tare, ex d.s. della Lazio, altra candidatura autorevole per i campioni d’Italia. Insomma, De Laurentiis ha cominciato il casting. Per scoprire il vincitore, servirà pazienza. LEGGI TUTTO

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    Vieri è stato Haaland prima di Haaland. Anzi, meglio

    Centravanti potente, tecnico, completo, con il senso del gioco. Per molti versi superiore al norvegese che oggi viene visto come un marziano

    Oggi, quando si discute di centravanti, non si fa che citare il nome di Erling Haaland come se fosse un marziano venuto sulla terra a miracol mostrare. Per carità, il norvegese è un gran bell’attaccante, inserito in un contesto di primo livello come quello del Manchester City guidato da Pep Guardiola, ma la memoria, compagna preziosa che spesso stimola oltre che il ricordo pure la nostalgia, aiuta a ripescare da un passato nemmeno troppo lontano un giocatore che, per caratteristiche, non era certo secondo a Haaland: Christian Vieri, Bobo per tutti, che fa cinquant’anni giusti giusti e, se ne avesse la metà, sarebbe ancora protagonista in campo e di lui si direbbero meraviglie.  LEGGI TUTTO

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    Torino, Radonjic 10: avrà il numero dell’estro

    No, niente spacconeria. Un po’ di vanità sì, ma nella storia recente del Toro non ci sono certo tanti miti ingombranti ad aver indossato quella maglia. Dalla 10, infatti, sono passati giocatori di ogni lignaggio. Dall’ottimo Sasa Lukic alla meteora Amer Gojak, dal dirompente Iago Falque all’estroso Adem Ljajic, dal goleador Ciro Immobile alla delusione Barreto.
    Nell’era Cairo, poi, spiccano anche altri nomi decisamente minori: Sgrigna, Antonelli Agomeri, Iunco e Ferrarese si sono cuciti sulla schiena le cifre più importanti. Quelle che, messe vicine, fanno accendere la fantasia. Adesso tocca a Nemanja Radonjic. Uno che ha le doti per poterla indossare senza il rischio di vestirla male, quella maglia che per i tifosi granata rimarrà indelebile nel ricordo di giocatori fatati come Gigi Meroni, Claudio Sala e Martin Vazquez, per esempio. Gente che col pallone fra i piedi era sempre in luna di miele. Guai, ovviamente, a paragonare Radonjic a dei mostri sacri della storia: quelli non si toccano mai. Ma la mossa del serbo è una vera e propria dichiarazione d’intenti, che è chiamato a non disattendere. La 10, infatti, è un atto di fede. Un impegno, una promessa, un modo per dire alla gente granata che in questa stagione ci sarà da divertirsi.
    Radonjic, il 10 da Toro: la maglia per svoltare!
    Torino, Radonjic e il feeling con Juric
    Non è un caso che ieri, sui social, il fermento sia stato notevole: Maradonjic è un giocatore che divide, per i suoi continui alti e bassi, ma le capacità che ha non sono discutibili. Quando mette il turbo non lo prende nessuno, quando decide di sverniciare le difese avversarie sono dolori per chiunque. A lui l’eredità di Lukic, un “diez” quasi per caso: elemento importante per tanti allenatori del Toro recente, ma scappato via agli sgoccioli del mercato invernale per sposare la Premier League, per accettare la corte del Fulham. Squadra nella quale oggi, il serbo, è semplicemente uno dei tanti. Radonjic, invece, si è posto un obiettivo: essere il trascinatore del Toro che verrà. Ha preso questo numero per dimostrare a Juric che di lui si può fidare. Già, sembra davvero incredibile che dopo l’ultimo derby i due siano tornati ad essere due perfetti sposini. Quei 16’ in pantofole rischiavano di costare cari a Rado, che per poco non faceva esondare la pazienza del mister. Il confronto da Far West a bordocampo è acqua passata. Per merito di entrambi: di Juric che ha saputo mettere da parte l’orgoglio ferito di un allenatore che dopo il Mondiale ha allenato per due mesi il cugino scarso di Nemanja, ma anche di Radonjic, che dopo la figuraccia dello Stadium si è rimesso a lavorare a testa bassa. Riconquistando credibilità a suon di grandi prove, sia da subentrato che dall’inizio. Il Toro lo ha riscattato ad una cifra di saldo: due milioni al Marsiglia e tanti saluti al passato di un giocatore che in granata si è espresso ad ottimi livelli per tante partite. Tante, sì, ma non abbastanza per fugare tutti i dubbi su di lui. Ora, però, indossa la 10. Per sua precisa volontà. Un gesto per dimostrare un salto di qualità in termini di maturità. Una maniera, allo stesso modo, per alzare la pressione e l’attenzione intorno a lui, unico vero trequartista presenta in rosa. Tutti aspettano Miranchuk e Vlasic, ma intanto c’è Radonjic, da lunedì madido di sudore al Filadelfia per dimostrare di valere il ruolo di leader tecnico che si è attribuito.
    Toro, Radonjic corre e suda in vacanza: è il tempo di svoltare LEGGI TUTTO