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    Juve-Inter, la frase scelta dai tifosi per lo spogliatoio bianconero

    “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Le parole di Giampiero Boniperti sono state scelte dai tifosi della Juve per campeggiare al centro dello spogliatoio dei bianconeri, in fermo immagine sulle tv al suo interno. Un modo da caricare la squadra in vista dell’andata della semifinale di Coppa Italia contro l’Inter.
    Juve-Inter, scatta il conto alla rovescia: Allegri non vuole fermarsi
    Coppa Italia, Juve-Inter, tutto pronto e sold-out all’Allianz Stadium. Cresce l’attesa per una sfida attesa, una partita mai banale. Alle 21 il calcio d’inizio del primo atto della doppia sfida che può permettere agli uomini di Allegri di dimostrarsi più forti della penalizzazione in classifica in campionato e di muovere un passo importante verso la finale della kermesse tricolore. Senza dimenticare che Bonucci e compagni sono ancora in corsa in Europa League dove contenderanno allo Sporting Lisbona la qualificazione in semifinale. LEGGI TUTTO

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    Lutto Juve: è morta Rosi Vergnano, la moglie di Boniperti

    TORINO – Si è spenta la signora Rosi Vergano, vedova di Giampiero Boniperti, ex giocatore, presidente e leggenda della Juventus. Figura schiva, lontana dall’attenzione mediatica ma sempre al fianco del marito per tutto il corso della sua vita professionale e privata come la stessa leggenda della Juventus sottolineò con la celebre frase: “Due cose sono state fondamentali nella mia carriera di calciatore, il talento e mia moglie, Rosi”. Rosi e Giampiero si erano sposati nel 1954 dando alla luce tre figli (Giampaolo, Alessandro, Federica). I funerali di Rosi Vergano si terranno venerdì 9 dicembre, alle ore 10:00 nella parrocchia di San Vito a Torino.
    Vittorio: “Sarete la parte del mio passato che saprà addolcire il presente”
    Giampaolo, Alessandro e Federica hanno regalato ai genitori la gioia di diventare nonni sette volte, uno dei nipoti, Vittorio, ha dedicato un post ai nonni: “‘Due cose sono state fondamentali nella mia carriera: il talento e mia moglie Rosi’ Così semplice da non sembrare vero. Sarete la parte del mio passato che saprà addolcire il presente. Rosi e Piero, grazie per essere stati così semplicemente i miei amati nonni. Vi voglio bene”.
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    Juve, Del Piero: “Verratti incredibilmente bravo, Boniperti manca tantissimo”

    ROSETO DEGLI ABRUZZI (Teramo) – In un Pala Maggetti gremito per la partita fra Juventus Legends e Milan Legends, l’ex capitano bianconero Alex Del Piero è stato acclamato dagli oltre 2mila tifosi abruzzesi presenti al palazzetto dello sport di Roseto degli Abruzzi: “Indossare la maglia della Juve è sempre una emozione e così è anche questa sera”, afferma ‘Pinturicchio’. “Verratti è il presente e poi Massimo Oddo e Fabio Grosso che ha segnato anche nella semifinale con me. Verratti è incredibile per quanto sia bravo e con questi ragazzi ci accomuna comunque la nazionale che ha avuto anche diversi abruzzesi”. L’ultima battuta di Del Piero è stata per l’ex grande presidente Giampiero Boniperti a un anno e due giorni dalla sua scomparsa: “Lo ricordo sempre. Il suo ricordo per me è unico. L’ho incontrato a Udine per la prima volta quando avevo 16 anni. Poi quando ho firmato il mio contratto con la Juventus. Manca la personalità, la presenza e il temperamento come il suo. È stato un grande presidente”. LEGGI TUTTO

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    La Juve ricorda Boniperti a un anno dalla scomparsa

    Esattamente un anno fa, 18 giugno 2021, all’età di 92 anni ci lasciava Giampiero Boniperti. Icona della Juve prima da calciatore e poi da dirigente, incarnava i valori del club e quella smania di arrivare al successo. Fu infatti lui a coniare il lo slogan, rimasto poi emblema della società e dei suoi tifosi, “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”. Ha sempre difeso i colori bianconeri, sia sul rettangolo di gioco che dietro la scrivania. Il suo nome è indissolubilmente legato alla Vecchia Signora che, a un anno esatto dalla morte, lo ha voluto omaggiare attraverso una nota ufficiale apparsa sul proprio sito.
    Giampiero Boniperti, il ricordo della Juve: “Un anno senza il Presidentissimo”
    “Succedeva esattamente un anno fa. Il 18 giugno 2021, all’età di 92 anni e a pochi giorni da quello che sarebbe stato il suo compleanno numero 93, se ne andava Giampiero Boniperti. Quel giorno per noi fu un momento di commozione, di tristezza, ma fu anche l’occasione per guardare, ancora una volta, alla grande, immensa storia che ha legato quel ragazzo di Barengo, in provincia di Novara, ai colori bianconeri – si legge -. Una storia d’amore vera, durata una vita, in cui prima Giampiero diede tutto come calciatore, in un’epopea straordinaria dal 1947, scrivendo pagine di storia che quasi sempre cominciavano con quel tris di nomi, da pronunciarsi a memoria: Boniperti-Charles-Sivori. 179 in tutto le sue reti da calciatore, ma i numeri sono qualcosa di freddo, se non raccontano emozioni, abbracci, storie. Se non segnano le vite. E la vita di Boniperti e quella della Juve, da allora, furono destinate a procedere per sempre in parallelo: nel 1971, iniziò il secondo tempo di questa storia pazzesca. Un secondo tempo nel quale Boniperti fece capire al mondo cosa significa il motto che tutti gli juventini conoscono a memoria, e che lui stesso gridò quella notte, in cui la nostra nuova casa, l’Allianz Stadium, veniva inaugurato: ‘Vincere non è importante: è l’unica cosa che conta’. Perchè da quando lui divenne Presidente, la Juve vinse semplicemente tutto. Ma oggi, a un anno esatto dalla sua scomparsa, non ricordiamo solo la sua storia, le sue vittorie, i suoi trionfi: oggi ricordiamo uno degli uomini che più di tutti scrisse la leggenda Juventus, perché la Juventus era il suo DNA. Una storia infinita: infinita, come lui”. LEGGI TUTTO

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    Intervista esclusiva ad Alessandro Boniperti: “Nel calcio anche per papà”

    Nell’ufficio di Giampiero Boniperti balenano ricordi da ogni angolo. Ma foto, pagine di giornale, maglie, libri  e oggetti sparpagliati per il  corridoio e le stanze non creano un lugubre effetto museale, c’è vita che scorre, ci sono  racconti che escono con la  sua voce. Il primo contratto è  un gioiello incorniciato e che  riporta il timbro «copia per  il giuocatore» e la cifra, «sessantamila lire», che era andata al Momo, la sua prima  squadra. Suo figlio Alessandro indica la teca che conserva la maglia azzurra del “resto del mondo” con la quale  giocò a Wembley contro l’Inghilterra nel 1953: «Era orgogliosissimo di essere stato selezionato nella formazione  dei migliori del mondo, che  gli inglesi snobisticamente  indicavano semplicemente  come “The Rest”, segnò due  gol, ma finì 4-4 per errori arbitrali. Guarda il calzettone,  ha un bello sbrego: ricordo di un calcione di un inglese».  Alessandro sta per far tornare  il nome di Boniperti nel calcio: oggi, a Luisville inizia un  torneo internazionale di calcio femminile, la Women’s  Cup, di cui è organizzatore.

    Lei respira calcio da quando è nato, ha anche  giocato nella Primavera  della Juventus, poi nella  vita ha preso altre strade,  da imprenditore. Oggi  torna nel calcio e lo fa da  organizzatore di un torneo  internazionale di calcio  femminile, perché questa  scelta?

    «Il calcio ha sempre fatto parte della mia vita. Quello femminile in questo momento  mi ha attirato per due ragioni: per me è il futuro e inoltre  ha una purezza, un entusiasmo, uno spirito che mi ricorda quello di cui mi ha sempre parlato mio padre. E’ un  calcio dal sapore pionieristico e questo mi ispira».

    Cosa direbbe suo padre del calcio femminile?

    «Ah, ne sarebbe entusiasta.  Non confondete i valori antichi che lo hanno sempre  contraddistinto con la visione del mondo, che era sempre avanti, sempre moderna.  L’idea della Juventus Women  gli sarebbe piaciuta da matti.  E avrebbe apprezzato quello spirito di cui parlavo prima».

    Perché sostiene che il calcio femminile è il futuro?

    «Il calcio femminile è divertentissimo. Per il suo essere così istintivo e tattico allo  stesso tempo. I rapporti fra le  giocatrici sono più sani, amichevoli, non ci sono superstar indottrinate da procuratori. In campo regna maggiore fairplay. E alla fine ci si abbraccia e si rende merito  al vincitore. È quindi questo  messaggio di sportività sincera che buca il televisore ed entra nei cuori, infatti Alex Morgan negli Usa vende più  magliette di Neymar». 

    Passione e un po’ di business,  insomma.

    «Beh, non è una vergogna,  anche perché il movimento femminile ha bisogno di  crescere economicamente,  La disparità con gli uomini  è ingiusta, ma non può essere eliminata per legge, ma  serve che ovunque le donne possano essere professioniste a tutto tondo, sponsor  compresi».

    Il calcio femminile anche  uno strumento potente per cambiare la cultura.

    « Mi  permetto  di  fare  un  omaggio al “mio vecchio”,  come dicono in Argentina.  Mio padre, da parlamentare  europeo negli Anni 90, si era  battuto per inserire la parola “sport” nella costituzione  europea come motore per  la crescita dell’individuo e lo  ottenne. Lo sport è un elemento fondamentale della società. Mio padre diceva  sempre: butta una palla in un  parco e qualcuno la inseguirà  per calciarla. Anche qualche  ragazza, aggiungo io».

    Guarda la galleryAddio Boniperti, le foto più belle del simbolo della Juve LEGGI TUTTO

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    Juve, ci sarà un altro Boniperti?

    Potrà mai esserci un altro Giampiero Boniperti? Potremo cioè vedere un giocatore che compie tutto il suo percorso nella stessa squadra, vincendo e diventandone il capitano, per poi diventarne dirigente, altrettanto vincente e duraturo, incarnando così lo spirito più profondo del club?

    L’impressione è che venerdì se ne sia andato non solo un simbolo della Juventus e un gigante delcalcio italiano, ma anche una figura irripetibile per percorso e storia. Il problema sono le circostanze: la Juventus del Boniperti dirigente era una squadra di calcio e aveva meno di dieci dipendenti, quella attuale è un’azienda che dà lavoro a trecento persone, oltre a essere quotata in Borsa. Boniperti gestiva magistralmente un calcio artigianale, oggi il calcio è industria (e anche una delle più importanti del Paese). Insomma, non è tanto il problema di trovareun calciatore bandiera (sono in via d’estinzione ma se ne trova ancora qualche esemplare), il problema è poi dargli in gestione una società che fattura mezzo miliardo di euro e deve rendere conto anche alla Consob.

    Della competenza, del carisma e della conoscenza profonda del club, però, c’è sempre un grande bisogno. E un Boniperti potrebbe essere utilissimo anche nel calcio industriale di oggi. E la Juventus ha qualche opportunità in più di trovarne uno. Per due ragioni.

    La prima è che c’è un elemento di continuità tra i tempi di Boniperti e i nostri: la famiglia Agnelli. Se Boniperti è stato il gigante che è stato è anche per il supporto e l’aiuto dell’Avvocato Agnelli, che l’aveva scelto e lo ha sempre affiancato con passione e discrezione, dandogli autorevolezza e consigli, sostegno e idee.

    Nella Juventus attuale c’è già Pavel Nedved, che non ha la carriera monoclub di Boniperti, ma è unanimemente riconosciuto come bandiera del club e da undici anni affianca Agnelli al vertice della società. E poi c’è Giorgio Chiellini, che tolti gli inizi, è uno juventino totale, in possesso di un indiscutibile dna bianconero, incarnazione dello spirito del club, agonista e guerriero in campo, educato e composto fuori. Sono molte le somiglianze fra lui e Boniperti. Chiellini aggiunge a tutto questo anche una laurea in Economia e Commercio, conseguita con 110 e lode. Uno strumento indispensabile per districarsi nel calcio moderno.

    Può essere lui il Boniperti del futuro? Imprudente e anche poco professionale affermarlo oggi. Diciamo che ha le carte in regola e molto tempo davanti a sé per prepararsi. Sta ancora giocando (e lo farà anche nella prossima stagione) e poi dovrà imparare il mestiere. Tra la fine della carriera da giocatore e l’inizio di quella da presidente, Boniperti frappose dieci anni di apprendistato, bazzicando la sede come consigliere. Non c’è fretta, dunque, ma c’è speranza. LEGGI TUTTO

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    Boniperti inventò la Juve moderna: lo stile, la disciplina e la programmazione

    TORINO – Insieme alla famiglia Agnelli, che da 98 anni possiede il club, Giampiero Boniperti è senz’altro la persona più importante e fondamentale della storia della Juventus. Non solo strepitoso giocatore e fenomenale dirigente, con un palmares che rappresenta una parte pesantissima di quello totale della società, ma inventore del concetto stesso di Juventus per come lo conosciamo noi.

    Diventato dirigente ha progettato le fondamenta della Juventus

    La Juventus moderna è frutto del suo pensiero di dirigente e dei suoi sentimenti di eterno innamorato del club, per il quale ha tifato, giocato, sofferto, provato le gioie più intense della sua vita. Da giocatore ha dato, con il suo esempio, un imprinting di dedizione e determinazione agonistica (che poteva diventare ferocia) unite però a educazione e forma impeccabile. Diventato dirigente (e bravo geometra), con quei concetti, ha progettato le fondamenta della Juventus così come la conosciamo noi: società tetragona, ben organizzata, seria, nella quale l’imperativo è vincere e nessuno deve mai essere più importante della maglia e di ciò che rappresenta.

    L’eredità del presidentissimo non è andata perduta

    È come se Boniperti abbia dato alla Juventus una regola monastica: serietà e disciplina. E se alcune sue norme comportamentali come quelle sulle acconciature e la sobrietà nel vestirsi hanno finito per logorarsi nel tempo, lo spirito è rimasto fedele al solco da lui tracciato. Solo giovedì, Paul Pogba, le cui giacche di lamé e le creste colorate non sarebbero state ammesse dal Boniperti presidente, raccontava la Juventus come il «club che mi ha fatto diventare uomo e dove impari cosa significano disciplina e impegno e come entrambi incidano sui risultati». L’eredità del presidentissimo non è andata perduta, è stata tramandata nel tempo come un vero dna societario.

    I tifosi, per lui, meritavano il massimo

    Per Boniperti il calcio, quindi la Juventus, era una cosa serissima. Ci volevano impegno e applicazione, perché non poteva essere semplicemente un gioco se muoveva così tanti quattrini e smuoveva sentimenti così profondi nelle persone. I tifosi, per lui, meritavano il massimo (era juventino da bambino, è continuato a esserlo fino all’ultimo secondo della sua vita), ma soprattutto andava rispettato in sé il lavoro di calciatore professionista e l’impegno, non solo economico, della famiglia Agnelli. Pochi e semplici principi dai quali faceva discendere regole e decisioni.

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