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    L'uomo sbagliato nel momento sbagliato: i 77 giorni che sconvolsero Gasperini e l'Inter

    Domenica l’allenatore dell’Atalanta affronta la squadra che allenò per un breve periodo nel 2011, dallo scetticismo iniziale al livore finaleI 77 giorni di Gasp all’Inter cominciano con (poco) entusiasmo e finiscono con (tanto) livore. Più della rabbia poté la disillusione, che è pure peggio. 5 luglio 2011, Gasp si presenta. Il popolo interista non fa la ola, mantiene una certa cautela, la stessa di Massimo Moratti che pur l’ha assunto. 20 settembre 2011, dopo la sconfitta di Novara a Gasp viene indicata l’uscita. LEGGI TUTTO

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    Shevchenko via, anzi no, e Labbadia resta in stand-by: caos Genoa

    E adesso chi lo dice a Andriy Shevchenko che deve fare le valigie e chiudere la sua brevissima avventura (appena nove partite di campionato e due in coppa Italia) come allenatore del Genoa? Tutto deciso, sembrava. Via Sheva e dentro Bruno Labbadia, italotedesco, 56 anni il prosismo 8 febbraio, ex tecnico, tra le altre, di Bayer Leverkusen, Amburgo, Stoccarda, Wolfsburg, Hertha Berlino nonché calciatore di ottimo livello (2 presenze in Nazionale). Labbadia è stato scelto personalmente dal direttore generale e plenipotenziario per il mercato del club rossoblù, Johannes Spors, il quale di calcio europeo si intende. Ha lavorato a vario titolo per Hoffenheim, Lipsia, Amburgo, Vitesse. Tutto fatto, tutto deciso. Raggiunto l’accordo con Labbadia (due anni di contratto con opzione per il terzo), pronto a firmare. Ora tutto bloccato in attesa delle decisioni del vertice del Genoa. Labbadia è descritto come uno specialista nei subentri in corsa, un tecnico di forti qualità umane. Figlio di immigrati italiani della provincia di Latina, da bambino fu vittima di bullismo, i compagni di scuola lo deridevano chiamandolo “mangiaspaghetti” (spaghettifressen) sebbene non parlasse italiano per scelta, nel tentativo di integrarsi nella società tedesca. Anche ogi la sua padronanza dell’italiano è un po’ approssimativa. In una vecchia intervista alla tv italiana Labbadia confessò di provare simpatia e ammirazione per la Sampdoria. Era lo squadrone di Boskov, Vierchowod, Mancini, Vialli. Roba vecchia. Ma ai tifosi del Genoa quelle parole non piacquero e non piacciono neppure oggi. A Genova per certe cose la gente ha memoria da elefante…Labbadia, dunque, sulla panchina del Genoa. Senonché il Genoa nell’infrasettimanale di San Siro contro il Milan ha sì fallito il passaggio ai quarti di finale di Coppa Italia, giocando però la miglior partita, per applicazione senso tattico e generosità, sotto la gestione dell’ex Pallone d’Oro 2004. Rimettendo così in discussione, seppure a strettissimo lasso di tempo, la posizione di Shevchenko. Il tecnico ucraino potrebbe persino restare in panchina fino al posticipo di campionato di lunedì sera a Firenze e chissà cosa accadrebbe se il Genoa facesse risultato, giocando bene come ha giocato a Milano, anche al Franchi.“Grande è il caos sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente”, disse Mao, il Grande Timoniere cinese. Rimpicciolendo il celebre detto alle cose del calcio, si ha l’impressione che la leadership del Genoa, passata agli americani di 777 Partners, che ad ottobre hanno chiuso l’era Preziosi stia perdendo il controllo del timone della nave rossoblù. Perlomeno che abbia sbagliato i tempi e i modi nella gestione del passaggio fra Shevchenko e Labbadia. E’ pur vero che il bilancio dell’ex Milan in campionato è disastroso: appena tre punti, frutto di altrettanti pareggi con Udinese, Atalanta e Sassuolo. E che il Genoa-squadra è andato sfaldandosi anche sotto il profilo del gioco. Fatale è risultata la sconfitta nello spareggio salvezza contro lo Spezia, vittorioso a Marassi. La classifica geme come un dannato nell’inferno dantesco, il Genoa è penultimo con un solo punto di vantaggio (12 a 11) sulla Salernitana che però deve recuperare due gare. Il Cagliari l’ha superato e con 16 punti è tornato in corsa per la salvezza. A 17 c’è il Venezia, con una partita da recuperare contro la Salernitana. A 19 punti, lo Spezia, a 20 Sampdoria e Udinese (i friulani devono giocare due partite di recupero) a 21 il Verona. Una tonnara. Obiettivamente salvarsi è diventata un’impresa, difficilissima ma non impossibile. Difatti il Genoa ci proverà. Con o senza Shevchenko. LEGGI TUTTO

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    Milan, ecco cosa cambia sul mercato dopo il k.o. di Tomori

    Oltre a Kjaer, Pioli ha perso l’inglese per un mese. Il club, però, non è intenzionato ad affrettare le mosse: investirà sul mercato solo se troverà un difensore dal profilo adattoDecidere nell’emergenza. Non è proprio facilissimo, tant’è vero che il web è pieno di seminari e corsi che insegnano – o si propongono di farlo – a scegliere con lucidità anche quando il contesto mette pressione. Paolo Maldini e Frederic Massara non s’iscriveranno: non ne hanno bisogno, sanno perfettamente da soli quando è il momento di intervenire sul mercato per puntellare il Milan e quando, invece, si può chiedere uno sforzo in più all’organico già a disposizione di Pioli. LEGGI TUTTO

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    Dramé riparte dall'Eccellenza: “Che anni in A, ma con Gasperini…”

    Il terzino ex Chievo, Atalanta e Spal ha firmato con la Valcalepio, sulle colline bergamasche. Ora riavvolge il nastro e racconta tutto: gli inizi nella periferia di Parigi, le giovanili del Psg, gli amici in Italia, il gol alla Juve. E il razzismo ancora da combattere Il suo presente è sulle colline bergamasche in cui si producono vini per tutti i gusti. Lungo le sponde del fiume Oglio, a due passi dal confine con la provincia di Brescia. Boukary Dramé, un passato da oltre 130 presenze in Serie A (tra 2011 e 2018, con le maglie di Chievo Verona, Atalanta e Spal), ha deciso di ripartire dal dilettantismo. Dopo oltre un anno da svincolato, ha appena trovato squadra: la Valcalepio, girone C dell’Eccellenza lombarda. LEGGI TUTTO

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    Bastoni è l'uomo nuovo del calcio italiano: ecco perché con lui l'Inter gioca in 12

    In casa nerazzurra sta succedendo un qualcosa di rivoluzionario per mano di Simone Inzaghi, che non smette mai di studiare e di sperimentare. E in effetti, ciò che sta succedendo alla sua difesa a 3 è a suo modo suggestivo grazie all’utilizzo del giovane difensoreCi sono rivoluzioni silenziose, nel mondo del calcio, che finiscono però per fare storia. Perché nel pallone, diciamolo chiaramente, ormai c’è poco da inventare. Si tratta, piuttosto, di modernizzare, di portare a un processo di evoluzione, sistemi già in voga. Qualcosa di molto importante, molto vicino a un cambiamento davvero radicale, sta invece succedendo all’Inter, per mano di un allenatore – Simone Inzaghi – che non smette mai di studiare, di rispondere alle proprie curiosità, di sperimentare. LEGGI TUTTO

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    Veleni e stracci che volano: Fiorentina-Juve è una vecchia storia

    Il clamoroso 11-0, il titolo mancato nel 1982, la finale di Coppa UEFA del 1990 e il caso Baggio: la rivalità tra bianconeri e viola è una questione aperta da anniMotherfuckers, letteralmente “Figli di p******”, gergalmente “Bastardi”, ma l’offesa si colora di tante altre sfumature, diciamo così. Per dire: l’attore Samuel L. Jackson ne ha fatto il suo mantra, non c’è film in cui non lo ripeta: una volta raccontò che da piccolo era balbuziente, così ne aveva fatto il suo scioglilingua. Sorpresona: la balbuzie passò. In “Pulp Fiction” lo usa come punteggiatura. Motherfuckers, dunque. Rocco Commisso, patron della Fiorentina, l’ha detto una volta sola, ma definitiva. Destinazione Juventus, nessuno si stupisca: storicamente quando da Firenze parte una freccia avvelenata, una volta su due è puntata verso la Juve. In un’intervista al Financial Times, Commisso ha sparato ad alzo zero anche (e non solo) contro la Juventus. Punto uno, a proposito delle perdite in Borsa della Juve: “Se fosse successo negli Stati Uniti gli azionisti avrebbero fatto causa a quei motherfuckers”. Alè. Punto secondo, Commisso si chiede: “Chi ha fatto quello che ho fatto io in Italia?”. La risposta se la dà da solo, parlando di “gelosie” dei suoi colleghi: “Non gli Agnelli. Il nonno, forse, non certo i nipoti”. Alè-bis. LEGGI TUTTO

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    L'allarme di Dal Pino: “Aiuti o per noi è finita”. Il modello sono i ristori francesi

    Il presidente di Lega scrive alla Vezzali: “Perdite gravissime, ora servono nuove misure”. Il punto di riferimento è la Francia dove dall’inizio della pandemia il governo ha stanziato 8 miliardi di euro per sostenere lo sport, calcio e rugby su tuttiAiuti, ristori. “O si getta la spugna”. Paolo Dal Pino, presidente della Lega Serie A, scrive alla sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali. E c’è poco di diplomatico nella lettera spedita proprio nelle ore convulse dell’approvazione del nuovo protocollo anti Covid. L’allarme va più indietro nel tempo e riguarda il rimbalzo disastroso della pandemia sui conti del calcio professionistico. Conti appesantiti negli ultimi giorni, peraltro, dall’autoriduzione della capienza fino ai 5.000 spettatori, decisa per rispondere all’appello alla collaborazione del premier Mario Draghi, trasmesso dal presidente federale Gabriele Gravina. LEGGI TUTTO

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    Da “Cent'anni di solitudine” alle sigarette: la vita da romanzo di Sabatini

    La nuova avventura del direttore sportivo: una carriera da anticonformista del palloneLa ragione di una scelta, che a molti può sembrare stravagante, sta nelle parole da lui stesso pronunciate qualche anno fa: “Ho sempre avuto poco rispetto per la mia vita. Mi suicido tutti i giorni”. Il riferimento non era solo alle sigarette fumate e ai caffè bevuti, all’esistenza divorata in bilico costante tra piacere e dolore, ma anche (soprattutto) alle decisioni controcorrente che il suo spirito ribelle gli ha sempre suggerito di prendere. LEGGI TUTTO