consigliato per te

  • in

    Morata resterà. Dybala? Dipenderà dal suo rendimento

    Per lo spagnolo ci sarà il riscatto o il rinnovo del prestito, per l’argentino il contratto è in stallo: sarà decisivo il rientro in campo

    Ci sono stati tempi in cui programmare era più semplice, ci sono state stagioni meno frenetiche, ci sono stati mercati in cui soldi e potenziali compratori erano più abbondanti. Nonostante le difficoltà oggettive e la “freschezza” dell’eliminazione in Champions, questo è il momento in cui normalmente si mettono le basi della prossima campagna acquisti, almeno a livello filosofico. LEGGI TUTTO

  • in

    Inter, quanti segnali dal campo e dalla storia

    Nove punti sulla seconda, il Milan, come nove gli scudetti consecutivi della Juve. E lo scontro diretto con i bianconeri alla penultima potrebbe diventare come nel 2014 quando…

    Ci sono i segnali del campo ma ci sono anche i segnali della storia che invitano all’ottimismo. E allora, mescolando gli uni agli altri, è facile pensare che questo sia l’anno dell’Inter. Nove, come gli scudetti consecutivi vinti dai bianconeri, sono i punti di vantaggio dei nerazzurri sul Milan, un distacco record in questo campionato che nemmeno la Juventus di Sarri aveva mai accumulato. LEGGI TUTTO

  • in

    Verde futuro: buone notizie per Mancini, nuovi eroi nel ciclismo. E Haaland, che farà la storia

    Nell’Inter di Conte spiccano due azzurri fondamentali per la Nazionale. Ma c’è un fenomeno, Haaland, che promette di segnare un’epoca

    Nell’Inter di Mourinho che conquistò la Champions contro il Bayern giocò soltanto un italiano: Marco Materazzi, entrato al minuto 91. L’Inter di Conte ha nella sua ossatura due italiani fondamentali per il gioco nerazzurro: Bastoni e Barella. Due che fondamentali saranno anche nell’Italia di Mancini. Il ct aspetta per la verità anche Sensi. Il recupero di questo delicato carillon gli farebbe molto comodo per il suo centrocampo. Barella in un anno è cresciuto moltissimo, oggi è uno dei migliori centrocampisti in giro. Alla corsa, a una certa furia agonistica che aveva anche al Cagliari, ha aggiunto disciplina tattica, assist e leadership. Sarà importante per la corsa europea, a cui la Nazionale può iscriversi puntando a entrare tra le prime quattro. Alla fine tra i risultati più positivi di questo campionato c’è sicuramente la scoperta o la valorizzazione di diversi talenti italiani, a cui hanno contribuito molti club, a prescindere dalla posizione in classifica. Un effetto della crisi di liquidità generata dalla pandemia: maggior attenzione a ciò che si ha in casa. Il calcio italiano ha saputo sempre rigenerarsi quando sembrava precipitare in una crisi irreversibile. Stavolta ne uscirà se ricostruirà una scuola italiana, se darà spazio ai giovani, se punterà di nuovo sui vivai. LEGGI TUTTO

  • in

    Albertini: “Milan, adesso è l’ora di non mollare per lo scudetto. Tonali, più grinta”

    L’ex regista: “L’Inter può sbagliare e i rossoneri non sono in crisi, la grande gara di Manchester l’ha dimostrato. Le big nascono nelle difficoltà”

    In quattordici stagioni rossonere, 406 partite e 32.397 minuti in campo, Demetrio Albertini ha vissuto soprattutto momenti di gloria: ha giocato per vincere cinque scudetti, due Coppe dei Campioni, una Intercontinentale, 2 Supercoppe europee e 4 italiane. Ma in una storia così lunga non sono mancati giorni di difficoltà. LEGGI TUTTO

  • in

    Rummenigge: “Inter, che bello vederti così. Lukaku come me? Vi spiego…”

    Kalle, attuale dirigente del Bayern, tifa anche per i nerazzurri. E poi la sfida con la Lazio, il mercato, il calcio italiano…

    La maglia dell’Inter è in casa, ma Karl-Heinz Rummenigge dice che non è ancora il momento di tirarla fuori per festeggiare: “Sì, ce l’ho, ma l’importante adesso è non perdere la concentrazione, perché è un momento buonissimo, ma la squadra non deve sentire di avere vinto già lo scudetto. Se si concentra fino in fondo vincerà nettamente”. LEGGI TUTTO

  • in

    Atalanta, impresa possibile: lo dice il dna internazionale del dottor Gasp

    Nella stagione scorsa è arrivata a un minuto dalla semifinale, oggi la squadra di Gasp è chiamata a un’impresa storica: ha l’anima per riuscirci

    Peccato sia Valdebebas e non il Bernabeu. L’Atalanta avrebbe meritato l’incoronazione nella grande cattedrale, come gli imperatori di una volta. Lo sarebbe stato a prescindere dal risultato. L’ingresso in un tempio calcisticamente sacro, dopo i passaggi trionfali da Anfield e dalla Cruijff Arena. Ma l’incoronazione c’è stata comunque, da parte del Re Zidane. LEGGI TUTTO

  • in

    Pessina: “Contro il Real la partita più importante della storia. E sul futuro…”

    (Photo by Pier Marco Tacca/Getty Images)

    L’Atalanta si gioca la qualificazione ai quarti di finale in una sfida ancora aperta con il Real Madrid. E già questa, di per sé, è un’ottima notizia per la squadra di Gasperini. Il tecnico, in conferenza stampa, ha già detto che non snaturerà il gioco della Dea. Spazio, dunque, con ogni probabilità anche a Pessina che potrebbe, come già successo tanti giovani italiani in odore d’azzurro, trovare la consacrazione europea giocando con il Real. Zaniolo docet. Le parole del ragazzo in conferenza stampa però sono concentrate solo ed esclusivamente sull’appuntamento con la storia.

    CHIAVE – Pessina potrebbe essere il giocatore chiave di Gasperini. Fra le linee, per mettere in difficoltà il Real: “Non so ancora se e in quale posizione giocherò ma qualora dovessi scendere in campo sarà una grande emozione. Sono partite bellissime da giocare.  Quando si scende in campo però passa tutto perché torna ad essere una partita di calcio come tutte le altre. E l’affronteremo con questo spirito. Personalmente non ho preferenze posso giocare in diversi ruoli, sarà molto importante difenderci bene e ripartire. Tutto nasce comunque dal non prendere gol. Il Real è una squadra fortissima se potessi privarla di un elemento sceglierei Kroos  perché è il loro punto di riferimento. Da lui passa tutto: non si fa vedere molto in campo, ma dà l’equilibrio giusto a questa squadra”.

    FUTURO – Ennesimo fiore sbocciato dell’Atalanta, Pessina racconta le sue emozioni. “Giocare partite di questo livello rappresenta un sogno per qualsiasi calciatore. Arrivare a sfidare il Real Madrid è il coronamento di un sogno. Mio padre mi ha portato a vedere la finale fra Inter e Bayern e lì ho sognato di poter giocare anche io in Champions. Riuscirci con questa maglia è un grande onore. Riguardo ai colori azzurri credo per giugno ci sia ancora tanto tempo. In questo momento devo concentrarmi sulla sfida con il Real. Questa è la partita più importante della stagione e della storia dell’Atalanta. Dobbiamo riuscire a giocare una buona partita e poi tornare a fare bene anche in campionato. Vedo e immagino il mio futuro ancora qui, l’Atalanta mi sta aiutando a crescere e credo che ci sia tanta strada ancora da percorrere insieme”. LEGGI TUTTO

  • in

    Van Basten: “I medici mi hanno rovinato. Non riuscivo a camminare…”

    Le rivelazioni di Marcel “Marco” Van Basten.

    Simbolo del Milan, in maglia rossonera ha composto un eccezionale trio assieme ai connazionali Ruud Gullit e Frank Rijkaard, simbolo di numerosi successi della squadra allenata prima da Arrigo Sacchi, poi da Fabio Capello. Il tre volte “Pallone d’Oro” – 1988, 1989 e 1992 – è stato certamente tra i migliori calciatori della storia del calcio. 314 sono i gol messi a segno da Van Basten, di cui 90 con la sola maglia del Milan, indossata dal 1987 al 1995, club con i quale l’attaccante olandese ha dovuto interrompere anzitempo la sua carriera per via dei continui infortuni alla caviglia.

    Un calvario iniziato nella stagione 1985-1986, durante la sua esperienza all’Ajax. “Il calcio perde il suo Leonardo da Vinci”, così Adriano Galliani salutò il “Cigno di Utrecht”, che si ritirò ufficialmente dal mondo del calcio il 17 agosto 1995 con una conferenza stampa organizzatagli dal Milan. Ma il suo addio al calcio giocato, quello su un terreno verde, era arrivato molto prima, precisamente il 26 maggio 1993 con la sua ultima partita, consumatasi nella sfortunatissima finale di Coppa dei Campioni – l’attuale Champions League – contro l’Olympique Marsiglia. A quattro minuti dalla fine, con i rossoneri sotto di 1-0, Fabio Capello lo richiamò in panchina, mandando in campo Eranio. L’olandese non mise mai più piede in campo.
    In una lunga intervista al quotidiano spagnolo “El Pais”, Marco Van Basten ha raccontato i momenti più difficili della sua vita e della sua carriera, raccolti nella sua autobiografia pubblicata in Italia con il titolo “Fragile”.

    “La mia vita era giocare a calcio. E all’improvviso, dopo un’operazione che sembrava semplice, dovetti ritirarmi. Non era solo molto difficile accettare che non avrei giocato, è stato difficile andare avanti con la mia vita. Non solo non potevo giocare, la mia caviglia non mi permetteva di camminare o fare nulla. Sono stati anni molto duri. Sono stato fortunato che un medico abbia avuto l’idea di bloccare la mia articolazione saldandomi le ossa. Non potevo più flettere la caviglia, né potevo correre di nuovo, ma ero in grado di iniziare una nuova vita senza dolore. Gioco a golf e anche a squash, il che mi rende felice. Il mio problema erano i cattivi dottori, che invece di capire la situazione e migliorarla, l’hanno peggiorata. Il mio peggior nemico non sono mai stati i calci subiti dai difensori avversari”.
    CRUIJFF – “Cruijff sotto accusa? Da un lato voleva che vincessimo titoli. Dall’altro, i medici gli dissero che se avessi giocato la caviglia non mi avrebbe fatto male. Per Johan questo è stato sufficiente e mi ha detto che avrei dovuto giocare. È qui inizia la mia responsabilità: volevo giocare. Ho pensato che avrei dovuto insistere, visto che i dottori mi avevano assicurato che fosse tutto ok. Ma la verità è che mi faceva così male che non potevo giocare o allenarmi bene”.
    SACCHI – “Era una persona molto gentile e anche un ottimo allenatore. Ma parlava sempre dell’organizzazione, soprattutto in modalità difensiva. Io avevo lavorato con Cruyff all’Ajax, dove affrontavamo le partite in un modo completamente diverso, simile al Barça di Guardiola: l’attenzione era sulla palla e sul recupero della stessa. Con Sacchi è stato il contrario: prima pensavamo a organizzarci per fare pressione sull’avversario che aveva la palla, poi ci occupavamo del resto. Penso che questo abbia dato all’Italia ottimi risultati, eravamo fantastici ma io venivo da un’altra scuola. Con Sacchi è diventato importante l’allenatore, ma sono i calciatori a fare la differenza. Oggi però parliamo solo di allenatori, come se loro facessero la differenza. Questo non è positivo. Gli allenatori sono diventati troppo importanti. I giocatori devono assumersi più responsabilità perché sono quelli che hanno più potere di influenzare le partite e le stagioni. Oggi, se una squadra gioca bene o male, attribuiamo meriti o demeriti all’allenatore. Il Liverpool è Klopp, il Real Madrid è Zidane, il Manchester City è Guardiola. Perché come allenatore ho fallito? Ho fatto quello che potevo ma non sono riuscito a fare la differenza come allenatore. È stato difficile per me mantenere il controllo, alla fine ho capito che questo lavoro non mi dava piacere. Fare l’allenatore è una cosa davvero complicata e devo confessare che non ho capito come essere decisivo da una panchina”. LEGGI TUTTO