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    Pessina: “Contro il Real la partita più importante della storia. E sul futuro…”

    (Photo by Pier Marco Tacca/Getty Images)

    L’Atalanta si gioca la qualificazione ai quarti di finale in una sfida ancora aperta con il Real Madrid. E già questa, di per sé, è un’ottima notizia per la squadra di Gasperini. Il tecnico, in conferenza stampa, ha già detto che non snaturerà il gioco della Dea. Spazio, dunque, con ogni probabilità anche a Pessina che potrebbe, come già successo tanti giovani italiani in odore d’azzurro, trovare la consacrazione europea giocando con il Real. Zaniolo docet. Le parole del ragazzo in conferenza stampa però sono concentrate solo ed esclusivamente sull’appuntamento con la storia.

    CHIAVE – Pessina potrebbe essere il giocatore chiave di Gasperini. Fra le linee, per mettere in difficoltà il Real: “Non so ancora se e in quale posizione giocherò ma qualora dovessi scendere in campo sarà una grande emozione. Sono partite bellissime da giocare.  Quando si scende in campo però passa tutto perché torna ad essere una partita di calcio come tutte le altre. E l’affronteremo con questo spirito. Personalmente non ho preferenze posso giocare in diversi ruoli, sarà molto importante difenderci bene e ripartire. Tutto nasce comunque dal non prendere gol. Il Real è una squadra fortissima se potessi privarla di un elemento sceglierei Kroos  perché è il loro punto di riferimento. Da lui passa tutto: non si fa vedere molto in campo, ma dà l’equilibrio giusto a questa squadra”.

    FUTURO – Ennesimo fiore sbocciato dell’Atalanta, Pessina racconta le sue emozioni. “Giocare partite di questo livello rappresenta un sogno per qualsiasi calciatore. Arrivare a sfidare il Real Madrid è il coronamento di un sogno. Mio padre mi ha portato a vedere la finale fra Inter e Bayern e lì ho sognato di poter giocare anche io in Champions. Riuscirci con questa maglia è un grande onore. Riguardo ai colori azzurri credo per giugno ci sia ancora tanto tempo. In questo momento devo concentrarmi sulla sfida con il Real. Questa è la partita più importante della stagione e della storia dell’Atalanta. Dobbiamo riuscire a giocare una buona partita e poi tornare a fare bene anche in campionato. Vedo e immagino il mio futuro ancora qui, l’Atalanta mi sta aiutando a crescere e credo che ci sia tanta strada ancora da percorrere insieme”. LEGGI TUTTO

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    Van Basten: “I medici mi hanno rovinato. Non riuscivo a camminare…”

    Le rivelazioni di Marcel “Marco” Van Basten.

    Simbolo del Milan, in maglia rossonera ha composto un eccezionale trio assieme ai connazionali Ruud Gullit e Frank Rijkaard, simbolo di numerosi successi della squadra allenata prima da Arrigo Sacchi, poi da Fabio Capello. Il tre volte “Pallone d’Oro” – 1988, 1989 e 1992 – è stato certamente tra i migliori calciatori della storia del calcio. 314 sono i gol messi a segno da Van Basten, di cui 90 con la sola maglia del Milan, indossata dal 1987 al 1995, club con i quale l’attaccante olandese ha dovuto interrompere anzitempo la sua carriera per via dei continui infortuni alla caviglia.

    Un calvario iniziato nella stagione 1985-1986, durante la sua esperienza all’Ajax. “Il calcio perde il suo Leonardo da Vinci”, così Adriano Galliani salutò il “Cigno di Utrecht”, che si ritirò ufficialmente dal mondo del calcio il 17 agosto 1995 con una conferenza stampa organizzatagli dal Milan. Ma il suo addio al calcio giocato, quello su un terreno verde, era arrivato molto prima, precisamente il 26 maggio 1993 con la sua ultima partita, consumatasi nella sfortunatissima finale di Coppa dei Campioni – l’attuale Champions League – contro l’Olympique Marsiglia. A quattro minuti dalla fine, con i rossoneri sotto di 1-0, Fabio Capello lo richiamò in panchina, mandando in campo Eranio. L’olandese non mise mai più piede in campo.
    In una lunga intervista al quotidiano spagnolo “El Pais”, Marco Van Basten ha raccontato i momenti più difficili della sua vita e della sua carriera, raccolti nella sua autobiografia pubblicata in Italia con il titolo “Fragile”.

    “La mia vita era giocare a calcio. E all’improvviso, dopo un’operazione che sembrava semplice, dovetti ritirarmi. Non era solo molto difficile accettare che non avrei giocato, è stato difficile andare avanti con la mia vita. Non solo non potevo giocare, la mia caviglia non mi permetteva di camminare o fare nulla. Sono stati anni molto duri. Sono stato fortunato che un medico abbia avuto l’idea di bloccare la mia articolazione saldandomi le ossa. Non potevo più flettere la caviglia, né potevo correre di nuovo, ma ero in grado di iniziare una nuova vita senza dolore. Gioco a golf e anche a squash, il che mi rende felice. Il mio problema erano i cattivi dottori, che invece di capire la situazione e migliorarla, l’hanno peggiorata. Il mio peggior nemico non sono mai stati i calci subiti dai difensori avversari”.
    CRUIJFF – “Cruijff sotto accusa? Da un lato voleva che vincessimo titoli. Dall’altro, i medici gli dissero che se avessi giocato la caviglia non mi avrebbe fatto male. Per Johan questo è stato sufficiente e mi ha detto che avrei dovuto giocare. È qui inizia la mia responsabilità: volevo giocare. Ho pensato che avrei dovuto insistere, visto che i dottori mi avevano assicurato che fosse tutto ok. Ma la verità è che mi faceva così male che non potevo giocare o allenarmi bene”.
    SACCHI – “Era una persona molto gentile e anche un ottimo allenatore. Ma parlava sempre dell’organizzazione, soprattutto in modalità difensiva. Io avevo lavorato con Cruyff all’Ajax, dove affrontavamo le partite in un modo completamente diverso, simile al Barça di Guardiola: l’attenzione era sulla palla e sul recupero della stessa. Con Sacchi è stato il contrario: prima pensavamo a organizzarci per fare pressione sull’avversario che aveva la palla, poi ci occupavamo del resto. Penso che questo abbia dato all’Italia ottimi risultati, eravamo fantastici ma io venivo da un’altra scuola. Con Sacchi è diventato importante l’allenatore, ma sono i calciatori a fare la differenza. Oggi però parliamo solo di allenatori, come se loro facessero la differenza. Questo non è positivo. Gli allenatori sono diventati troppo importanti. I giocatori devono assumersi più responsabilità perché sono quelli che hanno più potere di influenzare le partite e le stagioni. Oggi, se una squadra gioca bene o male, attribuiamo meriti o demeriti all’allenatore. Il Liverpool è Klopp, il Real Madrid è Zidane, il Manchester City è Guardiola. Perché come allenatore ho fallito? Ho fatto quello che potevo ma non sono riuscito a fare la differenza come allenatore. È stato difficile per me mantenere il controllo, alla fine ho capito che questo lavoro non mi dava piacere. Fare l’allenatore è una cosa davvero complicata e devo confessare che non ho capito come essere decisivo da una panchina”. LEGGI TUTTO

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    Da reietto a inamovibile: eppure l'Inter non ha ancora visto il “vero” Eriksen

    Re degli assist con Ajax e Tottenham, non ancora in nerazzurro: i numeri del passato spiegano perché Christian potrebbe veramente “spaccare”

    Il mondo di Christian si è ribaltato. La maggior parte di tifosi e addetti ai lavori spiega la sua metamorfosi – da reietto a punto saldo del centrocampo interista – con un adattamento al calcio italiano ormai completato: sarà vero, ma probabilmente il “nuovo” Eriksen va ben oltre la tattica. LEGGI TUTTO

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    Ibra, il Manchester e quei numeri in crescita: se il Milan comincia un’altra stagione

    Ritrovare il leader, eliminare dalla coppa l’avversaria più dura e migliorare la fase offensiva: Pioli gioca i jolly per lo strappo degli ultimi due mesi

    Mentre il club si muove in ambito commerciale (presentata la nuova partnership con la gioielleria italiana DoDo) e societario (Peter Morgan, trascorsi con Microsoft e Amazon, è il nuovo Marketing & CRM Director), Stefano Pioli prova ancora una volta a riavviare il motore della squadra. Questione di dosare il gas, essenzialmente. Il Diavolo è comprensibilmente tornato da Manchester con la spia della riserva accesa – dispendio notevole fisico e mentale con gare di questo livello –, un alert ulteriormente gravato dalle poche alternative che concede un’infermeria perennemente affollata. LEGGI TUTTO

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    Denis spinge l'Atalanta: “Un gol al Real lo fa di sicuro. Senza il rosso a Freuler…”

    Getty Images

    L’Atalanta è una speranza per il calcio: dimostra come il lavoro, il coraggio, le idee e il collettivo possano condurre a traguardi mai raggiunti. La Champions è un premio straordinario ad un piccolo grande club, a Gian Piero e ai suoi eroi atalantini. Tra quelli del passato c’è anche l’ex attaccante German Denis, un pezzo di storia atalantina, terzo straniero più prolifico di sempre e quarto per gol fatti in nerazzurro. El Tanque Denis ai microfoni di Itasportpress parla della sua Atalanta che domani si batterà a Madrid contro il Real per volare ai quarti di finale di Champions League.

    Denis, il match di andata vinto 1-0 dal Real Madrid senza le discutibili decisioni arbitrali avrebbe avuto una storia diversa?  

    Sicuramente senza quel rosso a Freuler, davvero inesistente, sarebbe stata un’altra gara. L’Atalanta avrebbe messo ancora più in difficoltà il Real Madrid di quanto abbia potuto fare in inferiorità numerica. Se togli un uomo per 75 minuti a qualsiasi squadra che, sia il Bayern o il Barcellona, poi è dura. 
    La «sua»Atalanta può approdare ai quarti, battendo il Real Madrid?
    Sarà una gara difficile ma la squadra nerazzurra può battere chiunque. E’ in un grande momento e anche a Madrid dimostrerà la sua forza. Bisogna gestire bene la gara nei 90’ e colpire nel momento giusto. Sarà importante non subire gol all’inizio perchè sono sicuro che l’Atalanta segnerà al Real Madrid. Non vedo un calciatore che può vincere da solo la partita, ma se impresa sarà per l’Atalanta questa arriverà dall’espressione del gruppo. Gasperini non ha il Messi di turno e la sua squadra esprime il suo calcio spettacolare attraverso il collettivo. 
    (Getty Images)
    Che vantaggio da all’Atalanta giocare in casa del Real Madrid senza pubblico?
    Cambia molto anche se non è bello per un calciatore giocare una partita del genere senza il grande pubblico. Certo l’Atalanta ha un vantaggio ma deve pensare a fare la sua partita e non alla gara senza gente.
    Giusto mettere fuori dal progetto tecnico il Papu Gomez?
    Non so giudicare da lontano e non conosco cosa sia successo. Il Papu ha dato tantissimo all’Atalanta e viceversa. Sono certo che farà benissimo al Siviglia perchè è un giocatore con grandissime qualità che può dare ancora molto alla sua squadra e al calcio. 
    Hai detto il giorno dell’addio da Bergamo nel gennaio del 2016 che tornerai. Ti vedi come dirigente o come un possibile allenatore della Dea?
    Mi piacerebbe tornare in una città dove mi sono trovato benissimo con tutti. Hanno progetti importanti e lavorare con una società così ambiziosa come quella dei Percassi sarebbe il massimo.
    Se Gasp lo chiamasse una big, il giocattolo potrebbe rompersi?
    Tecnico e ambiente e società sono collegati, un tutt’uno e stanno bene insieme. Se andasse via Gasperini non so se lui stesso otterrebbe gli stessi risultati perchè a Bergamo si sente a suo agio e ha una società che lo stima e lo supporta parecchio. 
     Quali allenatori hanno inciso di più nella sua carriera?
    Stefano Colantuono all’Atalanta mi ha dato tanto ma se devo scegliere da chi ho appreso di più scelgo l’argentino Jorge Almiron.
    (Getty Images) LEGGI TUTTO

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    Ipse Dixit – Ranieri: “Basta 1-2 col Bologna”. E infatti… Mou: “Guardo chi sta sopra”. Ahi ahi

    Due risultati

    ATHENS, GREECE – MAY 22: Milan captain, Paolo Maldini walks past the trophy during an AC Milan press conference prior to the UEFA Champions League Final between AC Milan and Liverpool at the Olympic Stadium on May 22, 2007 in Athens, Greece. (Photo by Jamie McDonald/Getty Images)
    Maldini molto fiducioso a poche ore dalla sfida con il Napoli. “Lo spirito non manca mai, a volte cambia anche la qualità e di fronte a grandi avversari si fa più fatica. Con una vittoria si otterrebbero due risultati, si terrebbero le quinte più o meno a dieci punti e non si mollerebbe per il primo posto”. Invece perde 0-1 e si ritrova a -9 dall’Inter e con il fiato della Juve alle calcagna. LEGGI TUTTO