Arrivano gli arabi. Nell’infinita e tormentosa (per i tifosi) saga della cessione della Sampdoria, dopo gli angloamericani del ticket Cerberus-Redrock, scende in campo un gruppo arabo che fa riferimento al finanziere Fahad Al Gergawi, supermanager della Dubai Development Investment Agency, legatissimo alla potentissima famiglia Al Maktoum, il cui esponente di spicco, l’Emiro Mohammed bin Rashid al-Maktoum presiede il Consiglio Supremo degli Emirati Arabi Uniti ed è anche vicepresidente e primo ministro del suo Paese. L’emiro di Dubai, secondo Forbes, è accreditato di un patrimonio personale di 16 miliardi di dollari. Big Mo, così è affettuosamente chiamato dai suoi sudditi, compirà dopodomani, 15 luglio, 73 anni. Ha avuto sette mogli ed ha avuto da loro 23 figli. Le sue grandi passioni sono le corse dei dromedari e dei cavalli e la poesia, nella quale si cimenta fin da quando era giovane.Un primo abboccamento fra la Sampdoria e Al Gergawi c’era già stato alla fine del 2021, il commercialista Vidal, che custodisce la Sampdoria nel trust Rosan (come spiego più sotto) era volato a Dubai e si era incontrato col finanziere. Una visita che non era piaciuta a Ferrero, ancora presidente, che aveva seccamente smentito il contatto col finanziere. Ora il nome di Al Gergawi torna a galla e l’affare ha una consistenza molto più corposa.Non sarà l’emiro Al Maktoum in prima persona, ovviamente, a impegnarsi nella scalata alla Sampdoria, bensì una società guidata da Al Gergawi e finanziata da capitali arabi e di soci di varie nazionalità. La potenza finanziaria di questa aggregazione sarebbe tale da spazzare via qualunque contendente nella corsa alla società blucerchiata. La cessione tuttavia passa attraverso il trust di diritto internazionale nella quale a gennaio 2020 l’aveva imbozzolata il suo proprietario, Massimo Ferrero, oggi imputato di ben 36 reati di natura societaria, fallimentare e fiscale relativi a quattro delle sue aziende calabresi dichiarate fallite. L’inizio del processo è fissato il prossimo 21 settembre.Da qualche tempo i Paesi del Golfo hanno virato molti dei loro investimenti sul calcio europeo. Il Manchester City appartiene al magnate emiratino Mansour bin Zayid al Nahyan, recentemente anche il Palermo è entrato nella galassia dei club calcistici che fanno capo al City. Il Newcastle di recente è passato sotto il controllo del Pif, il Fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Il Psg appartiene all’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al Thani, nome che era stato accostato, alquanto arbitrariamente, anche alla cordata formata dall’ex calciatore blucerchiato Ivano Bonetti e al produttore cinematografico Franco Di Silvio, che qualche tempo fa aveva manifestato interesse per la Sampdoria. Nulla è casuale, si tratta invece di una strategia da parte dei governanti dei paesi del Golfo che hanno individuato nel calcio un veicolo per i loro investimenti e uno strumento di penetrazione nelle realtà imprenditoriali europee legate allo sport e al leisure, il tempo libero. E’ un obiettivo condiviso dai fondi di investimento americani la cui presenza nel calcio italiano si va facendo via più massiccia. Roma, Spezia, Atalanta (in joint venture con i Percassi), Fiorentina (con un unico proprietario, Commisso), Genoa, Parma, Venezia, Ascoli e il Bologna che fa capo all’imprenditore canadese Saputo sono entrate nell’orbita degli investitori d’Oltreoceano. LEGGI TUTTO