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    Vlahovic, la ricarica in serbo. Tra voglia di gol e di derby

    TORINO – (e.e.) La Juventus, con tutti i suoi guai, è temporaneamente accantonata. Così, ecco la ricarica in serbo: Dusan Vlahovic, in Nazionale, ha ritrovato sorrisi, buonumore e carica emotiva, dimenticando nervosismo e incomprensioni. Scortato da Filip Kostic, apre l’allenamento determinato a tirato a lucido. Rivuole il gol, rivuole certe sensazioni che con il gioco di Max Allegri sta faticando a riscontrare quando indossa la maglia della Juve, spesso in fuorigioco e fuori contesto. Domani c’è la sfida di Nations alla Svezia, per far partire l’operazione Mondiale.

    GUAI ALLE SPALLE L’attaccante sta bene, lo conferma lui stesso: «Sono venuto anche durante il processo di recupero per fare il tifo per i miei compagni ed è il minimo che potevo fare per la mia nazionale in quel momento. Il ct Dragan Stojkovic mi è venuto sempre incontro e devo ringraziarlo per avermi aiutato a guarire dall’infortunio nel miglior modo possibile. Ora sono pronto e molto felice di essere di nuovo tra i convocati. Non vedo l’ora di giocare contro Svezia e Norvegia».

    Guarda la galleryIl derby è servito: con la maglia della Serbia

    IL DERBY Nella Serbia, poi, un bel gruppo arriva da Torino: Vlahovic e Kostic della Juventus, Vanja Milinkovic Savic, Namanja Radonjic e Sasa Lukic del Toro. Il derby del 15 ottobre è dietro l’angolo e già sono partite le grandi manovre: ti fermo io, e io segno, e io ti piazzo un tiro da tre punti, e io paro tutto. Da vivere intensamente, così, nella quotidianità. Poi, si avvicinerà il momento e anche i telefonini smetteranno di dialogare. Prima, però, la Serbia felice che andrà ai Mondiali con i ragazzi che vivono su sponde opposte del Po.
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    Vanja Milinkovic Savic-Vlahovic, è già derby Toro-Juve

    TORINO – Vanja Milinkovic Savic-Vlahovic, è già derby Toro-Juve. Il portiere e l’attaccante sono in ritiro con la Serbia e concentrati sulla Nazionale. Poi, penseranno alla sfida stracittadina, da nemici carissimi: con Vanja che dovrà fermare il bianconero e blindare la difesa. Ma in ritiro anche con Radonjic, Lukic e Kostic è già partito il match più lungo dell’anno, tra sfottò e promesse. LEGGI TUTTO

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    Conte alla Juve, cosa dicono le quote

    L’avvistamento di Antonio Conte a Torino (che ha approfittato della pausa per le nazionali per fare ritorno in città) è bastato per accendere l’entusiasmo di tanti tifosi bianconeri che sognano il ritorno del tecnico salentino sulla panchina della Juventus. Anche sulle lavagne dei bookie il tema è più che mai attuale: in caso di esonero di Allegri quale potrebbe essere il prossimo allenatore della Juve? Ecco cosa dicono le quote a proposito.
    Panchina Juve, Pochettino, Zidane e Conte
    La dirigenza bianconera a parole ha confermato Allegri sulla panchina della Juve ma servono i risultati perchè la fiducia non può essere illimitata. Intanto, per avere il termometro della situazione anche per quanto riguarda le quote, va detto che alla data del 25 dicembre l’opzione “Allegri allenatore della Juventus” è offerta a 1.57.
    Restando in questa tipologia di scommessa, la prima alternativa risponde al nome di Pochettino bancato a 6 e a seguire c’è Zidane a 7.50.
    Suggestivo ma sulla carta meno probabile il ritorno di Antonio Conte alla guida della Juve: a tale eventualità è assegnata una quota pari a 20 volte la posta. LEGGI TUTTO

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    Tacconi, novità sulle condizioni dell'ex Juve. Avanti così!

    “Stefano, dopo un lungo soggiorno presso il presidio riabilitativo, è stato nuovamente ricoverato nella struttura di Neurochirurgia per eseguire un nuovo studio neuroradiologico di controllo programmato con il completamento della chiusura dell’aneurisma che lo aveva portato nel nostro ospedale nella fine di aprile. Le condizioni cliniche e neurologiche sono soddisfacenti, pertanto al termine di questo ulteriore percorso il paziente riprenderà la riabilitazione”. Lo ha reso noto Andrea Barbanera, Direttore della Struttura di Neurochirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria, che sta trattando il paziente.

    Tacconi – ex portiere della Juventus e della Nazionale – sta giocando la sua partita più importante dopo il malore (aneurisma celebrale) subito il 23 aprile scorso. Era stato portato in ospedale in condizioni serie e critiche, ma gradualmente ha fatto dei passi avanti. Operato il 6 giugno, il 65enne ex campione, è stato infatti trasferito in un centro di riabilitazione dove ha ripreso a muoversi e… a documentarsi sulla Juventus. Aiutato dall’affetto e dal sostegno della famiglia, così come da quello di milioni di tifosi. Il figlio Andrea aveva spiegato, sin da subito: «Sono rimasto colpito dalle tante manifestazioni d’affetto, non me lo aspettavo. Mi ha chiamato il mondo: non solo dall’Italia, ma pure da Stati Uniti e Giappone. Gli juventini hanno sempre amato papà».

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    Lettera d’auguri di Stefano Tacconi al figlio per i 27 anni
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    Morata: «A gennaio mi ha cercato il Barcellona, ma Allegri voleva vedermi giocare con Vlahovic»

    TORINO – La Juve di questi tempi non dà soddisfazioni alla sua tifoseria e se si pensa alle enormi difficoltà che Dusan Vlahovic sta incontrando nonostante sia sempre il cannoniere di squadra con 4 gol in campionato (di cui, però, solo uno su azione), ascoltare Alvaro Morata può fare comunque un bell’effetto e sciogliere per un attimo la tensione. L’ex attaccante bianconero, tornato in estate all’Atletico Madrid da dove nonostante mille rumours non s’è più mosso, ha parlato dal ritiro della Spagna alla nota trasmissione della Cadena Ser, El Larguero. Al centro dell’attenzione le parole dedicate da Alvarito alla sua ex squadra, in particolare al mercato di gennaio e di giugno, quando una squadra l’aveva seguito da vicino: «Sì, è vero, c’è stato un interesse del Barcellona, mi ha chiamato anche Xavi con cui ho parlato non solamente di calcio, un po’ di tutto. E questo mi ha fatto sentire bene, l’ho apprezzato molto». L’ex centrocampista blaugrana era subentrato da un paio di mesi a Ronald Koeman e nelle settimane successive aveva spinto molto perché Morata lo raggiungesse in Catalogna. «Alla fine dell’inverno passato c’erano state 4-5 buonissime opportunità da valutare – prosegue Alvaro – però Allegri è stato chiaro con me, voleva che io rimanessi, mi diceva che voleva vedermi giocare con Vlahovic. Così ha bloccato tutto. E io ho giocato sulla sinistra, l’ho fatto, anche se per me è stato uno sforzo».
    L’addioNon è un mistero che lo spagnolo, finché ha potuto, ha sperato in una conferma nella Juventus, ma l’Atletico Madrid non ha mai mollato un centesimo rispetto all’iniziale accordo tra le società, in base al quale Morata sarebbe stato ceduto a titolo definitivo solamente a fronte di un bonifico da 35 milioni di euro sull’unghia. Ecco perché Alvarito è tornato a Madrid, malgrado si raccontasse da tempo del mancato feeling con Diego Simeone. Non è andata così e non deve stupire il fatto che oggi il bomber della Roja si esprima in questi termini: «Voglio vincere più titoli possibili, penso di poter dare ancora tanto a questa squadra. Credo nel destino. Se concluderò la carriera all’Atletico? La verità è che qui mi sento a casa». Con la Juve, vada come vada la stagione in corso, è ormai finita. Mentre Vlahovic, nel frattempo, ha un nuovo “partner” alla sua sinistra. Il problema è che Filip Kostic s’è abbastanza nascosto fino ad ora.

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    Milik tutto per la Juventus, affare da 10,7 milioni. E Lewandowski approva

    TORINO – (e.e.) “Armadius” Milik si allena con la Polonia e nel futuro vede solo Juve. Perché l’affare con il Marsiglia è impostato e l’attaccante ha convinto, da subito, tanto da insidiare Dusan Vlahovic nelle rotazioni. Max Allegri li ha anche schierati assieme, tanto per non rinunciare all’ex Napoli, in formisssima. Un affare, appunto, anche dal punto di vista economico: la punta infatti è in prestito per 800 mila euro, più altri 800 mila di bonus, più 100 mila di commissioni. Il riscatto è poi fissato a 7 milioni più eventuali 2 di bonus. Insomma, 10,7 milioni che di questi tempi sono un pacchetto invidiabile. Il capitano Robert Lewandowski lo ha ha battezzato così: «Sta bene con la maglia della Juventus». E lui concorda, anche se quel gol annullato e la conseguente espulsione bruciano tanto, ancora, anche in Nazionale. Guarda la galleryJuve, bianconeri nazionali: in 14 in giro per il mondoIscriviti al Fantacampionato Tuttosport League e vinci fantastici premi! LEGGI TUTTO

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    Juventus e Brasile, è Danilo l'esempio. I tifosi: capitano vero!

    TORINO – (e.e.) Capitano vero, anche quando non indossa i gradi. E’ Danilo il vero leader, nel Brasile e nella Juventus bistrattata di questo periodo. Sempre a disposizione, in ogni settore, difesa e pure a centrocampo, se serve. Capace di sacrificarsi per la squadra. Nel ritiro dei verdeoro, Neymar si mette accanto a lui, quasi per assorbirne l’umiltà. Bremer ha colto da Danilo i primi consigli, a Torino e con la Seleçao. E il difensore non molla, anzi raddoppia la sfida. Anche in bianconero. Nel confronto con i tifosi ha mostrato carattere (uomo vero: dicono di lui) e in campo non si tira mai indietro. L’ordine è partito: basta sconfitte. LEGGI TUTTO

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    Pjanic esclusivo: “Juve, troppe negatività. Basta una scintilla”

    Pjanic, cosa ha pensato vedendo Bonucci e compagni, prima contro il Benfica e poi domenica a Monza, scusarsi davanti ai tifosi che contestavano?

    «È la dimostrazione che i giocatori sono consapevoli della situazione. Calciatori e tifosi devono essere una cosa sola. È un senso di responsabilità prendersi i fischi della gente. Dispiace vedere la Juventus in questa situazione, ma un momento di crisi arriva sempre nell’arco della stagione».

    La Juventus è ottava in classifica, a meno 7 dalle capoliste Napoli e Atalanta: stupito?

    «Sì. Ma diciamo che quasi tutte le big stanno faticando a decollare. Penso all’Inter e pure al Milan, che comunque è più avanti. Il Napoli ha fatto un grande inizio di campionato, come Atalanta e Udinese. È vero, dalla Juventus ci si aspettava di più, ma è soltanto l’inizio e c’è ancora il tempo per recuperare. Per vincere lo scudetto devi essere regolare e continuo, però ci sono più di trenta partite da giocare. La sosta arriva al momento giusto, aiuta a schiarire le idee tanto ai giocatori quanto ad Allegri e allo staff».

    Dopo la sconfitta di Monza è in crescita tra i tifosi il partito del “via Allegri”. La società, invece, ha deciso di andare avanti con lo stesso allenatore. Lei che idea si è fatto?

    «Quando arrivano questi momenti, dove hai tanti dubbi in testa e poche sicurezze, giocare contro la prima in classifica o contro l’ultima, come a Monza, cambia poco: incontri le stesse difficoltà».

    Perché?

    «È una questione mentale, difficile da capire per chi non scende in campo. Ma in questi momenti, basta una scintilla e tutto si sblocca in positivo».

    Cosa intende per scintilla?

    «Alla ripresa, dopo le nazionali, arriverà il Bologna all’Allianz Stadium. Se i bianconeri riusciranno a vincere dominando, poi le cose andranno a posto da sole. A volte basta poco… L’importante, in questi momenti, è restare uniti. Non cercare colpevoli perché alla fine tutti sono colpevoli allo stesso modo quando non si vince. Percepisco tanta negatività, ma quello che si dice fuori non deve entrare nella testa dei giocatori. Il mondo Juve deve restare compatto: società, allenatore, staff, giocatori e tifosi devono ritornare una cosa sola. La Juventus ha già tanti avversari di suo: dalle squadre alle tifoserie rivali… Se entri all’Allianz Stadium e hai anche la tua tifoseria scontenta, pur con delle ragioni in questo momento, diventa tutto complicato».

    Tornando ad Allegri?

    «Adesso non hanno senso i cambi, le somme si tirano alla fine della stagione. La Juventus di Allegri può riuscire a ribaltare tutto, ma si devono mettere tutti in discussione. Nessuno può essere soddisfatto, a partire dai giocatori. Ma anche Allegri e il suo staff staranno facendo delle riflessioni per svoltare. Quando un momento difficile arriva così presto, sei costretto a commettere meno errori possibili. Il campionato è equilibrato, può succedere ancora di tutto. Quando vinci passando da questi periodi duri, poi è ancora più bello e gustoso il successo. Diventano soddisfazioni enormi. Vi ricordate la stagione 2017-18 e la vittoria del Napoli di Sarri allo Stadium con il gol di Koulibaly nel finale?».

    Lo scudetto sembrava sfumato e il ciclo finito…

    «Il giorno dopo la sconfitta contro il Napoli lo ricordo come fosse ieri. Mi presentai al campo per l’allenamento e non vi nascondo che io e altri compagni iniziammo ad avere dei dubbi in testa. Del tipo: lo scudetto non lo vinciamo più. Anche perché la partita successiva era a San Siro, contro l’Inter. Allegri riunì la squadra e ci parlò con una calma e una serenità incredibili. E senza cercare scuse o alibi. Max ci disse di non pensare al gol di Koulibaly, ma ai punti che ancora c’erano in palio per raggiungere l’obiettivo. A San Siro sapete come è andata: andammo prima in vantaggio, poi sotto. E alla fine vincemmo 3-2. Allegri guarda sempre avanti, non indietro. In questi momenti cerca le parole giuste e le soluzioni migliori per svoltare. Farà così anche stavolta. Lo sapete perché noi svoltammo?».

    Racconti pure…

    «Perché dentro di noi avevamo l’orgoglio di non far finire il ciclo e ci rodeva l’idea che un’altra squadra potesse festeggiare lo scudetto. È una cosa che senti dentro. È mentalità. E il nostro era un gruppo di campioni accomunati da questo spirito».

    Manca più Chiellini o Dybala alla Juventus?

    «Manca chiunque, ma la forza della Juventus è – e sarà sempre – questa: i campioni passano, il club resta e continua a vincere. Prima di loro, c’erano fuoriclasse come Zidane, Nedved, Cannavaro, Del Piero, Trezeguet… La Juventus è una macchina fatta per trionfare e lo capisci subito. Quando arrivai a Torino pensai: non voglio diventare uno che ha giocato nella Juventus senza vincere. E ogni giorno ero focalizzato sul lavorare per arrivare al successo. Questo è il mondo Juve: è il dna del club, del presidente. Ogni giocatore deve avere qualcosa che gli scatta dentro quando è alla Juventus: dire è colpa di quello o di quell’altro è facile, però non è una soluzione. Dopo la sosta l’unico pensiero deve essere provare piacere sul campo, attaccare e vincere 3-0 contro il Bologna. Nel calcio è tutto sul filo. Ogni cosa si può ribaltare in fretta e sono convinto che la Juventus ci riuscirà».

    Basteranno i futuri ritorni di Di Maria (fuori 2 giornate per squalifica), Pogba e Chiesa per far svoltare la Juve?

    «I tanti infortuni condizionano, perché i leader e i campioni danno qualcosa in più. E influenzano anche gli avversari, che quando vedono certi giocatori in campo ti affrontano in maniera diversa. Se puoi schierare questi tre nella formazione iniziale, cambiano le partite. Di Maria crea sempre dei pericoli quando ha la palla. E anche Chiesa è così. Ma non si deve dimenticare che Federico tornerà da un infortunio complicato. E pure Pogba avrà bisogno di un po’ di tempo per tornare al top. Averli in forma, a metà o non averli non è la stessa cosa. Non si devono cercare scuse, si deve soltanto fare qualcosa in più. Tutti. Ma sono certo che Allegri e certi miei ex compagni che sono ancora alla Juventus hanno la forza per ribaltare la situazione».

    È ottimista anche sull’impresa Champions de bianconeri dopo le due sconfitte nel girone contro Psg e Benfica?

    «Sarà dura, ma è ancora tutto aperto con 4 partite da disputare. La Juventus deve conquistare 6 punti con il Maccabi Haifa. E poi il passaggio del turno se lo gioca a Lisbona, dove servirà una grandissima partita. I portoghesi sono sempre difficili da affrontare: partono da outsider, ma sono tosti. Che sia Benfica, Porto o Sporting, sono sempre incroci tosti».

    Intanto Allegri ha ritrovato un regista di ruolo: Paredes. L’ex Psg è stato suo compagno – e allievo – ai tempi della Roma. Ha dato qualche consiglio all’argentino?

    «Leandro non giocava molto, a Roma. Era giovane. Sta facendo la sua strada e adesso avrà molte responsabilità perché quella del centrocampista centrale è una posizione chiave per Allegri. Quel ruolo in passato è sempre stato occupato bene e al regista sono sempre state affidate grandi responsabilità per far giocare la squadra come vuole l’allenatore. Ora tocca a Paredes assumersi le responsabilità. È un giocatore valido e spero faccia bene».

    Vlahovic è a quota 4 gol in campionato, ma a settembre non ha mai segnato: c’è da preoccuparsi?

    «Dusan mi piace tantissimo, ho parlato anche con lui qualche tempo fa. Sono molto contento che sia arrivato alla Juventus. In questo momento deve stare calmo e lavorare sui propri difetti perché è giovane. Higuain, quando è arrivato a Torino, aveva almeno 7-8 stagioni ad altissimo livello in più rispetto a Vlahovic. Il Pipita era un rinforzo pronto, reduce da anni al Real Madrid, al Napoli e con tante partite di Champions sulle gambe. Quando si parla di Dusan, non bisogna dimenticarsi che è un attaccante forte, ma che ha solo 22 anni e tanta responsabilità sulle spalle. Però mi sembra che Dusan abbia l’umiltà giusta per diventare un campione. I gol li sa fare. Ma tra giocare nella Juventus o in un’altra squadra, c’è differenza. A volte non si pensa a questa cosa. La maglia pesa, alla Juve. Sono convinto che farà bene, Dusan, però deve restare calmo e lavorare ogni giorno per migliorarsi».

    A parte quelli della Juventus, quali giocatori le piacciono di più in Serie A?

    «Ho un debole per Theo Hernandez e Leao del Milan. E apprezzo tantissimo anche Pellegrini della Roma».

    Lei è stato vicino a un ritorno in Italia nei mesi scorsi?

    «Sì, però sono contento di questa nuova avventura negli Emirati. Ho giocato nelle squadre più forti del mondo, in carriera mi è mancata soltanto la Champions».

    A fine agosto, prima dell’arrivo di Milik, si è parlato molto anche del suo ex compagno Depay per la Juventus: l’olandese si era informato con lei sul mondo bianconero?

    «Memphis è un giocatore del Barcellona. E cosa ci siamo detti, non lo devo dire io…».

    Dopo aver giocato con Cristiano Ronaldo alla Juventus e con Messi nel Barcellona, prima di lasciare i blaugrana ha fatto in tempo anche a incrociare Lewandowski in Catalogna. Com’è il polacco da vicino?

    «Cris e Leo sono giocatori incredibili. Ma anche Lewandowski è impressionante: ogni partita riesce sempre a crearsi diverse occasioni davanti alla porta. E fa sempre gol. Robert è molto umile ed è un gran lavoratore, tanto che a Barcellona è già a casa. Segnerà almeno 30 gol in campionato». LEGGI TUTTO