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    Juve, occhio all'Arsenal per Locatelli: i dettagli della trattativa

    Nei salotti europei qualcosa inizia a muoversi, ma per il momento si tratta di interessi che non sembrano scalfire le convinzioni di Locatelli. L’Arsenal è un top club, ma è fuori dalle Coppe. Non un dettaglio per l’azzurro, voglioso di misurarsi in Champions League. L’inserimento dei londinesi, però, è un segnale. Tutto può cambiare in fretta, nel mercato. A maggior ragione se dovessero presentarsi calibri pesanti tipo Psg, Real Madrid o Manchester City. Per tutti questi motivi la Juventus sta ragionando su una nuova strategia: arrivare a un accordo con il Sassuolo prima della fine dell’Europeo e soprattutto prima di aver firmato qualche divorzio, a partire da quello con Aaron Ramsey.

    Carta Dragusin

    Così, dopo tanti contatti indiretti, la Juventus sembra pronta per sedersi al tavolo del Sassuolo con l’obiettivo di completare il puzzle nel più breve tempo possibile. Un punto di partenza, in realtà, è già stato individuato e si chiama Radu Dragusin. Del quartetto di giovani bianconeri oggetto di valutazioni (Rovella, Fagioli e Da Graca gli altri), il 19enne difensore romeno è quello che più convince il Sassuolo, che potrebbe trovarsi a dover sostituire anche Marlon (sul brasiliano è in pressing lo Shakhtar Donetsk di Roberto De Zerbi). Un sacrificio importante, per la Juventus, che nei mesi scorsi ha faticato non poco a rinnovare il contratto in scadenza del centrale di Bucarest per evitare l’addio da svincolato.

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    Boniperti, l'ultima intervista: «La Juve non è nel mio cuore, è il mio cuore»

    Presidente, le piace questa Juventus? Giampiero Boniperti sospira, quasi a lasciare intendere che la domanda posta a lui quasi non ha senso. «Senta, può giocare bene o meno bene, ma io quando vedo un giocatore che indossa quella maglia tifo per lui, è più forte di me, è un legame indissolubile». La leggenda bianconera compie 90 anni, non parla volentieri, ma non tradisce il suo cuore a strisce bianche e nere. «Allo stadio non vado più ma non perdo mai la partita in televisione, le vedo veramente tutte. E ovviamente sono felice se vince e non mi piace vederla perdere». L’uomo ha sempre incarnato l’essenza della juventinità. Tifoso da bambino, giocatore da quando era adolescente, presidente da adulto: un percorso dritto e coerente come la sua persona, carismatica e iconica per milioni di juventini.Boniperti ha attraversato le epoche della Juventus e del nostro Paese, con il pragmatismo contadino di cui non solo non si è mai vergognato, ma ha fatto sempre tesoro, e con lo stile che gli permetteva di dialogare con Gianni Agnelli, insieme al quale ha formato una coppia indissolubile il cui ricordo fa sciogliere qualsiasi tifoso sopra i quarant’anni e inorgoglire tutto il popolo bianconero.«La Juve non è soltanto la squadra del mio cuore. E’ il mio cuore», ripete sempre. Uno dei suoi aforismi preferiti e forse il più romantico. Meno conosciuto di quello divenuto così immortale da essere citato in continuazione ed essere perfino stampato sul colletto della maglia nella stagione 2013-14: «Vincere non è importante. E’ l’unica cosa che conta». La summa dello juventinismo (figlia di una frase analoga pronunciata da Vince Lombardi, coach dei Green Bay Packers, grande team della Nfl Anni 60) e spesso male interpretata. Perché non è uno slogan arrogante, ma una filosofia di vita che, in fondo, è figlia di un’altra pepita di saggezza con cui il senatore Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat, aveva impostato il suo modo di lavorare: «Una cosa fatta bene può sempre essere fatta meglio».Qui infatti non c’entra il barone De Coubertin, apparentemente sbeffeggiato dalla smania di arrivare primi dei bianconeri, perché la concezione del mondo juventina è un austero e continuo tendere alla perfezione, o quanto meno al miglioramento o al raggiungimento di qualcosa più in là, senza accontentarsi mai e senza mai sbracare in nome della sobrieta? sabauda. E’ lo sport inteso come ricerca di confini sempre nuovi e, soprattutto, come storia infinita che trova continuita? fra le generazioni. Un po’ come Giusto Gervasutti, l’immenso alpinista degli Anni 30 e 40, che dopo ogni sua grande conquista, in cima alla vetta, veniva pervaso da una pro-fonda malinconia e riusciva a placarla solo cercando con gli occhi altre vette da conquistare. Boniperti, da presidente, era vittima della stessa mania e altro che pullman scoperto! I giocatori delle sue Juventus ricordano sorridendo le loro feste per gli scudetti o le coppe: «Arrivava nello spogliatoio con la bottiglia di spumante. Stappava, brindava e un minuto dopo il cin cin era lì che sottolineava le fasi della stagione più critiche, gli errori da non commettere più, gli obiettivi per la stagione successiva». Pancia piena? No, con Boniperti non avevi il tempo di riempirla. E quello spirito è stato tramandato e periodicamente rinasce nei cicli vincenti bianconeri, come quello che sta vivendo la societa? juventina, spinta dalla famelica voglia di vincere di stampo bonipertiano.Lui che da giocatore aveva iniziato da spettatore privilegiato e ammirato dell’epopea del Grande Torino, del quale fu fiero rivale, ma anche amico. Poi toccò anche a lui vincere e trionfare con le scarpe chiodate ai piedi. Quelle che consegno? al magazziniere il 10 giugno del 1961: «Tienile tu, a me non servono più». Inutile l’insistenza di Gianni Agnelli, aveva deciso di ritirarsi e non tornò indietro. Spiegando, più avanti, nella sua autobiografia: «La Juve, il sogno della mia vita. La sognavo davvero. Perché io, che portavo all’occhiello il distintivo bianconero, avevo in quegli anni un solo desiderio: giocare almeno una partita di Serie A con la maglia bianconera. Me ne sarebbe bastata una, ero sicuro, per essere felice per sempre. E’ andata meglio: in campionato ne ho giocate 444. Ho fatto la mia parte senza sacrifici. Perché ho dato quello che avevo dentro. Sono un uomo felice». Anche adesso, alla soglia dei 90 anni: «Un regalo? Non chiedo nulla, ho avuto già tanto». Auguri presidente. LEGGI TUTTO

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    Juve, Coppa America e mercato: da Alex Sandro a Gabriel Jesus

    Dalla tarda serata di ieri, quando alle 23 è inziata Brasile-Venezuela, a intrecciarsi con il calciomercato condizionando valutazioni e trattative non c’è più solo l’Europeo: la sfida tra la Seleçao e la Vinotinto ha infatti dato il via alla Coppa America. Torneo che coinvolge per la maggior parte giocatori che militano in club europei (o che aspirano a farlo) e che dunque in ottica mercato è seguito dalle squadre del Vecchio Continente quanto l’Europeo. Non fa eccezione la Juventus, che dalla rassegna sudamericana potrebbe trarre input per il mercato in entrata e in uscita. Proprio nel Brasile, ad esempio, Alex Sandro potrebbe attirare ancor più attenzioni dalla Premier League e visto l’impatto ormai minimo a bilancio la società bianconera potrebbe anche accettare di privarsi del suo terzino realizzando una buona plusvalenza. Difficile invece che accada per Danilo e non solo perché a bilancio pesa di più: la sua capacità di ricoprire cinque ruoli è troppo preziosa.

    Riflettori su Gabriel Jesus e Bentancur

    Al Brasile però la Juventus guarderà anche in ottica acquisti, magari augurandosi che Gabriel Jesus, uno degli attaccanti sulla lista di Cherubini, non faccia sfracelli complicando la pista che porta a lui. Tornando alle possibili uscite, mentre Juan Cuadrado è blindato quanto Danilo, non è detto che lo sia Rodrigo Bentancur. Il ventitreenne uruguaiano piace ad Allegri, che lo ha lanciato, ma piace anche all’Atletico Madrid e, visto che pure lui è stato ormai praticamente ammortizzato a bilancio, potrebbe generare una plusvalenza eccellente. Eventualmente anche in uno scambio, ad esempio con Saul se l’Atletico decidesse di affondare il colpo. Una grande Coppa America potrebbe però aprire anche altre piste. Senza ovviamente escludere una sua conferma in bianconero. LEGGI TUTTO