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    Zidane può tornare alla Juve: la tentazione e il nodo ingaggio

    TORINO – Raccontano che Madrid si sia risvegliata dall’incubo con le occhiaie e i capelli scarmigliati. Perché al netto del risultato in bilico, nelle due semifinali il Chelsea l’ha ben incartata al povero Real: povero di spunti, voglia e concentrazione, s’intende, non nel conto in banca. E Zinedine Zidane, mister tre Champions consecutive, sul tema non è certo l’ultimo della fila, forte di un ingaggio da 12 milioni più 3 di bonus che sulla carta lo blinderebbbe ai cancelli di Valdebebas fino al 30 giugno 2022. Uno stipendio che mal si concilia, anzi che non si concilia in assoluto con la linea aziendale che alla Continassa fa rima con il contenimento dei salari, tanto più se ad oggi la Juventus ha ancora l’ultimo anno di contratto di Maurizio Sarri sul groppone: rob(ett) a da 6,5 milioni netti. Però Zizou è Zizou, i tifosi bianconeri sognano da tempo il suo ritorno e al netto di una penale che in un amen consentirebbe al tecnico franco-algerino di sciogliere il contratto con gli spagnoli, quel vecchio pallino – mai tramontato – di Andrea Agnelli può ravvivarsi.

    Zidane è obiettivo più volte sfumato, lo racconta la storia degli ultimi anni: al di là degli accostamenti che nel mercato non stonano, soprattutto nel 2019 la pista sfumò. Massimiliano Allegri era agli sgoccioli della sua avventura in bianconero e in sede l’avevano capito da un pezzo, ma il corteggiamento non andò a buon fine e in piena stagione 2018-19 l’ottimo Zizou fu richiamato a marzo al capezzale del Real. Solo che da allora la bacheca realista s’è arricchita solamente di una Liga e una Supercoppa di Spagna: chiedete a Florentino Perez se è soddisfatto del Zidane bis dopo averlo riassunto a suo tempo avanzando una proposta irrifiutabile.

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    Raikkonen passione Juve, il figlio Robin è un super tifoso di CR7

    La passione per lo sport in casa Raikkonen non è una certo una cosa nuova, tanto che anche il figlio del campione del mondo di F1 ha un anima davvero sportiva.

    Robin, infatti, oltre ad avere la stessa passione del padre – tanti i giri sul kart insieme ad Ice Man – ha anche una vera fissazione per la Juventus. La conferma è più volte arrivata da alcune foto postate sui profili ufficiali di Kimi e della moglie Minttu, con l’ultima che ritraeva proprio il piccolo Robin con indosso la maglia della Vecchia Signora mentre osservava papà Kimi alle prese con il tortuoso circuito di Portimao.

    Alfa Romeo, GTA scende in pista con Raikkonen e Giovinazzi in Bahrain

    Robin Raikkonen, amore bianconero

    Tuttavia, non è la prima volta che Raikkonen e consorte pubblicano sui social foto di Robin con la maglia della Juve. Era già successo in passato quando, dopo il GP australiano del 2019, la famiglia Raikkonen si era concessa qualche momento di relax, con Kimi e Robin alle prese con alcuni salti sul tappeto elastico.

    Anche al tempo, però, ai più attenti non era sfuggito il dettaglio: Robin, infatti, anche in quell’occasione sfoggiava fiero la maglia bianconera di CR7 con su scritto il suo nome. Passione forte dunque, quella per la Juventus, che in casa Raikkonen non hanno mai nascosto! LEGGI TUTTO

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    Superlega, Infantino: “No al progetto, ma nessuna sanzione”. E bacchetta Ceferin

    TORINO – Superlega no, ma andateci piano con sanzioni e affini verso i club che hanno tentato di mettere in piedi la competizione alternativa. La sintesi estrema dell’intervista di Gianni Infantino all’Equipe suona come un monito alle derive giustizialiste-ceferiniane in seno all’Uefa e alle leghe nazionali. Dice il presidente della Fifa: «Certe sanzioni potrebbero avere conseguenze importanti e poi bisognerebbe prendersene la responsabilità. C’è da capire di che provvedimenti si parli, sento dire che bisogna punire i club, ma questo potrebbe voler dire castigare anche i calciatori, gli allenatori e i tifosi delle società coinvolte che non hanno nulla a che spartire con il progetto della Superlega. E’ compito delle istituzionali nazionali, poi dell’Uefa e quindi della Fifa, prendere le decisioni opportune. Io, anche nelle situazioni più delicate, sono per il dialogo e non per i conflitti. Dobbiamo evitare di parlare di guerra quando si parla di calcio, soprattutto in un momento come questo in cui tutto il mondo fa i conti con una pandemia senza precedenti».

    LA MOSSA DI INFANTINO – A tre settimane dalla detonazione notturna del progetto Super League, emerge l’abilità politica di Infantino che approfitta del momento critico per ergersi ad arbitro e pacificatore della rissa fra le istituzioni e i 12 club, con il risultato di ridimensionare il suo rivale Ceferin, che Infantino non ha esitato a soccorrere il 20 aprile, ma riprendendosi nello stesso tempo quella fetta di potere che il presidente dell’Uefa sembrava avergli eroso, proprio grazie all’alleanza con i grandi europei. Gli stessi club contro cui Ceferin si è scagliato con una mitragliata di interviste rilasciate nelle scorse settimane, a partire da quella concessa a margine del congresso e diventata un’invettiva contro Andrea Agnelli, trascesa in tono e sostanza. Non era piaciuta, ai vertici del calcio mondiale, la trasformazione dell’importante crisi politica aperta dalla Super League in lite personale. Ma, soprattutto, pare che in seno alla Fifa nessuno sia così voglioso di andare allo scontro aperto con i club più importanti e popolari. Anche alla luce del progetto WCC, ovvero World Club Competion, il mondiale per club, il giocattolo da un paio di miliardi di dollari, che Infantino vuole far partire al più presto, dopo aver rinviato la prima edizione per Covid. Portare avanti un progetto del genere senza i 12 club della Super League o anche solo senza Real Madrid, Barcellona, Juventus e Milan, potrebbe togliere non poco appeal al nuovo torneo.

    ELEGANTE MAZZATA – Infantino, quindi, inizia a ricucire lo strappo della Super League, non senza moniti severi ai cosiddetti “club fondatori”, ma senza alcuna minaccia e, anzi, assestando un’elegante mazzata a Ceferin, quando dice: «Un leader deve anche chiedersi perché siamo arrivati ??a questo. E, da lì, come possiamo costruire il futuro insieme e per questo dobbiamo ascoltare tutti, ma soprattutto i tifosi, che sono il vero cuore del calcio».

    IL TRIBUNALE DI MADRID – Infantino è abile, furbo e ha certamente letto con attenzione la misura cautelare del Tribunale di Madrid (un faldone corposo che dispone anche di: «Ordinare alla FIFA e alla UEFA, nel procedimento, di astenersi dall’adottare qualsiasi provvedimento o azione; di rilasciare qualunque dichiarazione o comunicazione che impedisca o ostacoli, direttamente o indirettamente, la predisposizione della Superlega»). Fifa e Uefa hanno ovviamente i mezzi e gli uomini per combattere una guerra giuridica, nella quale il tribunale di Madrid sarebbe solo la prima battaglia, ma perché combattere una guerra quando ci si può sedere intorno a un tavolo? E Infantino lo spiega in un altro passaggio dell’intervista, nel quale da una parte chiude al progetto Super League così come è stato proposto («Perché si basa su una rottura con le istituzioni» e «perché non è concepibile un sistema chiuso»), ma dall’altra apre all’idea di «dibattere nuove idee nel rispetto delle istituzioni e senza perdere di vista i valori che hanno reso il nostro sport oggi il più popolare al mondo». Se ci fosse un Google translator delle dichiarazioni politiche, forse inserendo quella frase verrebbe fuori: «riforma della riforma Champions, per mediare tra l’inaccettabile formula antimeritocratica della Super League e l’evidente inefficienza dell’Uefa di rispondere alle esigenze di chi nel calcio mette e produce più denaro».

    TAVOLI PER IL FUTURO – Ma al netto delle interpretazioni troppo estensive del suo pensiero, l’Intervista di Infantino apre, dunque, alla stagione delle colombe dei tavoli, che probabilmente verranno apparecchiati al termine del frenetico finale della stagione dei club, magari in concomitanza con l’Europeo. E sarà molto interessante capire non solo la disposizione dei posti, ma anche il menù. LEGGI TUTTO