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La parabola di Mario Götze, dall'acuto mondiale alla malattia e al ritorno in Bundesliga

TORINO – Il destino dei predestinati è spesso beffardo, soprattutto quando si arriva all’apice della gloria a 22 anni e poi, in poche stagioni, tutto si sbriciola in mille pezzi. É questa la parabola di Mario Götze, tornato a giocare a testa alta come ai vecchi tempi dopo aver sofferto in campo, vedi le stagioni vissute a corrente alternata al Bayern Monaco, e anche fuori dal terreno di gioco a causa di un disturbo del metabolismo energetico, malattia che colpisce gli arti inferiori e che coinvolge la creatin-chinasi, un enzima il cui compito è quello di liberare nel corpo energia chimica. E così dalla magica notte del 13 luglio 2014, quando con un tiro mancino superò il portiere argentino Sergio Romero regalando ai supplementari il quarto titolo di campione del mondo alla Germania, il trequartista che aveva incantato con il Borussia Dortmund e costretto il Bayern a investire la cifra record per un giocatore tedesco, in un mercato mai esagerato come quello della Bundesliga, di 37 milioni per ingaggiarlo, si ritrovò ai margini. E praticamente scaricato al punto di partenza, lo stesso Dortmund nel quale nelle successive quattro stagioni non riuscì ad accendere il motore della sua fantasia calcistica.

IN OLANDA Un predestinato in disgrazia, eppure Götze ha saputo rialzarsi emigrando in Eredivisie, nei Paesi Bassi per vestire la maglia del Psv Eindhoven, e, notizia fresca, brindare in questi giorni al ritorno in Germania grazie all’Eintracht Francoforte, di nuovo in trionfo in Europa dopo un digiuno di 42 anni e pronto a scommettere su di lui, genio ritrovato, in vista della prossima Champions League. Riaffacciarsi ad alto livello, ora che ha compiuto da poco 30 anni, per lui rappresenta una sfida da vivere senza più il timore di affondare. Del resto Götze la storia l’ha già scritta allo stadio Maracanà di Rio de Janeiro e ormai nessuno può pretendere altro da lui…


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/calcio-estero


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