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    Tevez, altro ko: punito dal figlio dell'ex amico Retegui

    TORINO – Talis pater, talis filius. Ma anche: dagli (ex) amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io. La notte appena passata ha portato in dono a Carlitos Tévez, tecnico del Rosario Central, un altro ko, questa volta per 3-1 in casa del Tigre. Quando il risultato era ancorato sull’1-1 (rete rossoblù di Castro e pari Canalla di Infantino) per El Apache è tornato a materializzarsi l’incubo Retegui.
    DOPO IL PAPA’, IL FIGLIO All’inizio della sua avventura al Central, infatti, Tévez aveva dovuto gestire la grana con Carlos El Chapa Retegui, ex ct delle Nazionali di Hockey su prato. Retegui, infatti, avrebbe dovuto diventare il secondo dell’Apache al Central. Peccato, però, che dopo un sì entusiasta, aveva deciso per un’inversione ad U preferendo continuare la sua carriera politica e lasciando Carlitos a bagno maria. La reazione dell’ex bomber del Boca alla notizia del due di picche fu tutt’altro che oxfordiana: «El fútbol no es para cagones, il calcio non è di chi ha paura. Retegui è stato negligente, perché ha preferito un impegno politico al suo sogno più grande». La risposta del Chapa non si fece attendere: «Io ero convinto che Carlos fosse mio amico…». Qualche settimana fa aveva preso posizione in questa diatriba anche Mateo Retegui, figlio del Chapa, ex compagno di Tévez al Boca Juniors e attualmente attaccante del Tigre, club a cui è stato prestato dal Xeneize. «Quelli tra Carlos e papà sono discorsi tra grandi. Io giro al largo, me ne tengo fuori».

    DUE LAMPI, CIAO CARLOS Ha preferito rispondere sul campo, Mateo Retegui, e l’ha fatto ieri notte: due gol decisivi, al 30 e al 13′ della ripresa e chau chau Tévez e ciao ciao Central. Due gol che hanno fatto esplodere la gioia descontrolada, totalmente pazza, di papà in tribuna. Gioia di padre e spirito revanchista fusi in urla sovrumane. Per Tévez, invece, il momento non è facile: il Central non vince dal clásico rosarino contro il Newell’s e nella Liga Profesional ha subito due ko consecutivi, a cui va sommata l’eliminazione ai rigori contro il Quilmes in Copa Argentina. «Sono onesto, la gente deve sapere che la squadra è questa. Ma sappiano anche che io non scenderò abbandonerò la nave in nessun caso». LEGGI TUTTO

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    Juve, l'abbraccio a Tevez il giorno dell'addio al calcio: “Suerte, Carlitos!”

    TORINO – Nel giorno del suo addio al calcio giocato la Juventus ha virtualmente abbracciato Carlos Tevez, ormai ex attaccante argentino che – tra il 2013 e il 2015 – ha vestito per 96 volte la maglia bianconera, con 50 gol, due Scudetti, una Coppa Italia e una Supercoppa nazionale. Sul proprio sito ufficiale il club torinese ha pubblicato un’emozionante nota, ricordando gli anni di militanza, le reti – alcune spettacolari impresse in maniera indelebile nella mente dei tifosi – e i trofei vinti: “Suerte, Carlitos”.Guarda la galleryDa Ronaldo e Pirlo a Buffon e Pogba: quanta Juve nella Top 11 di Tevez!
    Tevez dà l’addio al calcio: il messaggio della Juve
    “4 giugno 2022, Carlitos Tevez annuncia il suo addio al calcio dopo una carriera ricca di trofei, gol e record con le maglie di Manchester United, Manchester City, Juventus e Boca Juniors. Era l’estate del 2015 quando lo salutammo così dopo aver vinto tanto in maglia bianconera, in soli due anni. La sua prima partita fu quasi una metafora di quanto sarebbe accaduto dopo: un gol, una vittoria, un trofeo alzato al cielo. Si trattava della Supercoppa italiana: Juventus-Lazio del 2013, all’Olimpico”, scrive la Juventus sul proprio sito ufficiale, ripercorrendo poi le tappe principali dell’avventura bianconera di Tevez.
    “Supercoppa Italiana 2013: una vittoria da urlo”
    “Da allora non si è più fermato, segnando 50 gol in 96 partite. Non bisogna essere bravi in matematica per realizzare che l’Apache ci abbia fatto esultare almeno una volta ogni due gare. I numeri ci dicono che la rete si è gonfiata praticamente una volta ogni due tiri in porta effettuati (102) nel corso di quei due, indimenticabili, anni: nessuno come lui in Serie A, dove è stato il giocatore che ha vinto più partite di tutti in quel periodo (53). Un crescendo, spettacolare. La seconda e ultima stagione all’ombra della Mole è stata per lui la migliore, pareggiando il record di 29 centri raggiunti a Manchester al suo primo anno al City”.
    Guarda la galleryJuve, da Baggio a Dybala: tutti i numeri 10 dagli anni ’90 ad oggi
    “Le prime 10 volte dell’Apache”
    “Il ricordo che ha lasciato Carlitos a Torino è indelebile negli occhi e nel cuore di ogni tifoso. Giocatore trasversale che, in sole due stagioni, ha fatto innamorare juventini di lunga data e giovani bianconeri, oltre ad aver lasciato uno splendido ricordo anche all’interno del club e come se ce ne fosse bisogno la piacevolissima visita di qualche mese fa ne è stata la conferma. E la bellezza di questa storia è che anche la Juve è rimasta nel cuore di Carlitos perché le storie d’amore si costruiscono insieme. Non ci sarebbe molto da aggiungere a queste parole che ben riassumono il giocatore, ma anche e soprattutto l’uomo. Oggi saluta il calcio un leader, un fuoriclasse, una guida, un esempio di umiltà, determinazione e coraggio. Semplicemente Carlitos Tevez, l’Apache”, conclude la nota della Juve. LEGGI TUTTO

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    Juve, Morata riabbraccia Tevez: “Giocatore e persona molto speciale”

    Morata e l’amicizia con Tevez
    Tra questi anche Alvaro Morata che, su Instagram, ha postato due foto mentre riabbraccia Tevez, accompagnate da una didascalia che testimonia quanto affetto ci sia tra i due: “Un giocatore e una persona molto speciale. Uno dei migliori di sempre. Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Che allegria rivederti, amico!”. LEGGI TUTTO

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    Juve-Inter: Tevez allo Stadium con Marchisio e Pepe

    Grande entusiasmo sugli spalti dello Stadium per il «ritorno a casa» di Carlos Tevez. L’ex bianconero, acclamato dai tifosi e sommerso da richieste di autografi e foto, ha voluto salutare così sui social il popolo bianconero: «Ciao, vi mando un forte abbraccio. Spero vada tutto bene, un saluto a tutti. Si torna a casa». Tevez era insieme con due ex compagni alla Juve, Claudio Marchisio e Simone Pepe. Ma ieri sera è stato un ritorno di vip allo stadio, con di nuovo il 100% della capienza. Tra questi, Eros Ramazzotti, Federica Pellegrini, Alessandro Cattelan, Linus e Nicola Savino, Khaby Lame e Laura Chiatti. Prima della gara, momenti di grande emozione quando Gaia e la cantante ucraina Kateryna Pavlenko hanno cantato “Imagine” di John Lennon con i giocatori abbracciati a centrocampo: è una delle iniziative della Lega per manifestare contro la guerra in Ucraina.Guarda la galleryJuve-Inter, da Ramazzotti alla Pellegrini: quanti vip in tribuna LEGGI TUTTO

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    Juventus, Tevez si ritira: il grazie dei tifosi che lo hanno amato più di CR7

    TORINO –  Mentre il ritorno di Massimiliano Allegri occupa i discorsi juventini, insieme al sogno di riabbracciare Paul Pogba, al rinnovo di Giorgio Chiellini e al possibile rientro di Andrea Barzagli nello staff, nei titoli ricompare il nome di Carlitos Tevez (che ha annunciato il suo ritiro a 37 anni). Ed è subito 2015, una delle stagioni più entusiasmanti dell’ultimo decennio bianconero, la prima con Allegri in panchina e l’ultima delle due con Tevez là davanti, a trascinare la squadra fino allo scudetto, alla Coppa Italia e alla finale di Champions League con il Barcellona, quando proprio un suo tiro resta il più grande rimpianto della carriera di Allegri. «Da quella posizione, in quella situazione, Tevez l’aveva sempre messa dentro. Ci riprovasse altre dieci volte non riuscirebbe a sbagliare neanche volendo. Quella notte, in quel momento, invece sbagliò», ha raccontato Max in un rilassassimo pranzo a Livorno di qualche anno fa, dopo il caffè e una tonnellata di pesce. Era il gol del potenziale 2-1 per la Juventus, dopo il pareggio di Morata. Chissà sarebbe cambiata la storia di quella partita e della Juventus stessa.

    Tevez e l’amore dei tifosi della Juve

    Non ha cambiato, quel tiro finito alto sulla traversa, l’amore profondo che il popolo juventino ha sempre nutrito e coltivato nel tempo per Carlitos, giocatore strepitoso e romanzesco essere umano. E’ stato alla Juventus due stagioni, 96 partite giocate e 50 gol. E ha, senza dubbio, lasciato una traccia emotiva molto più profonda di quanto sia finora riuscito Cristiano Ronaldo che di gol ne ha segnati il doppio (curioso il confronto fra i due caretteri: l’argentino orgoglioso della sua bruttezza, il portoghese così maniacalmente condizionato dal suo aspetto). 

    Tevez, la storia

    Tevez si incastra nella storia della Juventus nel momento giusto e al posto giusto. Dopo la rinascita del post-Calciopoli e i primi due scudetti di Conte, è il primo grande fuoriclasse internazionale che viene ingaggiato con magistrale manovra dlla coppia Marotta-Paratici. Il suo arrivo viene festeggiato come uno scudetto, con un inusuale affaccio dal balcone a salutare una folla di tifosi assiepati poco sabaudamente sotto la sede. Perché Tevez non firma solo un contratto, timbra un passaporto per sognare a tutta la gente juventina, che dopo essere tornata a rivedere le stelle dall’inferno in cui era precipitata nel 2006, non riusciva ancora a mettere a fuoco i nuovi orizzonti. Tevez era la risposta: sì, la Juventus era tornata ad attirare e riuscire a ingaggiare un campione di altissimo livello, la risalita continuava.

    Tevez e quel pomeriggio in redazione

    Tevez prende la 10, quella di Del Piero. Non ha un attimo di esitazione. D’altra parte ha un concetto di paura tarato su altre scale. Quando viene a farci visita a Tuttosport, in un memorabile pomeriggio con contorno, da lui graditissimo, di mate e empanadas, risponde con uno sguardo torvo alla domanda sui timori che possono accompagnare un giocatore che scende in campo al Bernabeu (di lì a poco si sarebbe giocata Real-Juve). «Ma cosa dici? Hanno forse tolto le recinzioni al Santiago? No, perché io ho iniziato a giocare per strada, nei barrios più poveri di Buenos Aires, dove la gente guarda la partita sul marciapiede e scommette: i soldi in una mano, il coltello nell’altra. Le sospensioni delle partite non avvenivano per pioggia, ma perché nelle vicinanze poteva scoppiare una sparatoria ed era meglio mettersi al sicuro per una mezzora. Uno stadio con la gente in tribuna non può farmi paura, mica vogliono accoltellarmi no? Sono venuti a vedermi. Al massimo sono loro che possono aver paura di me». Non era bullismo, spiegava il suo punto di vista senza la pretesa di impressionare nessuno, la bombilla di mate in mano e l’aria di chi, dopo tanto tempo, non si è ancora a suo agio nello stare al centro dell’attenzione.

    L’Apache, la leggenda

    Troppo spesso, però, lo sfregiato di Forte Apache nella narrazione ha prevaricato il fenomenale calciatore. Perché sì, Tevez aveva avuto un’infanzia da noir latinoamericano e ne portava orgogliosamente i segni sul viso e sul collo, ma era un attaccante mostruoso per tecnica, senso tattico, generosità e capacità atletiche. Ha unito il senso del gol, da centravanti istintivo, a una non comune capacità di leggere le situazioni delle partite. Lo trovavi ovunque in una Juventus che aveva costruito la sua forza proprio su quel senso di solidarietà agonistica, per la quale tutti si aiutavano nei momenti difficili della partita. Tevez sublimava quello spirito con la classe, perché oltre a raddoppiare una marcatura a centrocampo, era in grado di saltare l’uomo (o gli uomini, come nel leggendario gol al Parma, in cui ne dribblò tre di fila scendendo maradonescamente dalla sua metà campo alla porta avversaria), segnare gol di potenza assoluta (il “bombazo” al Genoa), inventare assist (citofonare Morata e Llorente per referenze), trasformare punizioni dal limite, lanciare missili terra-aria da fuori area (il gol del Milan a San Siro) e inventare traiettorie da giocatore di biliardo (tradizione assai argentina, peraltro).

    Juve, Manchester United, City e Boca Juniors

    La Juventus è stata solo un capitolo, neanche dei più lunghi, della carriera di Tevez che ha alzato la Champions con lo United (giocando con il giovane Ronaldo, con cui condivide il giorno di nascita, 5 febbraio, ma di cui è più vecchio di un anno), ha vinto la Premier con il City, ha scritto la storia del suo amato e leggendario Boca Juniors. Tuttavia racconta spesso dell’eterna gratitudine alla Juventus, la squadra che gli ha fatto «tornare l’amore per il calcio» in un momento critico della sua carriera. Gratitudine reciproca, perché Tevez si è preso un pezzo di cuore dei tifosi con quel non risparmiarsi mai, in nessuna situazione e in nessun momento, che qualche volta conta quanto i gol e sicuramente molto, molto più dei record.  LEGGI TUTTO

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    Tevez, muore il padre adottivo Segundo: aveva il Covid

    Un grave lutto ha colpito Carlos Tevez: è morto Segundo, il padre adottivo. L’uomo, 58 anni, era una figura fondamentale nella vita dell’Apache. “Il Boca Juniors piange la morte di Don Segundo, il padre di Carlitos, e accompagna la famiglia Tevez e i loro amici in questo momento di tanto dolore e tristezza – ha scritto il Boca su Twitter – Forza!”. Segundo aveva la polmonite, il diabete ed era in sovrappeso. Lo scorso agosto aveva contratto il Covid-19: a gennaio, Tevez aveva dichiarato che non c’era alcuna possibilità che potesse riprendersi. 

    Tevez “imita” la Juventus: è bicampione in Argentina con il Boca
    Tevez rientra a Buenos Aires
    Appena saputa la notizia, Tevez è rientrato a Buenos Aires per stare vicino alla famiglia, saltando la sfida contro il Newell’s Old Boys. L’ex Juve non ha mai nascosto il legame molto stretto con il genitore. “Mio padre ha visto un ragazzo indifeso, che non aveva una guida, e si è preso cura di qualcosa senza averne l’obbligo. In tutta la mia vita non ha mai fatto la differenza con suo figlio, El Chueco. È sempre stato un punto di riferimento per entrambi”.
    Tevez e la verità sul padre biologico
    È stato Segundo Tevez a rivelargli la verità: “Per lui, ero come suo figlio. Un giorno mi ha afferrato e mi ha parlato del mio padre biologico. Mi ha detto che lui non era mio padre, mio padre era stato ucciso prima che io nascessi. Quello è Segundo, quello che si è messo la famiglia sulle spalle e l’ha portata avanti. Mi ha sempre spinto a giocare a calcio. Ha sempre lavorato e non ha mai voluto che lo aiutassi finanziariamente. Mi diceva che costruire muri era la sua vita, che si era divertito”. “Carlitos ha una grandissima ammirazione per Segundo – aveva confessato Sebastián Varela del Río, autore della biografia di Carlitos – In effetti, ha sempre detto che se non fosse diventato un calciatore, sarebbe stato un muratore per la sua ammirazione per Segundo”.

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    L’omaggio di Tevez: indossa la maglia che fu di Maradona LEGGI TUTTO