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    Tiago Pinto dice tutto: l’esonero di Mourinho, De Rossi, Dybala e gli errori

    Tiago Pinto: “Mourinho e quel giorno difficile. De Rossi? Sta facendo bene”
    Ai microfoni di Sky Sport, Tiago Pinto ha dimostrato di non aver dimenticato i momenti che hanno preceduto l’esonero di José Mourinho, allenatore che ha radicalmente cambiato la mentalità dello spogliatoio della Roma: “È stato un giorno molto difficile per tutti. Io sono ancora giovane, non so se i direttori sportivi più anziani gestiscono in modo diverso. Io nel momento in cui si deve licenziare un allenatore sono morto, perché significa che anche io ho sbagliato qualcosa, prima di mettere fine ad un rapporto di due anni e mezzo”, ha detto Pinto. Al posto dello Special One, un simbolo come Daniele De Rossi, alla prima importante esperienza da allenatore. L’ex centrocampista della nazionale italiana sta sorprendendo per risultati, gestione e comunicazione, a tal punto da pensare ad una possibile riconferma sulla panchina del suo cuore: “Ovviamente Daniele sta facendo molto bene, – ha confermato Tiago Pinto – è una persona spettacolare. Mi ha sorpreso la consapevolezza che lui ha di quanto costa essere allenatore. Se mi ha chiesto di restare? Sì, noi abbiamo sempre avuto un buon rapporto, anche prima del suo arrivo”.
    Il salvataggio di Mourinho dopo il Genoa
    Alla domanda se Pinto ha salvato Mourinho dall’esonero dopo la debacle della Roma contro il Genoa (4-1 il 28 settembre scorso, n.d.r.), la risposta è questa: “Sono stato sempre un soldato, è normale che ci sia un po’ di casino nel rapporto tra direttore sportivo e allenatore durante il mercato, ma sono sempre stato vicino al progetto e alla società, anche se le idee talvota sono diverse. Ci sono cose che succedono durante la stagione, quando le cose non vanno bene vanno fatte delle valutazioni. Ho salvato io Mourinho? Tutte le decisioni prese sono state collettive, abbiamo anche vinto 3-4 partite di fila dopo quella partita”.
    Gli acquisti, Dybala e Svilar
    Poi Pinto parla degli acquisti a parametro zero fatti per la Roma: “Sono orgoglioso di aver preso tre giocatori a parametro zero che magari oggi potrebbero valere 100 milioni di euro: Svilar, N’Dicka e Aouar. Nonostante tutte le limitazioni che avevamo, e tante cose che magari ho sbagliato, oggi guardi la Roma e ci sono dei giocatori presi a parametro zero che hanno un valore sul mercato. Due ragazzi che vengono dal settore giovanile (Bove e Zalewski, n.d.r.) che hanno un valore di mercato e hanno giocato più di 100 partite con la Roma, poi hai grandi giocatori come Paulo, quelli che hanno rinnovato e quelli che siamo riusciti a non vendere. Sono andati via Ibanez e Zaniolo, ma ogni estate non abbiamo venduto il pezzo migliore. Ci sono Cristante, Mancini, Pellegrini ed El Shaarawy, abbiamo mantenuto il nucleo della squadra”. Poi gli viene chiesto se sia più orgoglioso dell’acquisto di Dybala o di quello del portiere Svilar: “Mi ha fatto molto felice prendere Dybala, però abbiamo preso tre giocatori a parametro zero che oggi valgono tanto, tipo Svilar. Tu li guardi e pensi che sia stato un buon lavoro, con tutte le difficoltà che abbiamo avuto, con le scelte che abbiamo fatto, oggi tu guardi la squadra e hai questi giocatori ha parametro zero che hanno valore sul mercato, giovani che hanno valore sul mercato, hai grandi giocatori come Dybala o giocatori che hai rinnovato molto forti, siamo riusciti a non vendere i giocatori più importanti a parte Ibanez e Zaniolo, ma non è che abbiamo sempre venduto il pezzo migliore, abbiamo Pellegrini, Cristante, El Shaarawy, Mancini che sono rimasti con noi. Sono stato felice quando abbiamo preso Dybala, poi non è che voglia essere egocentrico, ma sono molto felice per Svilar, per me è sempre un bambino. Lo conoscevo dai tempi del Benfica dal 2017, abbiamo fatto insieme il mio percorso al Benfica, poi è venuto con me a Roma, ha sofferto tanto ed è cresciuto tanto, sarà tra i migliori al mondo”.
    Il ko con il Siviglia, no alla Lazio
    L’ex dirigente della Roma poi racconta la bruciante sconfitta ai rigori nell’ultima finale di Europa League, contro il Siviglia: “Umanamente, le 72 ore successive alla finale sono state difficili. Noi siamo professionisti, ma viviamo comunque di emozioni. Pensi che non dovevi perderla, senti quel filo di ingiustizia e a volte emerge il peggio di noi stessi, la tristezza, l’amarezza, il conflitto, i casini. È stato forse il giorno più impattante a livello fisico della mia carriera. Eravamo morti perché eravamo convinti di poterla vincere e avevamo disputato un’ottima partita. Ma il calcio è così, la differenza tra vincere e perdere tante volte è un dettaglio. Poi chiaro, quella finale è diventata ancor più polemica per le decisioni arbitrali”. Poi, per il futuro, non esclude di poter accettare un incarico in un altro club italiano: “Sì, ovviamente non in ogni club, tipo la Lazio. Ho imparato tanto in Italia, ho avuto il piacere di imparare da grandi direttori sportivi come Ausilio, Massara, Rossi e Corvino. Non si sa mai, magari un giorno tornerò a lavorare in Italia”.
    Gli errori nella Roma
    Pinto parla poi dei propri errori da direttore generale della Roma: “Ci sono stati acquisti che non hanno reso, tipo Shomurodov. Non vedo il mercato come una competizione, penso che una società che ha un direttore, un dipartimento medico, uno staff medico, aiuta i giocatori. Secondo me il mercato rappresenta il 20-30% della squadra, il 70-80% è il quotidiano. Ci sono stati acquisti che non sono andati bene, altri che magari non sono stati spettacolari in un certo momento, tipo Rui Patricio oggi viene criticato, ma ci ha fatto vincere la Conference League. Come direttori sportivi, non dobbiamo perdere due volte: quando prendi un giocatore che vale qualcosa per la tua squadra anche a livello economico. Se un giocatore non va bene in campo, non devo far perdere alla società quello che ha investito. Tipo Vina, non è andato come ci aspettavamo, però economicamente non ci abbiamo perso quando lo abbiamo ceduto. Non devo far perdere due volte la mia società. Dovevo gestire diversamente alcune cose, in un determinato momento magari dovevo fermarmi, avrei dovuto allo stesso tempo ridurre il monte ingaggi, prendere grandi giocatori, vincere, stare in pari in con il settlement agreement, ma la nostra ambizione era così grande che ci ho provato”. L’ultima domanda è su come Pinto vorrebbe essere ricordato dai tifosi della Roma: “Come un direttore che ci ha sempre messo la faccia, ma è importante il rapporto con le persone con cui ho lavorato. Ho trovato una famiglia, persone che lavorano tanto come fisioterapisti, la parte femminile, l’ufficio stampa, tutti lavorano con passione per il club e vorrei essere ricordato come una persona giusta”. LEGGI TUTTO

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    Calcio, quante partite in vista: ecco l’incredibile dato

    Ci vuole un fisico bestiale per resistere agli urti della Fifa. È un ritornello che stona, stanca e affatica: così i calciatori, i protagonisti di un gioco sempre più business, sono ormai costretti a vivere al di sopra delle proprie umane possibilità. L’equazione “più partite più soldi” avrà pure massimizzato i profitti, necessari per salvare bilanci permeati di debiti, ma le ricadute sul medio-lungo periodo rischiano di diventare devastanti: gli atleti si fanno male, lo spettacolo ne viene condizionato e il calcio rischia di scadere dal punto di vista qualitativo.  
    La maratona di tutte le partite: numeri incredibili 
    La prossima stagione somiglierà in effetti a una corsa senza sosta. Oltre alle 38 partite di Serie A garantite per tutti, una squadra che arriva in fondo alle altre competizioni italiane ne aggiunge al proprio calendario 5 di Coppa Italia e 2 di Supercoppa. Poi c’è l’Europa: oggi una finalista di Champions gioca un massimo di 13 gare, una di Europa League o Conference che passa dai playoff arriva a 15, mentre con i nuovi format voluti dall’Uefa di Ceferin dal 2024-25 un club potrebbe scendere in campo 17 volte (8 partite di fase a girone, 2 di spareggio e altre 7 di eliminazione diretta). La differenza di 4 gare è enorme: +30%, semplicemente un mese in più di calcio. La vincitrice della Champions avrà poi la Supercoppa Europea in estate. Inter e Juve, inoltre, sono già certe di giocare il primo Mondiale per Club: minimo 3 gare, massimo 7, con fischio d’inizio il 15 giugno (sarà caldissimo negli Usa) al termine di una stagione logorante e a chiusura di un anno solare da cominciare con Euro 2024 e con le successive Olimpiadi di Parigi. 
    Il caso Pedri
    Nel 2020-21 ci fu un caso emblematico: Pedri, centrocampista del Barcellona, scese in campo 73 volte rappresentando la Spagna anche ai Giochi di Tokyo. Lo chiamarono “highlander”, ma gli impegni frantumarono la sua resistenza tanto che nella stagione successiva si fermò 4 volte saltando 41 partite. A cavallo tra il 2024 e il 2025, un ipotetico Pedri della Serie A potrebbe collezionare un massimo di 69 gettoni con il club, più altri 6 di Nations, gli eventuali quarti di andata e ritorno dello stesso torneo (altra novità non richiesta) e la final four a giugno 2025. Occhio però, perché Fifa e Uefa fanno a pugni per infilare i loro appuntamenti e a marzo dello stesso anno saranno già cominciate le qualificazione al Mondiale 2026. Totale ipotetico: 81-82 partite, 88 includendo le Olimpiadi. Praticamente due stagioni in una. 
    Le risorse in ballo
    La FifPro, il sindacato mondiale dei calciatori, ha avviato un dialogo con le leghe europee per cercare di porre un freno a tutto ciò: fin qui le istituzioni hanno promesso di venire incontro alle esigenze degli atleti, per poi muoversi nella direzione opposta. E se in Italia il numero uno dell’Aic, Calcagno, dice «che va reintrodotta la sosta invernale che ha una funzione di ricondizionamento», c’è anche un tema di redistribuzione delle risorse. L’aumento delle partite è chiaramente un problema esclusivo delle big, che in Italia puntano a ridurre il campionato a 18 trovando la ferma opposizione della maggioranza delle medio-piccole. Ma giocando di più, le grandi continueranno ad arricchirsi, aumentando il gap con le altre e calpestando la salute dei calciatori. Giusto ieri si sono fatti male seriamente De Vrij e Azmoun e il conto degli infortunati somiglia a una lista in continuo aggiornamento. Il sistema è stressato e nessuno se ne cura. LEGGI TUTTO

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    Antonelli: “Venezia, voglio la Serie A e con i conti a posto”

    «Tantissimo, sotto ogni punto di vista, tutte le categorie mi hanno lasciato una lezione. Ringrazio ancora il presidente Colombo che ha avuto all’inizio fiducia in me. Certo, poi Galliani e Berlusconi sono stati importanti perché sono i dirigenti che hanno vinto di più nel calcio e da loro c’era solo da imparare. Ma anche Colombo, che comunque è figlio di un ex presidente del Milan, mi ha insegnato molto».

    Era più forte il Monza che salì in A nel 2022 o il Venezia di Vanoli 2023/24?

    «Bella domanda! Ma non posso dare una risposta perché noi non siamo ancora saliti. Diciamo che quel Monza era una squadra fortissima con una rosa stratosferica in ogni reparto e mi fa piacere che molti di quei giocatori stanno avendo successo anche in A, s’era seminato bene. Ma anche questo Venezia è forte e ha un allenatore fortissimo come Vanoli. Ma non abbiamo ancora completato l’opera».

    Però siete considerati i favoriti nella volata per il 2° posto, l’ultimo buon che porta in A direttamente…

    «E’ una cosa a cui non dobbiamo pensare. Ci sono tante squadra attrezzate che hanno speso molto e hanno organici competitivi. Quel che dicono gli altri sul Venezia, noi non dobbiamo neanche ascoltarlo».

    Temete di più la Cremonese o il Como?

    «Le temo e le rispetto alla stessa maniera. Hanno entrambe proprietà forti, come la nostra. Penso che in classifica resteranno vicino a noi fino alla fine. Perché il Como ha diverse frecce al suo arco mentre la Cremonese ha un organico con molti ricambi di livello».

    Si è discusso molto della vostra cessione a gennaio di Johnsen alla Cremonese. Un polverone, ma il Venezia non ne ha risentito e resta davanti ai grogiorossi.

    «Non tocca a me giudicare, vedrà la Cremonese come si troverà con lui. Ma comunque ormai è il passato, inutile tornarci su».

    Quanti no avete già detto per Pohjanpalo?

    «Tanti, specialmente all’inizio era molto richiesto, anche perché c’era una clausola sul suo contratto che un po’ ci “ricattava”. Col rinnovo abbiamo sistemato tutto, anche perché lui è contento di restare al Venezia e ha sposato in toto la causa (l’intervista avviene mentre Antonelli si sta recando a vederlo in Galles al playoff per Euro 2024 con la Finlandia, potrebbero interessare al Venezia suoi compagni di Nazionale, ndr)».

    L’unica nube sul 2° posto del Venezia, è la situazione dei conti societari, ci sarebbe il rischio di non iscriversi a giugno. Niederauer risolverà tutto per tempo, come ha lasciato intendere?

    «Ci stiamo lavorando tantissimo, dobbiamo coinvolgere i nuovi soci, so esattamente cosa si sta facendo per sistemare tutto. Ma lascerò che ne parli lui. Intanto abbiamo onorato i pagamenti di tutte le scadenze, così che si possa pensare solo alla squadra».

    Niederauer sperava di avere novità già in questo mese: accadrà?

    «Non so se sarà per questo mese ma di sicuro entro la fine della stagione sistemeremo tutto».

    Possibile che Niederauer ceda anche oltre della metà delle quote?

    «No, la discussione resta solo su una ampia quota di minoranza, resterà presidente».

    La considerano il dirigente del futuro, al Venezia è molto più di un ds, è membro del CdA, è l’uomo di Niederauer quando lui non c’è, cioè quasi sempre. Dove si vede fra 10 anni?

    «Bellissima domanda. Intanto ringrazio Duncan Niederauer per avermi dato questa grossa possibilità di crescita. Prima di tutto voglio centrare l’obiettivo per il presente. Al Venezia mi sento molto legato, come lo sono al calcio, vedremo la vita che cosa poi ci riserverà»

    Per chiudere, Galliani cosa le ha più insegnato?

    «Non tralasciare mai nulla. Mai dare nulla per scontato. Antcipare le cose, capire sempre le dinamiche che si stanno sviluppando. E soprattutto, mai stare fermo». LEGGI TUTTO

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    Gioielli in B, il sogno della A: Felici e D’Andrea, se sono ali…voleranno

    La qualità ha ancora un senso in questo calcio dove si gioca troppo e il livello tende ad abbassarsi. E la qualità balza all’occhio. Così quando vedi un esterno, che tiene la fascia con personalità, salta l’uomo, regala alla propria squadra superiorità numerica e magari sa anche entrare nel campo per chiudere l’azione attaccando la porta, l’occhio dell’osservatore comincia a brillare. In serie B ci sono almeno due giocatori giovani con queste qualità, non a caso destinati a traslocare, prima o poi, nel piano di sopra. Sono Mattia Felici e Luca D’Andrea.
    I numeri di Felici
    L’ala della Feralpisalò, 3 gol e 3 assist in campionato, 1+1 in Coppa Italia, 22 anni, è planato in B arrivando dai Dilettanti e dalla Lega Pro. Quattro anni fa era in serie D nel Palermo con Lorenzo Lucca, in prestito dal Lecce dove minorenne aveva già esordito in B e fatto una panchina in A. Romano, l’avventura in Salento non era poi proseguita secondo i migliori desideri.
    Al punto che gli osservatori di Corvino avevano messo una croce sulla futuribilità del ragazzo, lasciato andare alla Triestina dov’era diventato di proprietà. Di lui però si è ricordato l’estate scorsa il ds della Feralpisalò Andrea Ferretti, che in un primo tempo l’ha preso in prestito, ma che ha già predisposto i piani per il riscatto. Perché il giocatore c’è tutto.
    Con Zaffaroni fa il quinto. Preferibilmente a sinistra per rientrare sul piede forte, ma anche quando parte da destra sa essere un fattore. La sua facilità di corsa lo porta a coprire tutta la fascia, garantendo anche quella fase difensiva che nel calcio moderno non può mancare, a maggior ragione nel sistema di gioco del 3-5-2. Se la Feralpisalò riuscirà a salvarsi, Felici sarà un intoccabile nel prossimo campionato dei lacustri.
    Altrimenti sarà giusto dargli spazio su palcoscenici che si sta meritando. Anche perché a Mattia Felici guardano pure dalla serie A. C’è chi a Lecce vorrebbe provare a riprenderselo, ora che ha acquisito ben altra maturità, ma sono state Frosinone ed Empoli le prime a chiedere informazioni alla società del presidente Pasini. “Sto lavorando duro per dimostrare di meritare la serie B – dice Felici – anche se quando ero a Palermo sembrava già di giocare per una squadra di quella categoria. Ho fatto la gavetta com’era giusto che fosse, ora mi godo il momento e penso a salvarmi con la Feralpisalò”.
    D’Andrea, il passato al Sassuolo e la voglia di migliorarsi
    In prestito secco, dal Sassuolo, è Luca D’Andrea, gioiellino del Catanzaro. Tre anni più giovane di Felici, ha avuto bisogno di un po’ di assestamento come dimostrano le sole cinque presenze nell’undici titolare con Vivarini, che però da tre partite a questa parte lo schiera già al fischio d’inizio.
    Il Nazionale Under 20 è ancora a caccia del primo gol, ma intanto ha già messo a referto due assist. Nel 4-4-2 del Catanzaro, che diventa 4-2-4 (dall’altra parte c’è infatti un’altra ala pura come Vandeputte), serve però anche lavorare nella metà campo difensiva. E in questo D’Andrea può e deve migliorare. Vivarini è convinto: “Se fa pure questo step, è un giocatore da serie A”.
    Il ragazzo, che con il Sassuolo nella prima parta della scorsa stagione era stato fatto partire cinque volte nell’undici titolare da Dionisi, non è tipo che si accontenta e di fronte a chi si complimenta per come si sta ambientando nel suo primo anno in serie B, assicura: “Posso fare molto di più”. LEGGI TUTTO

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    Serie B sempre più grande: i nazionali sono 62

    Ogni tanto, qualche nostalgico del calcio che fu, vorrebbe che la B andasse in campo quando c’è la sosta per le Nazionali, come ai bei tempi che furono, quando la seconda serie si prendeva la scena per una domenica. Ma da diverso tempo non è più possibile. Perché la seconda serie italiana alle Nazionali – comprese le non meno importanti rappresentative Under – offre una caterva di giocatori e non sarebbe proprio possibile andare in campo, inevitabile fermarsi. A questo giro si è arrivati a 62.
    Serie B, la classifica
    Italia, per fortuna c’è la B
    Di solito, a ogni giro di convocazioni, dalla B non ne partivano meno di 45-46. Il risultato raggiunto stavolta invece, conferma come la B italiana sia una delle seconde serie più importanti d’Europa, seconda solo alla Championship inglese, dove si spendono cifre enormi pur di ambire al grande circo della Premier. Ma dopo gli inglesi, non c’è dubbio, ci siamo noi. E attenzione, nonostante i non pochi stranieri che giocano in B, la nostra seconda serie resta “il campionato degli italiani”, come da slogan della categoria. Per referenze, chiedere a Spalletti. Gli ultimi tre nomi nuovi in azzurro – Folorunsho, Lucca e Bellanova – sono prodotti doc della Serie B, non sarebbero un patrimonio del calcio italiano se non si fossero fatti le ossa in B. E, sempre per restare agli ultimi convocati dal ct, sono passati dalla B anche Carnesecchi, Meret, Vicario, Bonaventura, Frattesi, Buongiorno, Cambiaso, Darmian, Di Lorenzo, Dimarco, Orsolini, Zaccagni e Zaniolo. In totale, fanno 16 azzurri provenienti dalla B dei 28 convocati, a dimostrazione di quanto sia una categoria strategica per il futuro del calcio azzurro. Ma poi ci sono anche gli stranieri. Alcuni, di livello assoluto.
    I convocati della Serie B
    Domani, Pohjanpalo vivrà una serata particolare, degna di questa grande stagione (il bomber del Venezia è il capo cannoniere della B con 18 gol). Assieme al compagno di squadra Joronen, sarà nella Finlandia che nella semifinale playoff per andare a Euro 2024, affronta fuori casa il Galles (la vincente, troverà in finale chi avrà la meglio fra Polonia ed Estonia). Ma alle cruciali gare per partecipare all’Europeo, ci saranno anche gli islandesi Ellertsson (Venezia) ed Hermannsson (Pisa), impegnati domani sera a Budapest contro Israele (se passano il turno, trovano la vincente di Bosnia Erzegovina-Ucraina). A proposito del Pisa: curioso che sia la squadra di B che offre più giocatori alle nazionali (ben 8), pur navigando in campionato soltanto in 11ª posizione. Ma 5 sono convocati nelle Under, uno di loro però, Esteves nell’Under 21 portoghese, è giocatore di valore assoluto, per non parlare di Barbieri, proprietà Juve, chiamato nell’Under 20 ma che negli ultimi tempi ha avuto una crescita esponenziale. Notevole anche l’exploit della Ternana, con 7 convocati, tutti in nazionali giovanili. Da notare come le Fere umbre portino all’Under 20 azzurra ben 4 giocatori: Amatucci, Distefano, Faticanti e Raimondo, quest’ultimo, proprietà del Bologna, è in rampa di lancio (9 gol al suo debutto in B) ma è un fatto positivo avere una nazionale giovanile azzurra con un piccolo blocco proveniente dalla stessa squadra, faciliterà la crescita dei quattro ragazzi. Però occhio anche al difensore venezuelano Yordan Osorio, 29 anni, al Parma dal 2020, che domani alle 22 (ora italiana) a Fort Lauderdale (Florida), sarà impegnato in amichevole proprio contro gli azzurri. LEGGI TUTTO

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    Venezia: tutti ai piedi di Pohjanpalo

    TORINO – La formidabile stagione di Joel Julius Pohjanpalo al Venezia ha la capacità di far dimenticare tutto il resto. Il club lagunare vive una fase delicata, con patron Niederauer che deve trovare – magari già questo mese – i capitali necessari a sistemare i conti del club, ad oggi c’è qualche dubbio sul fatto che la società possa iscriversi al prossimo campionato, qualsiasi sia la categoria, anche se il club ha onorato tutte le scadenze di pagamenti, compresa quella del 15 marzo. Ma in questo momento il tifoso arancioneroverde ha solo occhi e cuore per il proprio centravanti finlandese che venerdì sera, con la doppietta nel 3-0 di di Palermo, è salito a quota 18 in classifica marcatori, sempre più re dei bomber di B. Qualcuno, per la sfida del Barbera, proponeva il confronto fra i due centravanti, Brunori vs Pohjanpalo, ma non c’è stato mai match: al di là dei due gol, mentre l’italo-brasiliano quasi non lasciava traccia, il finlandese giocava una straordinaria partita da uomo squadra, dove tutti giocavano per lui e lui giocava per tutti, anche soltanto ogni volta che si rendeva prezioso nel gioco di sponda che faceva risalire la squadra. Insomma, con un Pohjanpalo così, il Venezia ha tutte le carte in regola per aggiudicarsi la lotta per il 2° posto, l’ultimo buono per andare in A senza passare dai playoff, nonostante la forte concorrenza della Cremonese (rinforzata proprio dal Venezia al mercato di gennaio con l’arrivo di Johnsen) e del Como. Giovedì poi, Pohjanpalo vivrà una serata particolare, degna di questa grande stagione. Assieme al compagno di squadra Joronen, sarà nella Finlandia che nella semifinale playoff per andare a Euro 2024, affronta fuori casa il Galles (la vincente, troverà in finale chi avrà la meglio fra Polonia ed Estonia). Il bomber del Venezia si meritava una serata europea così. Vederlo nella B italiana è un lusso enorme, non fosse stato per i pesanti infortuni che ne hanno frenato la carriera, ben prima che giungesse in Italia nel 2022, Pohjanpalo poteva diventare uno dei migliori centravanti dei nostri tempi. Il grande calcio lo ha assaggiato (Leverkusen, Amburgo, Union Berlino) ma ora meriterebbe di tornarci. Per dire, almeno la metà delle squadre di Serie A, ma probabilmente anche di più, se la sognano una prima punta così in squadra. Del resto i suoi numeri al Venezia, dicono già tutto. Sbarcato in Laguna il 19 agosto 2022, in arancioneroverde ha disputato 63 gare di B mettendo a segno 37 reti (media 0.58 a partita). Dei 18 gol di questa stagione, 13 li ha realizzati nel girone di ritorno, un’autentica marcia trionfale per lui e per il Venezia: 3 alla Samp nella prima giornata di ritorno, poi uno al Parma, due al Sudtirol e al Modena, uno al Pisa, al Como e al Bari, fino alla gran doppietta di Palermo: primo gol con uno stacco di testa alla Riva (paragone in voga da tempo), raddoppio calciando di potenza ma con le tre dita, al punto che quando Vanoli nel finale l’ha sostituito per farlo rifiatare, lo sportivissimo pubblico del Barbera gli ha riservato un lungo applauso. E anche questo dice di quanto Joel Julius Pohjanpalo meriti molto di più della B italiana. LEGGI TUTTO

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    Ufficiale: Lazio, inizia l’era Tudor. Il tecnico sbarca a Roma e firma

    L’ex allenatore del Marsiglia e del Verona guiderà il suo primo allenamento della squadra a Formello nella giornata di domani (martedì 19 marzo). Intanto il club biancoceleste ha accolto il nuovo tecnico con un “welcome” sui propri canali ufficiali. Nel post la foto di un sorridente Igor Tudor che mostra una sciarpa della Lazio.
    “La S.S. Lazio rende noto che Igor Tudor, a decorrere dalla data odierna, assume il ruolo di responsabile della prima squadra”. Questo il comunicato ufficiale del club biancoceleste sul nuovo allenatore. LEGGI TUTTO

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    Il Venezia balla tra la Serie A e la paura

    Il 2° posto in solitaria riacciuffato dal Venezia è il tema forte dell’ultima giornata, coi lagunari che sembrano definitivamente tornati ai livelli migliori e forse favoriti su Cremonese e Como nella lotta per l’ultima piazza che porta direttamente in A (dando per scontato e fuori discussione il primato in classifica del Parma). Certo, viste le distanze sulle dirette e agguerrite inseguitrici (+1 su Cremonese e +2 sul Como), probabilmente sarà una lotta che si chiuderà solo all’ultima giornata.
    Nessuno come Pohjanpalo e Gytkjaer
    Ma intanto il Venezia ha messo il muso davanti, dimostrando di avere tutti i mezzi per restare sopra le altre, questo ha detto il roboante e indiscutibile 0-3 con cui il Venezia venerdì ha sbancato il Barbera di Palermo (facendo anche fuori una possibile concorrente nella lotta per il 2° posto).
    Partita che ha confermato un dato che può fare la diffenza: nessuno in B ha due attaccanti come Pohjanpalo (coi due gol ai siciliani sempre più capo cannoniere della B con 18 reti), e Gytkjaer (ha segnato la terza rete, spesso è alternativo al finlandese, come a Palermo che l’ha rilevato nel finale, ma intanto anche lui è giunto in doppia cifra).
    Due attaccanti insomma, che insieme fanno 28 gol, ma che di fatto hanno la stessa letalità: Pohjanpalo va a segno ogni 117’, Gytkjaer ogni 127’. Alle loro spalle, Vanoli ha sviluppato una squadra molto solida con una difesa che ha definitivamente recuperato anche l’interessante Idzes.
    Il difensore olandese, per un’occlusione venosa, aveva saltato 12 partite e un po’ era mancato. Ora per lui fila tutto così liscio che il 21 marzo debutterà con l’Indonesia (ha il doppio passaporto) nel match contro il Vietnam, secondo turno preliminare delle qualificazioni alla Coppa del Mondo 2026 e per la Coppa d’Asia 2027, un’esperienza internazionale che può solo farlo crescere ancora.
    Niederauer e il rebus societario
    Ma in questa seconda metà del mese senza partite, il tifoso arancioneroverde avrà un solo pensiero: la soluzione del rebus societario. In sintesi, il presidente Niederauer deve trovare capitali freschi da iniettare in società e scongiurare così guai grossi a fine stagione (a giugno, qualsiasi sia la categoria, il Venezia rischia di non avere i conti in ordine per potersi iscrivere). Niederauer conta di avere buone nuove prima che inizi aprile. Si era parlato dell’interessamento del potente fondo Cerberus, pronto a rilevare il 40% delle quote.
    Ma al patron statunitense – ex presidente e ad della Borsa di New York – non mancano anche altri contatti. E spera entro la fine del mese di sistemare la situazione economica del club. Ciò sarebbe fondamentale per garantire alla squadra la sicurezza necessaria. Anche se finora non è mai mancata. Gli stipendi vengono pagati regolarmente e questo mette al riparo da possibili penalizzazioni.
    A gennaio poi, s’era discusso molto per la cessione dell’estroso Johnsen a una concorrente diretta come la Cremonese. Dopo un mese e mezzo il Venezia ha dimostrato di poter tranquillamente primeggiare anche senza di lui che in grigiorosso, finora, ha collezionato un gol e due cartellini rossi. Vuoi vedere che alla fine l’affare l’ha fatto il Venezia, pensando anche a quanto sono stati fondamentali i quasi 3 milioni ricevuti dalla Cremonese?  LEGGI TUTTO